Intervista al Movimento Federalista Europeo-Liguria
A cura di Massimo Bramante
Il 9 maggio 1950 (da quella data storica sono trascorsi ben 72 anni) il ministro francese degli Affari esteri Robert Schuman espose per la prima volta in pubblico le idee che porteranno alla nascita della Unione Europea. Il Trattato di Roma che ha istituito la Comunità Economica Europea (CEE) sarà firmato il 25 marzo 1957. Il Trattato che ha sancito definitivamente la nascita dell’Unione Europea (“Trattato di Maastricht”) verrà sottoscritto il 7 febbraio 1993. Il Trattato di Lisbona il 13 dicembre 2007 , con esso verranno create nuove strutture istituzionali per rendere l’ UE un soggetto sempre più incisivo sulla scena politica ed economica globale. Un percorso quindi lungo e articolato.
La città di Genova e la Liguria, da sempre, hanno mostrato una spiccata “vocazione” europeista (vedasi il documentato testo a cura di Daniela Preda: “Da Genova all’Europa-La vocazione europea negli ambienti economici della Liguria nel secondo dopoguerra”, Ecig 2006; nonché, a cura della stessa e di Guido Levi: “L’Europeismo in Liguria. Dal Risorgimento alla nascita dell’Europa comunitaria”, Il Mulino, 2002).
Quale testimonianza luminosa di questo vivo interesse di Genova e di molta parte dell’intellighentia ligure per le, in allora, nascenti tematiche europeiste e federaliste: il “Congresso internazionale sui problemi economici della Federazione europea” che si tenne tra l’11 e il 14 settembre 1952 a Genova, presso le sale di Palazzo San Giorgio, su iniziativa della Camera di Commercio di Genova, del Movimento Federalista Europeo (MFE) e dell’Istituto di Economia Internazionale di Milano. L’organizzazione dei lavori fu affidata in gran parte a Luciano Bolis (che aveva raccolto con lungimiranza idee e proposte di Altiero Spinelli e del ben noto “Manifesto di Ventotene”) e a Francesco Manzitti e Bruno Minoletti, esponenti di spicco della Camera di Commercio genovese.
E’ opportuno ricordare oggi tale evento perché – come ha avuto modo di annotare il prof. Franco Praussello in un accurato saggio dal titolo “Il convegno internazionale per lo studio dei problemi economici della federazione europea”, in “Da Genova all’Europa” op.cit., pp.79/109) – “molte delle indicazioni maturate a Genova trovarono applicazione nel corso dell’integrazione nei decenni successivi: dalle attribuzioni di alcune imposte al bilancio comunitario, alla circolazione della moneta unica come elemento di identità dell’Unione, alla creazione dei fondi strutturali, incaricati di compensare le regioni e i gruppi che dall’estendersi dell’integrazione hanno ricevuto meno”.
Chiediamoci : quali caratteristiche presenta, oggi, il processo di integrazione politica ed economica europea ? Abbiamo rivolto a questo proposito alcune domande al dott. Piergiorgio Grossi – Segretario Ligure del Movimento Federalista Europeo.
D. Dall’epoca della sua creazione (9 maggio 1950) l’Unione Europea ha fatto passi avanti importanti: realizzando un mercato unico per beni e servizi che coinvolge 27 paesi e circa 460 milioni di cittadini che ora possono circolare e soggiornare liberamente all’interno dell’Unione. Inoltre, l’U.E. ha operato perché si arrivasse ad una moneta unica, l’euro (1 gennaio 2002), che compie dunque vent’anni…Cosa manca per “completare” efficacemente l’opera ?
L’Unione Europea ha competenze esclusive nella regolazione del mercato interno europeo, nei rapporti commerciali con il resto del mondo, nella concorrenza, nella moneta, inoltre, attraverso regolamenti e direttive, interviene in molti altri campi, come ha dimostrato in occasione della pandemia con la campagna vaccinale e con il Recovery plan. Malgrado questo la UE è universalmente considerata come un attore ininfluente sulla scena internazionale perché manca del potere di decidere nel campo della politica estera e di difesa, e perché non dispone di un bilancio di dimensioni adeguate basato su risorse proprie.
