LA LANTERNA – Ogni anno un 25 aprile di nuova liberazione
LA LANTERNA-RUBRICA A CURA DI MARCO MALTESU
Ogni anno un 25 aprile di nuova liberazione
Oggi è la festa della Liberazione, la commemorazione della liberazione dell’Italia dal fascismo e dal nazismo, la fine dell’occupazione nazista e la definitiva caduta del regime fascista.
Una commemorazione che permea la nostra cultura, tutti i nostri pensieri sono pieni di questa essenza, tutti i nostri pensieri sono figli della libertà di pensiero che ci consente la possibilità di vivere in un paese libero. È proprio per questo che continuiamo a commemorare tale anniversario, perché è un modo per riaffermare ogni anno che la nostra libertà è fondamentale.
Non è solo un concetto che si attua in termini politici, la cultura democratica che deriva dalla liberazione è quella cultura che consente la libertà di pensiero e che garantisce il confronto fra i pensieri. La cultura democratica è quella che a fianco del pensiero “libero” genera un altro elemento fondamentale che è il rispetto. Non ha ragione di essere, un libero pensiero, se non contiene all’interno il germe della crescita che si chiama rispetto, che si chiama anche confronto e solo attraverso il confronto può avvenire quel processo fondamentale che è la crescita. Una società senza il confronto si preclude l’elemento necessario per la crescita e la proliferazione delle idee.
Eppure proprio oggi che abbiamo a disposizione tutti gli strumenti necessari alla democrazia ci troviamo ad affrontare una grande crisi culturale. Questo significa che esistono dei problemi fra la declinazione della realtà e la realtà stessa. Sono ormai anni che esistono dei forti squilibri all’interno della società che sono derivanti da una mancata applicazione dei concetti di equità e di correttezza.
Come possiamo proprio in questo giorno esimerci dalla considerazione che, con tutto il rispetto per le vittime delle guerre in atto a partire da quella in Ucraina, noi continuiamo a vivere in una guerra, quella che ogni giorno riguarda chi deve recarsi al lavoro e cercare di ritornare vivo a casa. È inammissibile, perdere la vita andando al lavoro, come possiamo far finta di niente davanti al fatto che la maggior parte di questi incidenti avviene, e continua ad avvenire, per la scarsa attenzione che viene esercitata dalle aziende sia in termini di dotazioni che di controllo dei processi. A questo, purtroppo, si somma l’assenza delle istituzioni nel controllo di un fenomeno cosi grave. Non ci stancheremo mai di ribadire questo concetto dalle colonne di questo giornale.
Le politiche economiche degli ultimi decenni, hanno portato alla quasi cancellazione dell’intera classe media dal punto di vista sociale. Fenomeno complesso da analizzare in poche battute ma sicuramente sono mancate politiche economiche volte alla protezione delle nostre classi sociali più basse, ad iniziare per esempio dalla perdita del potere di acquisto dei lavoratori e pensionati.
È davvero normale che, ogni giorno di più, diminuisca il numero di chi possiede un contratto di lavoro che gli possa consentire di immaginare e programmare la propria vita? È normale che un lavoratore non possa offrire le garanzie per comprare una casa, una macchina, comprare dei mobili o chiedere un prestito? Fermo restando che la nostra società decida che il lavoro debba essere più flessibile, è corretto che questa scelta debba ricadere sui singoli costretti a fare i salti mortali ogni giorno per trovare occupazione, o invece sarebbe più giusto che tale scelta fosse assorbita dall’intera collettività a partire da coloro che hanno maggiori mezzi economici?
E nella stessa maniera come è possibile che una persona che voglia iniziare un’attività, come abbiamo ampiamente scritto, si ritrovi in una giungla di burocrazia e di pagamenti che rendono difficile se non impossibile la creazione d’impresa a meno che non si abbia un forte sostegno, economico o organizzativo su cui contare?
Oggigiorno i Manager, che guidano le aziende ed in particolare quelle di grandi dimensioni, anche quelle partecipate dallo Stato, non percepiscono più stipendi, come avveniva nel passato, di 10-20 volte superiori ai dipendenti, ora questi “Manager” percepiscono compensi che sono di 100 volte maggiori a quelli dei dipendenti della stessa azienda. Spesso gli stessi non svolgono neppure positivamente il proprio compito e, ciononostante, ottengono, all’atto del loro allontanamento, delle cifre di buonuscita che sono spesso faraoniche. Come possono essere tollerate queste ingiustizie?
Come possiamo pensare che la tassazione non debba essere progressiva, cioè che chi guadagna di più debba pagare più tasse, e che, eventualmente, possa essere il Governo invece, sulla base di particolari esigenze industriali, a decidere particolari “deroghe” provvisorie, magari per facilitare momenti di crisi di un particolare settore produttivo.
Nella nostra società è diventato impossibile accedere all’istruzione universitaria per chi viene da una famiglia non particolarmente agiata e sta diventando sempre più difficile, per le famiglie, anche sostenere la spesa dei libri di testo per gli studenti nelle scuole superiori. Questo significa che si sta cancellando sempre di più, quell’ascensore sociale che è fondamentale per il funzionamento di una società sana e non chiusa in caste e ripiegata su sé stessa.
Internet da strumento di libertà del nostro tempo, da miniera infinita dell’informazione, del sapere e delle potenzialità, sta diventando lo strumento della nostra distruzione, sta creando una generazione di disadattati (ed in genere non sono i giovani), incapaci di distinguere la realtà dalla falsità, che ha perso completamente i riferimenti e la fiducia nelle proprie istituzioni. Il recente caso della pandemia e della guerra in Ucraina lo stanno testimoniando ogni giorno di più.
In conclusione solo uno stato capace di correggere le proprie disfunzioni, le proprie iniquità e di ripristinare nella piena funzionalità i propri meccanismi democratici e di giustizia sociale, che sono alla base della vita di una democrazia, sarà capace di ristabilire quel rapporto di fiducia che lo Stato stesso deve avere con i suoi cittadini e sarà capace di prosperare nel futuro. Perché ogni anno deve essere un nuovo 25 aprile in cui ci liberiamo da tutte le oppressioni per incamminarci verso nuove e sempre più consistenti libertà.