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I racconti del Blue Avana – (17) Compleanno

La “Concessionari di Automobili Pubbliche – Società Cooperativa a Responsabilità limitata“, cioè la società che raggruppa buona parte dei tassisti genovesi, ha compiuto nel 2013 i cento anni di attività. Questi, che pubblicheremo a puntate, seguendo la sequenza dei capitoli del libro Blue Avana. 100 anni di taxi a Genova di Pier Guido Quartero, pubblicato con l’editore Liberodiscrivere nel 2013, sono gli episodi più curiosi e quelli più significativi narratici dai tassisti genovesi, in attività o in pensione. Dalla calda vita della Via Pré degli anni ’50 alle corse in ospedale per salvare vite umane, dagli anni di piombo ai clienti strambi, taccagni o fin troppo generosi, dai personaggi del calcio e dello spettacolo alle lotte sindacali. Il tutto narrato attraverso le chiacchiere di una combriccola di amiconi, creati ad arte dall’autore, che perdono un po’ del loro tempo al Blue Avana: un locale come non ce ne sono più…

Compleanno (Da Meroni a Boskov: Ricordi di Pallone)

Pier Guido Quartero

L’altro giorno era il compleanno di Paolo, e così ci ha invitati tutti a mezzogiorno al circolo dei tassisti, quello di Corso Aurelio Saffi, e ci ha offerto il pranzo. C’era Aldo e Riccardo e Gianni e il sottoscritto. Filippo e il Corto e Mario avevano dovuto declinare l’invito per motivi di lavoro, ma avevano promesso di raggiungerci alla sera, al Blue Avana, per un brindisi finale, offerto da loro, con lo spumante Ferrari, che è più buono di quasi tutti gli champagne francesi, tolto il Veuve Clicquot.

Si sa che, al circolo, si mangia normalmente bene, spendendo poco, e l’altro giorno non so cosa abbia combinato Paolo, ma ci hanno fatto per antipasto i friscieu coi fiori di zucchini con dentro l’acciuga salata e la mozzarella, poi le trenette al pesto con patate e zucchini e poi un bel fritto di acciughe e calamari. Scignorìa!

Naturalmente, per mandare giù quella roba lì c’è voluto un bel po’ di vino bianco e allora poi ci siamo spostati, col nostro caffè, nella stanza di là, dove c’era della gente che giocava a cirulla e noi abbiamo visto alla televisione, su una di quelle reti che hanno aggiunto con il digitale terrestre, una vecchia pellicola, che poi era Il Laureato.

Io non lo so che cosa vi ricordate voi del Laureato. Secondo me come trama non era un grandissimo film, ma merita di passare alla storia per tre motivi. Il primo è la colonna sonora di Simon & Garfunkel, che è da urlo. Il secondo è che con quel film lì è stato scoperto e lanciato quell’attore meraviglioso che si chiama Dustin Hoffmann. Il terzo, e non meno importante, è la performance di Anne Bancroft (che di cognome in realtà faceva Italiano, proprio così, perché i suoi erano nati a Potenza), che a trentasette anni espresse, senza eccessi di voyeurismo o di volgarità, una potenza erotica che mandò in trance il pubblico maschile di mezzo mondo.

E comunque noi eravamo lì, un po’ abbioccati per via del pasto abbondante e un po’ regaggiti per via delle performance di Mrs Robinson e ce la siamo vista fino all’ultimo e poi abbiamo preso ancora un caffè decaffeinato per digerire meglio senza agitarci troppo e intanto commentavamo il film e Aldo ha detto che quella storia lì sembrava mezza copiata da quella di Gigi Meroni, solo che nel film finiva meglio, e allora naturalmente noi abbiamo voluto sapere come era questa storia perché Gianni e Riccardo e io non la conoscevamo e Paolo ha detto a Aldo che ce la raccontasse lui, che la sapeva meglio. Così Aldo, che intanto di andare a riaprire il bar non ce n’aveva mica voglia e si vedeva benissimo che preferiva tirare in lungo, ce l’ha raccontata.

