Pegli, Carloforte, Faber e Creuza de mä
Ci sono legami scritti in una data, altri in un luogo. Nel nostro caso non possiamo che partire appunto da un posto: Pegli
Cosa ha in comune questo centro ligure con Carloforte e De Andrè? Per entrambi rappresenta la nascita. Mentre è più facile intuirlo, anagraficamente con una persona, risulta più complicato farlo con un paese che, fisicamente e geograficamente, è stato fondato ben lontano da Pegli, in una piccola isola a Sud Ovest della Sardegna. In effetti parliamo dei natali di una “colonia” che partita dalla Liguria, attraversando mille peripezie, ha conservato, perlopiù intatta, la memoria storica e linguistica delle sue origini, una cosa che la accomuna non poco con la vita di Fabrizio De Andrè.
Sarà per le comuni origini, o per le peculiarità socio culturali di Carloforte e della sua gente, che De Andrè, nel 1984, in collaborazione con la RAI, la sceglie per uno “ Speciale Mixer”, la bella rubrica di RAI 2 curata da Gianni Minoli.
Il tema dello “Speciale” è l’undicesimo album di Fabrizio: Creuza de mä.
L’album, interamente cantato in genovese, è realizzato in collaborazione con Mauro Pagani che lo accompagnerà durante tutte le riprese e che tornerà, da allora, tutti gli anni a Carloforte. Pagani si è aggiudicato nel 2018, a Carloforte, proprio sul palco del teatro in cui sono stati girati gli interni di Mixer, il premio Isole del cinema per la musica, nell’ambito del festival di musiche per film che porta il nome di “Creuza de ma”.
Il ricordo di quei giorni, in un soleggiato mese di Giugno, di un oramai lontano 1984, sono ancora vivi nella memoria di chi scrive, perché fanno parte di quei momenti di cui un uomo è fiero di dire “io c’ero”
I mei sono i ricordi di un vent’enne, allora impegnato politicamente, che faceva parte di un gruppo di ragazzi dell’Arcigiovani. La sede del nostro circolo era nei locali di quella che viene chiamata “Casa del proletariato” e che ospita il Cinetatro Cavallera, dove sono state girate le parti “concertistiche” del servizio di mamma RAI. La conoscenza del teatro, l’aria di padroni di casa, ci fecero avvicinare alla troupe di operatori, cameramen, tecnici vari che si avvalsero anche della nostra collaborazione.
Da lì a conoscere Fabrizio De Andrè il passo fu veramente breve. Per me fu, oltre che un avverarsi del sogno di un ammiratore, la rivelazione di un nuovo mondo. Con l’andare del tempo avrei avuto l’occasione, e la fortuna, di conoscere altri artisti, uno su tutti Andrea Parodi, cantante e autore di una umanità disarmante e di una bravura forse non ben valutata, ma quel primo incontro mi permise di capire che ci sono personaggi la cui grandezza non dipende solo dalla loro vena artistica, Faber era uno di loro.
Il suo integrarsi e interagire con i Carlofortini lo portarono a essere, se pur solo per quel breve periodo, uno di loro, uno di noi.
E’ ancora visionabile su Youtube il video in cui, all’esterno di un bar, beve e scherza con i presenti, parlando con loro in un genovese che, pur non facendo parte della sua quotidianità, lo accomunava a loro, eredi di una lingua che aveva resistito ai fatti e al tempo. In Fondo Carloforte era stata scelta, oltre che per le bellezze naturali della sua isola, soprattutto perché era la rappresentazione di “Creuza de ma”: un raccoglitore di emozioni senza tempo.
I miei personali ricordi di Fabrizio culminano in una data drammatica per quella che era la sinistra di allora e per la politica italiana in generale: 11 giugno 1984.
Credo fosse un momento di pausa dalle riprese, noi ragazzi avevamo dato una mano ai macchinisti per spostare il sipario ecc…
Fabrizio non metteva alcuna barriera tra lui e gli altri, eravamo seduti accanto, sulla prima fila di poltroncine, faceva caldo, di fianco a Fabrizio era seduta Dory Ghezzi. Lo ricordo come fosse ora… entrò il segretario della locale sezione del PCI, in mano aveva una sorta di manifestino mortuario.
Anche se al momento nessuno di noi era in grado di leggere cosa ci fosse scritto sapevamo benissimo che era la notizia che temevamo “Il compagno Berlinguer ci ha lasciati”.
Il silenzio si fece quasi irreale, e in quel silenzio così carico di significati, qualcuno iniziò ad applaudire. Faber era in piedi ed applaudiva, di lì a poco l’appaluso si diffuse in tutto il teatro. Solo allora mi resi conto che la sala era piena, mi ero dimenticato del pubblico che stava seguendo le riprese. Anche il figlio, anni dopo, in un’intervista disse che Carloforte era per suo padre una sorta di terra ideale: una genovesità, che anche la terra di origine aveva perduto, in una Sardegna che aveva amato più di ogni altra cosa.
Carloforte ha ricordato Faber in molti modi, anche dedicandogli una via e varie iniziative che hanno portato il suo nome.
Per quanto mi riguarda invece, ora che molti mesi dell’anno li trascorro a Pegli, di solito le mie passeggiate mi portano a toccare due punti importanti: la casa in cui nacque Fabrizio de André il 18 febbraio 1940 e la targa che ricorda la partenza dei coloni pegliesi nel 1541.
Sono date separate da secoli e fatti, un percorso costellato di cambiamenti e ricambi generazionali.
Sono cambiati gli usi e i costumi, come si soul dire, ma il cuore grande degli uomini che sanno essere “speciali” non ha tempo nè confini.
L’intero speciale è visibile su https://tinyurl.com/2bcvsfru