Il “controllo dei processi” è una forma organizzativa che mira al mantenimento od al miglioramento di standard qualitativi di un certo livello
Di Marco Maltesu
Sono ormai tanti anni che in Italia si percepisce una forte “burocrazia” che spesso genera una sensazione di oppressione nelle persone, in tutte le fasi della vita che vengono affrontate quotidianamente, che si affronti l’esistenza da pensionato, da lavoratore, da imprenditore o da semplice cittadino nell’esercizio di qualsiasi azione
Il peso della burocrazia non ci abbandona in nessun momento della nostra realtà. In particolare in Italia perché all’estero nella maggior parte delle nazioni la situazione è differente dalla nostra.
Per sapere cosa ci differenzia dalle altre nazioni e dove trova origine la burocrazia italiana, fare un’analisi storica e comparativa con le altre nazioni ci permette di poter sviluppare delle ipotesi sul perché, con il tempo, aumentino le incombenze burocratiche nella vita dei cittadini italiani.
Innanzitutto c’è da dire che la situazione tende al peggioramento ed ogni giorno assistiamo da soggetti passivi all’aumento delle incombenze che regolano il nostro rapporto con l’esterno, che siano ditte private oppure la pubblica amministrazione è sempre più importante dimostrare di esistere piuttosto dell’esistere stesso.
La necessità di forme burocratiche sempre più strutturate nasce dall’esigenza di supplire ogni giorno di più ad una congenita sradicalizzazione delle procedure di controllo a tutti i livelli della società italiana. Questo deriva dalla compressione di costi a tutti i livelli, che prevale sul mantenimento della qualità ed in alcuni casi può comportare anche una diminuzione della sicurezza. Andiamo con ordine.
Il “controllo dei processi” è una forma organizzativa che mira al mantenimento od al miglioramento di standard qualitativi di un certo livello, necessita, per la sua strutturazione ed appunto per il mantenimento e per il miglioramento, di un dispendio notevole di fondi dal punto di vista economico. Per contro il controllo dei processi non produce reddito, produce solo qualità, genera costi ed inoltre può anche creare un rallentamento dei processi stessi.
È evidente che in un mondo in cui assume sempre più importanza il criterio di produttività, concetto che misura numericamente od in termini economici qualsiasi attività, diventa sempre più difficile il mantenimento di schemi valoriali un po’ più strutturati che possano lasciare spazio a fattori più umani. Non dimentichiamo, ad esempio, che negli ultimi anni l’incarico di Primario di un reparto ospedaliero vedeva fra le priorità dei compiti, prima ancora delle capacità professionali dello stesso, la necessità di essere capace di rientrare in un budget, soggetto ogni anno a diminuzioni di ordine percentuale, che hanno generato dei mostri situazionali come la richiesta ai malati in alcuni casi, di dover provvedere addirittura ai farmaci necessari per la degenza.
La pandemia almeno da questo punto di vista ha avuto degli effetti positivi, ha interrotto questo girone infernale che vedeva una riduzione costante del numero dei posti letto disponibili, un depauperamento della sanità pubblica in favore di quella privata. Ha ripristinato (o forse più propriamente ha iniziato a ripristinare), proprio quel sistema di controllo dei processi che l’emergenza stessa ha dimostrato essere necessaria come unico strumento capace di fare la differenza fra un sistema sanitario capace di proteggere la salute pubblica ed un altro incapace con la sua superficialità ed inadeguatezza di fare da barriera al problema dilagante.
Sarebbe molto importante, ed è quello che avviene in altre nazioni, dare una maggior fiducia al cittadino, affiancandolo con condotte positive mirate alla fiducia piuttosto che caricarlo con un impossibile peso burocratico che lo schiaccia ancora prima anche solo di immaginare una qualsiasi iniziativa. È evidente che spesso i paesi che utilizzano questo rapporto fiduciario, affiancano a questo metodo un sistema di controllo capace non solo di scoprire comportamenti impropri, ma anche di svolgere un’azione educativa (civica) nei confronti dei soggetti interessati.
È indubbio che il modello non può ad esempio essere quello del Nostro sistema di controllo del lavoro che sembra avere 1000 Ispettori per controllare una platea di circa 1,5 Milioni di aziende perché un sistema del genere è un modello non adeguato e che in più fornisce anche un messaggio valoriale errato.
Un altro tema che attraversa la problematica trattata è l’utilizzo della sanzione economica di punizione per combattere le inadempienze, un sistema assolutamente non migliorativo della condizione culturale sociale, atto molto spesso applicato per fare cassa in alcuni settori, ma completamente inefficace per il miglioramento di una condizione strutturale del nostro tessuto sociale e non utile per far progredire il sistema. Il fine ultimo non deve essere la sanzione ma il rispetto delle regole, c’è una distanza abissale fra questi due mondi che molto spesso non si toccano neppure.
L’aver destrutturato completamente l’organizzazione di controllo che in Italia esisteva comunque ad uno stato larvale e mai al passo con i tempi esistenti, ha generato un altro fenomeno molto particolare, ovvero la cessione del controllo ai controllati, in Italia ad esempio vale in particolare, ma non solo, per quei soggetti, statali o di derivazione statale, che nel corso del tempo hanno assunto anche formule più proprie del mercato, ad esempio Società quotate in borsa a maggioranza di capitale dello Stato, che non sono soggette ad una autorità garante indipendente attrezzata per determinare le necessità esistenti in un particolare settore, ma piuttosto autodeterminano quali sono le necessità nel proprio settore, spesso stravolgendo quelle regole, anche dettate dal buon senso oltre che da anni di esperienze reali, che determinano che due macchinisti sui treni sono meglio di uno anche se i treni vengono dotati dei migliori sistemi automatici, che anche se alcune compagnie aeree continuano ad insistere due piloti ai comandi dell’aereo sono meglio di uno solo o che, come tristemente la cronaca di questo periodo ci ha mostrato, le funivie non possono viaggiare con delle ganasce (sembra per anni) che gli inibiscono di frenare in caso di emergenza.
Comunque i lavoratori devono essere soggetti al diritto di non fare più di un certo numero di ore di lavoro (fissato dal Contratto Collettivo Nazionale del Settore) ed a condizioni almeno minime di tutela e sicurezza di lavoro, non solo perché è un’esigenza di civiltà, ma anche per tutelare maggiormente tutti noi che siamo i fruitori di quelli che sono, servizi pubblici o privati che generalmente utilizziamo.
La razionalizzazione porta spesso ad una banalizzazione del sistema, che spesso non intercetta le complete necessità ma tende ad appiattirle in una gamma più ristretta, difficilmente ha un reale senso se non quello economico in termini monetari, eppure anche qui un corretto controllo dei processi potrebbe portare ad un’analisi capace di far emergere nuove necessità che potrebbero trasformarsi in nuove opportunità, anche economiche. Continuano a non essere fatti sufficienti investimenti, a partire dallo Stato, e le ricette economiche si esprimono nell’unica soluzione dei tagli del costo del lavoro o del numero di lavoratori, soluzione che ha determinato il drammatico impoverimento italiano in termini di disponibilità industriale.
In definitiva un buon sistema di controllo dei processi non solo sarebbe una ottima strada per elevare la qualità di un sistema imprenditoriale e sociale in affanno che tende ad un impoverimento progressivo ma inoltre sarebbe un investimento sia sociale che economico per il medio/lungo periodo che è attualmente il più deficitario in termini di interventi e progetti.
Marco Maltesu
Direttore di redazione ilponentino.it
LA LANTERNA – Rubrica a cura di Marco Maltesu
direttore de il PONENTINO