Il Territorio quale focus della governance pubblica
OGNI TERRITORIO, IN QUANTO LUOGO , INCORPORA IL CONCETTO DI TEMPO E DI LUNGA DURATA, HA UNA SUA IDENTITÀ, UN’ANIMA, UN GENIUS
di Tiziana Maria Ginocchio
Come anticipato nel capitolo che precede, “Dal Governo alla Governance” obiettivo di questa rubrica è porre l’accento su alcuni elementi apparentemente scontati, ma poi non così troppo nella realtà dei fatti, che stanno alla base di quello che dovrebbe essere un buongoverno politico. Questo senza mai dimenticare che alla base c’è una delega che il popolo, visto nel suo insieme diversificato di cittadini, riconosce al politico al fine di essere da questi protetto nei propri diritti.
Ma su questo argomento torneremo in un altro momento.
Per ora dopo l’articolo già pubblicato sopra citato, desidero porre l’attenzione sui temi del “Territorio”, della “Vision e della Mission” e proseguire con una riflessione sul dovere politico di rendere ’“Accountability”, cioè per i Politici o Amministratori Pubblici di dare atto del mantenimento della propria promessa elettorale al popolo sovrano, cioè del programma elettorale sulla base del quale sono stati eletti, attraverso precise rendicontazioni periodiche semestrale, o tuttalpiù annuali, del proprio operato.
Abbiamo visto nel precedente articolo che per favorire il contesto culturale partecipativo, rispetto alla governance territoriale/ambientale sia stata sollevata la necessità di evidenziare l’ulteriore distinzione tra governance e governmentality, intesa come condizione all’interno della quale si creano le condizioni di possibilità per la governance. Si è inoltre rimarcato come sia il Territorio il fulcro delle azioni, dei progetti in cui si svilupperà il programma di governance.
Riprendiamo quindi il concetto di “Territorio”: vocabolo semplice, ma complesso nel suo valore politico.
In politica infatti si intende per Territorio una porzione che ricade nella giurisdizione di un’autorità governativa.
Un territorio può comprendere qualsiasi area geografica che ricade nella giurisdizione di un’autorità e non ha una divisione politica o amministrativa.
In urbanistica ed in pianificazione territoriale è lo spazio geografico, riguardante zone urbanizzate, agricole o naturali dove è possibile attuare la progettazione, la regolamentazione e lo sviluppo dell’ambiente costruito.
Ma mi piace soprattutto citare questa definizione che mi è parsa la più ampia a definire il territorio e con esso i suoi abitanti.
“Il Territorio non è lo spazio geografico né il suolo della pedagogia, ma un soggetto vivente ad alta complessità, esito di processi co-evolutivi sinergici fra insediamento umano (organizzato su basi culturali) e ambiente (organizzato su basi geologiche e biologiche)… Ogni territorio in quanto luogo incorpora dunque il concetto di tempo e di lunga durata, ha una sua identità, un’anima, un genius.
Il territorio è la fabbrica della creatività che scaturisce da una costellazione di soggetti….Vive e si modifica sulla base delle imprescindibili relazioni che si realizzano tra i soggetti che lo compongono e lo trasformano continuamente rendendolo un posto unico ed irripetibile…”[1]
Molti studi hanno anche valutato il possibile legame tra sviluppo sostenibile e competitività territoriale analizzando i possibili impatti che gli interventi delle imprese hanno o possono avere sul territorio e più specificatamente su quello che viene definito Capitale Territoriale.
Ma vediamo ora quali possono essere gli obiettivi di una pianificazione politica di un Territorio:
- riqualificazione urbana ed ambientale;
- snellimento dei flussi di mobilità urbana;
- incentivazione all’uso di mezzi pubblici o ecosostenibili;
- controllo e gestione dei processi di polarizzazione urbana;
- riduzione dei processi sperequativi;
- gestione della relazione tra città e periferie, gestendo i processi di dispersione insediativa;
- miglioramento delle condizioni di accesso ai servizi.
E’ dunque nel e nei territori che si esprime la relazione pubblico privata: nella sua gestione in quanto entità a sé stante e in quanto sede di vita singola e collettiva.
Le scelte politiche hanno luogo nel e per il Territorio.
Si parla infatti di governance territoriale-ambientale per definire l’insieme delle tecniche, delle pratiche e delle istituzioni che delimitano il quadro all’interno del quale si definiscono le concrete azioni di governo del territorio e/o dell’ambiente.
Con l’idea di governance territoriale/ambientale l’attenzione, sia sul piano concettuale sia operativo, si sposta dal tema dell’esercizio del potere attraverso le concrete azioni di governo (government), al tema della qualità di tali azioni soprattutto in termini di efficacia e coerenza.
