“LA LANTERNA” rubrica a cura di Marco Maltesu
Le guerre sociali dei giovani e delle terze generazioni
Quanto successo a Peschiera del Garda il 2 giugno 2022 impone una serie di riflessioni. Innanzitutto sarebbe molto semplicistico attribuire le responsabilità in termini razziali (in termini di individuazione geografica dei responsabili) o generazionali (attribuendo la responsabilità alla terza generazione di immigrati in Italia), nella realtà il fenomeno è più complesso e deve essere letto in termini più strutturati. La crisi è più complessiva e riguarda tutti i giovani a prescindere da fasce sociali, estrazione economica, o provenienza geografica.
Molte sono state nel recente passato le situazioni in cui i giovani si sono ritrovati, nel centro delle città, per iniziare delle risse molto partecipate che spesso hanno lasciato dei giovani, e qualche volta anche qualche agente, feriti sul campo.
La situazione va considerata in termini generali altrimenti si rischia di non riuscire a delineare i contorni del problema e non riuscendo a delinearne i contorni si rischia di non capire il problema stesso.
La gioventù è un periodo molto complesso dell’esistenza dell’uomo. Un periodo in cui i giovani testano sé stessi davanti alla vita, in essa portano il proprio coraggio, la propria esuberanza, la propria creatività ed anche la propria inesperienza. Il mix di tutto questo è un mix da cui possono nascere le cose più belle del mondo ma che allo stesso tempo può generare anche le stupidaggini più sonore che si conoscono. Questo è così, ed è sempre stato, come già ho trattato su La Lanterna di qualche settimana fa, perché la gioventù è un momento di sperimentazione, di crescita , perché la stupidaggine è sempre dietro l’angolo a quell’età, al punto di far dire, quando un ragazzo si comporta in maniera assennata, di comportarsi in modo maturo, oppure che dimostra più anni di quelli che ha.
Quindi partendo dal presupposto che le stupidaggini da giovani si fanno a prescindere da ceto, razza e qualsiasi altro parametro, e che le stupidaggini sono sempre avvenute, il problema è capire cosa stia succedendo oggi di diverso rispetto a prima.
Il crollo delle ideologie ha dato un sonoro scossone all’impulso giovanile con una doppia azione, la prima di tipo ideologico, e la seconda legata al fatto che i vari partiti, portatori di ideologie, normalmente avevano degli spazi dedicati ai giovani (le federazioni giovanili). Tutti i partiti erano dotati di federazioni giovanili e di spazi di riferimento in cui i giovani crescevano si confrontavano in un alveo comunque di riferimento. Oggi invece non esiste più niente dedicato ai giovani, c’è una difficoltà di investimento in ambito sociale in tutti quei settori in cui in passato l’associazionismo era molto strutturato e svolgeva un ruolo sociale molto importante.
Possiamo tranquillamente affermare che quanto sopra vale per tutte le fasce di età e non solo per i giovani.
C’è un elemento fondamentale che caratterizza la vita di tutti i giorni e che ha modificato molto le nostre abitudini, ovvero la presenza di internet e dei social media.
Nel passato l’organizzazione di qualsiasi cosa era lunga e laboriosa, oggi invece basta un post su di un social per avere un’informazione che si può diffondere a qualsiasi livello senza limiti. Questo fa si che diventi molto semplice creare degli eventi in cui le persone possano incontrarsi, anche per fare una rissa. Ma non solo, su internet (prevalentemente i social) ci si informa, ci si diverte, insomma è la connessione con il mondo che ci circonda.
È chiaro che, fermo restando quanto premesso, la difficoltà sta nel riuscire a controllare le stupidaggini che possono provocare i giovani, soprattutto quando si trovano in gruppo e subentra quello “spirito di gruppo” che in alcuni casi può essere positivo ma in molti altri trasforma le persone in “branco” e gli fa commettere in una specie di “catarsi di gruppo”, le peggiori efferatezze, senza che si riesca a fermarli.
La mancanza di ideali ed anche delle ideologie sono quindi, a mio avviso, due degli elementi che concorrono alla creazione di problemi di questo tipo, ma nella stessa misura concorrono tanti altri fattori, anche a prima vista non legati con essi. Ad esempio uno degli elementi importanti viene dalla desertificazione della presenza sul territorio. La nostra civiltà sta facendo continuamente delle scelte che sottraggono il fattore umano dal territorio, basta pensare all’assenza di manutenzione del verde, delle strade, alla distruzione del tessuto commerciale delle piccole botteghe, ai piccoli artigiani, ai portieri, alla chiusura di scuole, di uffici, di posti di polizia e carabinieri, tutto questo, oltre a portare ad un impoverimento culturale, sociale ed anche economico, perché fra l’altro ha privato molte persone della fonte di guadagno, o sostentamento economico, ha generato una desertificazione delle nostre città, con le sole vie commerciali che rimangono ad essere un elemento di legame sociale, oltre che commerciale.
La scelta ad esempio di delegare alla videosorveglianza il controllo, priva il territorio di una forte presenza di deterrenza e di scambio che non si attivava solo a posteriori, come avviene adesso per la determinazione dei fatti, ma svolgeva un compito di deterrenza e di dialogo che non può assolutamente essere esercitato in alcun altro modo se non attraverso l’uomo e sicuramente non con le telecamere di sorveglianza.
Dobbiamo ripensare la nostra società per ricostruire un modello in cui l’uomo possa essere messo nuovamente al centro del progetto, cercando di utilizzare la tecnologia come strumento di miglioramento e non come avviene in questo momento di sostituzione. Una società non calibrata sulla centralità dell’uomo non può che generare fratture comportamentali che sono destinate a diventare sempre più pericolose con il passare del tempo.
Marco Maltesu
Direttore di redazione ilponentino.it
LA LANTERNA – Rubrica a cura di Marco Maltesu
direttore de il PONENTINO
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