Le politiche fiscali e di politica estera, pur non essendo escluse dai Trattati, richiedono il voto unanime di tutti i 27 paesi per essere attuate, e a causa di questo meccanismo decisionale non sono mai state attivate. La regola della unanimità può funzionare quando si è in sei Stati omogenei, come erano i paesi fondatori, ma è un sistema inefficace quando si è in 27 Stati con strutture, interessi economici, sistemi fiscali e storie molto diverse. La risposta alla domanda su cosa manca è quindi “capacità fiscale” e “decisione a maggioranza in politica estera”. La Conferenza sul Futuro dell’Europa, che ha concluso la fase di consultazione dei cittadini, ha proposto di modificare i Trattati nella direzione di una maggiore autonomia strategica e della abolizione del diritto di veto di ogni singolo Stato. La strada è stata tracciata, sta ora a governi e parlamenti nazionali percorrerla.
D. Anche in questi mesi in cui assistiamo ad una brutale aggressione ad un paese europeo che chiede di essere ammesso all’interno della U.E., esistono in alcuni stati membri forti e deleterie spinte nazionaliste e sovraniste…E’ quindi l’Unione Europea un’unione “imperfetta” ? Un’ unione che in fondo stenta a passare dalle dichiarazioni verbali ai fatti ?
Il meccanismo decisionale del voto all’unanimità nel campo della politica estera e di difesa rende certamente “imperfetta” l’Unione. Sono fiducioso che la vicenda della guerra in Ucraina e la inderogabile ricerca di una autonomia europea in campo energetico sicuramente faciliterà il percorso verso una comunità più unita, o, come si dice adesso, “sovrana”. L’Europa ha sempre fatto passi avanti nei momenti di crisi, sarà così anche questa volta.
D. Recentemente ha avuto modo di ricordare la figura di un illustre europeista: Luciano Bolis (1908-1993) che, nel febbraio del 1945, fu arrestato e torturato dai fascisti. Un europeista che – come ricorda una targa posta nella più nota piazza della nostra Genova a cura del Movimento Federalista Europeo – “dedicò la vita alla causa della pace e dell’unità europea”. Può illustrarci brevemente i tratti del sacrificio di Bolis che – è bene sottolinearlo – è stato anche tra i fondatori dell’Istituto Storico della Resistenza in Liguria ?
Bolis, milanese di nascita, era un antifascista “mazziniano” e per questo passò 2 anni in prigione; liberato alla caduta del fascismo il 25 luglio del 1943, riparò in Svizzera ove conobbe le idee di Spinelli e Rossi sul Federalismo europeo. Fu inviato a Genova da Parri per rappresentare in loco il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) e in tale carica era a conoscenza della struttura della Resistenza ligure. Quando fu catturato dalla polizia fascista e sottoposto a interrogatorio il suo unico pensiero fu quello di non tradire i compagni di lotta e, temendo di non poter resistere alle torture, cercò di suicidarsi prima tagliandosi le vene dei polsi e poi cercando di recidersi la carotide; le guardie carcerarie intervennero portandolo nell’ospedale di San Martino sotto falso nome. Una coraggiosa dottoressa informò i partigiani della vera identità del ricoverato che così venne liberato con una rocambolesca operazione da due partigiani travestiti da medici e con un furgoncino ripitturato da autoambulanza. Bolis in seguito sposò una delle infermiere che aiutarono i partigiani a liberarlo e si trasferì a Genova. Dal 1948 fu vice presidente nazionale del Movimento Federalista. Come ricordato fondò l’Istituto storico della Resistenza. Per i federalisti liguri Bolis, insieme ai liberali Bruno Minoletti e Giacomo Croce, ai democristiani Lazzaro Maria De Bernardis e Carlo Russo e ai socialisti Alfredo Poggi e Carlo Da Molo, resta un faro del nostro impegno civile per un’Europa Libera e Unita (come recita il titolo del “Manifesto di Ventotene”).
Massimo Bramante