Il riferimento al concetto di governance per la gestione del territorio e dell’ambiente evidenzia il passaggio dal cosa un’istituzione decide e fa, al come a livello politico-istituzionale si procede per elaborare scelte e prendere decisioni di governo capaci di garantire integrazione di funzioni e attori per definire una visione strategica della gestione del territorio/ambiente nel medio e lungo termini.
In generale, la nozione di governance si è affermata soprattutto negli ultimi due decenni con la presa di coscienza, sia nell’ambito di imprese e organizzazioni private sia di amministrazioni pubbliche di livello statale e locale, della crisi del modello gerarchico di regolazione delle relazioni e della sua inadeguatezza rispetto alla crescente complessità dei fenomeni sociali, politici ed economici che investono il territorio e l’ambiente.
A partire dal 2001, con l’adozione da parte della Commissione europea del libro bianco La governance europea, la problematica della governance si è attestata a livello comunitario e dei singoli stati membri come tema prioritario.
Il libro bianco riconosce la necessità di «aprire il processo di elaborazione delle politiche a una maggiore partecipazione e responsabilizzazione» dei cittadini e riconosce la riforma della governance europea come obiettivo strategico dell’Unione Europea da perseguire sulla base di cinque principi: apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia, coerenza.
Ho trovato interessante il libro “La città agita. Nuovi spazi sociali tra cultura e condivisione”, scritto da Roberto Albano, Alfredo Mela, Emanuela Saporito ed edito da Franco Angeli nella collana Studi urbani e regionali, che racconta una città inedita e dinamica.
Inedita perché gli spazi in gioco sono spesso marginali e periferici e dinamica perché si pone l’obiettivo di realizzare, nonostante la paralisi delle politiche pubbliche urbane e territoriali, un nuovo spazio collettivo nella forma di community gardens con piazze attrezzate al posto di aree parcheggio e lotti abbandonati, oppure centri culturali, luoghi aggregativi e co-working in fabbriche dismesse ecc. ad integrazione ed estensione dello spazio pubblico più tradizionale e per azione di alleanze in cui giocano un ruolo da attori, a diverso livello di coinvolgimento, terzo settore, gruppi informali, privato profit, e parte pubblica quale coordinatore, uniti per rigenerare la città.
Si delinea il concetto di spazio cittadino come “Bene comune” come categoria di spazio che può essere co-prodotta dalle forze unite sopra citate e che prevede un’interazione diretta delle comunità locali con lo spazio urbano di cui poi usufruiranno.
Da qui lo stimolo a trovare soluzione per incentivare quella che può essere definita una democrazia che può essere definita “contributiva”, anche con strumenti normativi e operativi che facilitino, legittimino, ma vengano anche strategicamente canalizzati, interventi diretti della cittadinanza per il Bene comune.
D’altra parte sempre più le Amministrazioni Pubbliche stanno promuovendo partenariati sociali per promuovere azioni civiche a tutela dell’ambiente e del sociale.
Quindi pensare allo spazio cittadino come possibile “Città agìta” può diventare l’occasione per stimolare non solo le politiche urbanistiche che devono riconsiderare lo spazio urbano in modo evolutivo ma anche a sensibilizzare soggetti privati terzi a condividere o proporre linee strategiche su porzioni di territorio di cui promuoveranno o sosterranno insieme alla parte pubblica azioni di recupero, rivitalizzazione e successiva fruizione.
L’altro aspetto interessante della riflessione suggerita dal testo è che di nuovo orienta nella direzione di un nuovo modo di vedere la relazione pubblico/privato.
Il testo parla delle città come luoghi dove più immediate e visibili sono le azioni della governance locale, ma le riflessioni che ne emergono possono essere estese ad altre istituzioni ed Enti Pubblici, per esempio a sedi universitarie, a comunità montane, ecc.. ragionando sui territori e sugli spazi, se pur chiusi, quali Beni Comuni.
Un’ultima riflessione tutta personale.
Quando la politica pensa, definisce o progetta piani di sviluppo per un determinato Territorio in qualche modo mette in atto una strategia di marketing territoriale. Cioè lo va a definire e ne fa un “prodotto” vendibile, commerciabile nel senso politico del termine.
In realtà l’operazione dovrebbe essere inversa. Prima dovrebbe decidere una visione del Territorio, poi ci si dà una mission di trasformazione, riqualificazione, sviluppo.
Ma su questo concetto di “Marketing Territoriale” qui solamente accennato ritornerò in seguito.
[1] Alberto Magnaghi in “Il Territorio come soggetto di sviluppo delle società locali”, relazione al convegno ”Lo sviluppo in questione”, Università di Macerata, 2006.
Tiziana Maria Ginocchio
Sino al 2020 Responsabile Relazioni con Imprese e Fundraising Comune di Genova – Gabinetto del Sindaco
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