– Io questa storia la conosco bene perché c’era in mezzo anche un collega che era mio amico e me l’ha raccontata nei dettagli, fin dove poteva. Allora dovete sapere che questo Gigi, voglio dire Meroni, era nato a Como e finché era ragazzo è rimasto lì e aveva anche cominciato a disegnare cravatte per le seterie di quelle parti, che sono piuttosto famose, tanto che se ne parla anche nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. E lui, voglio sempre dire il Meroni, giocava anche già nel Como e poi lo hanno ceduto al Genoa e lui qui è esploso e tutto il pubblico era con lui, anche se era un tipo piuttosto estroso e, per esempio, andava a spasso con una gallina al guinzaglio, ma era così bravo e così simpatico che i genoani erano in delirio. Intanto lui, qui a Genova, ha conosciuto una ragazza che lavora in un Luna Park, bellissima, e chi gliel’ha presentata è proprio il mio collega, quello amico mio. E però c’è un guaio: la ragazza è fidanzata ufficialmente con un romano e la famiglia non vuole che rompa il fidanzamento, anche se i due, voglio dire Gigi e la ragazza del Luna Park, sono innamoratissimi e tutto il resto. Così alla fine succede come nel Laureato che lei si deve sposare in chiesa e sono tutti lì e arriva lui, voglio dire Dustin Hoffmann, e si mette a gridare e lei scappa e fuggono insieme verso una nuova vita e lì la pellicola termina; così, se per caso dopo è andata male, il pubblico non lo sa e torna a casa tutto contento.

Io ho approfittato che chi raccontava era Aldo e non Paolo, perché a Aldo non gli dà fastidio se lo interrompi, e così gli ho domandato:

– Vuoi dire che anche Meroni è andato fino in chiesa al matrimonio e ha gridato e ha fatto saltare la cerimonia e si è portato via la ragazza?

– Non proprio. Lui in chiesa ci è andato, ma non è riuscito a far saltare il matrimonio. Comunque poi tra la ragazza e il marito romano è evidente che a queste condizioni la storia non poteva durare e così tutto è andato…

-… a carte quarantotto. – ho concluso io, che le frasi fatte le indovino sempre tutte.

– Esatto. E così poi, quando Meroni si è trasferito a Torino perché il Genoa lo aveva ceduto ai granata, anche lei è andata su con lui e vivevano insieme, che a quei tempi ci voleva comunque un po’ di coraggio perché allora, altro che matrimoni gay: anche le convivenze eterosessuali erano viste molto male, e non c’era ancora il divorzio, così loro aspettavano l’annullamento della Sacra Rota per matrimonio rato e non consumato. Il mio collega doveva testimoniare anche lui e comunque con Gigi era amicissimo, tanto che nelle trasferte era l’unico tifoso al seguito che il Presidente Berrino lasciava salire sul pullman dei giocatori e che poi, quando era a Torino, Meroni lo chiamava per invitarlo e gli lasciava la cena pagata al Ristorante Urbani e gli lasciava anche le chiavi di casa perché andasse a riposarsi e poi andavano insieme agli allenamenti ad Alpignano. Poi però la storia è finita come sapete, per un dannato investimento di auto. La vita è diversa dal cinema, perché non puoi fermarla nel punto in cui va tutto bene.

Ci eravamo un po’ abbacchiati, per via di questa cosa di Meroni, che è vero che è successa tanti anni fa, ma a sentirla fa sempre tristezza, anche perché era un ragazzo che aveva simboleggiato un’epoca e tante illusioni e così il Gianni ha provato a distrarci un po’.

– Io di calciatori ne ho portati diversi – ha detto – e ce n’erano di quelli generosi ma c’erano anche delle tigne. Le tigne non ve le dico, ma posso dire che il più generoso che ho conosciuto io era Tonino Cerezo. E un altro signore era Boskov, l’allenatore della Samp dello scudetto, e quando lo portavo mi parlava un po’ di calcio, e mi ricordo che una volta mi ha detto, in quel suo italiano un po’ buffo, da zingaro jugoslavo che aveva girato tutto il mondo: “Quando palla corre più di giocatore, giocatore deve smettere”.

Il festeggiato, che era Paolo, perché ve l’ho detto che era il suo compleanno, alla fine ha deciso di dare anche lui il suo contributo:

– Mi ricordo che ai miei tempi, quando di palanche ne circolavano poche anche nel calcio, allora i giocatori dovevano stare più attenti a quello che facevano perché se no rischiavano di prendersi delle pedate nel sedere, ghe n’éa tanti che anävan a Città Giardino, da Marasci, pe’ fä ramétta. E noi, che lo sapevamo, andavamo apposta fin lì a rompergli le balle: chi stava coi rossoblu glielo menava ai sandoriani, e i blucerchiati glielo menavano ai genoani.

Io lo sapevo, che Paolo non dovevo interromperlo, ma non ho potuto farne a meno: – Paolo, scusami, ma cosa vuol dire fä ramétta?

Ma lui questa volta mi ha perdonato subito: – Fä ramétta vuol dire scopare, belinun!

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