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I racconti del Blue Avana – (20) Mi chiamo Bond

La “Concessionari di Automobili Pubbliche – Società Cooperativa a Responsabilità limitata“, cioè la società che raggruppa buona parte dei tassisti genovesi, ha compiuto nel 2013 i cento anni di attività. Questi, che pubblicheremo a puntate, seguendo la sequenza dei capitoli del libro Blue Avana. 100 anni di taxi a Genova di Pier Guido Quartero, pubblicato con l’editore Liberodiscrivere nel 2013, sono gli episodi più curiosi e quelli più significativi narratici dai tassisti genovesi, in attività o in pensione. Dalla calda vita della Via Pré degli anni ’50 alle corse in ospedale per salvare vite umane, dagli anni di piombo ai clienti strambi, taccagni o fin troppo generosi, dai personaggi del calcio e dello spettacolo alle lotte sindacali. Il tutto narrato attraverso le chiacchiere di una combriccola di amiconi, creati ad arte dall’autore, che perdono un po’ del loro tempo al Blue Avana: un locale come non ce ne sono più…

Mi chiamo Bond (storie di lavastoviglie, di spie e di mostri)

Pier Guido Quartero

Stasera ho fatto tardi, ma vi ho messo una foto che vi farà ricordare i bei tempi andati. Scusate e, per chi ne ha voglia, buona lettura!

C’erano Gianni e Paolo, stamattina, da Aldo, giù al Blue Avana, che è questo bar sotto casa mia, e commentavano le partite del mundialito, ma a me quella roba lì dopo un po’ mi stufa e poi ero nervoso per via che la Nina aveva tripilato per tutta la mattina.

Cosa vuol dire tripilare credo di avervelo già detto, è una parola della lingua un po’ ostrogota e un po’ longobarda della Nina, che viene dalla Lombardia più profonda, e alla fine assomiglia al nostro tribullare, che poi vuol dire agitarsi troppo. E la Nina aveva tripilato perché erano due giorni che non gliene andava una diritta.

La prima cosa era stata la lavatrice di sua madre che non so cosa aveva che non andava, e la seconda era la lavastoviglie in casa nostra e bisognava telefonare all’assistenza e lei quando deve chiamare l’assistenza tripila, perché non sei mai sicuro di chi devi chiamare e poi ti chiedono i codici e i controcodici e tu ti senti deficiente e questo lo so bene anch’io perché la Nina, quando ha raggiunto il livello massimo di tripilazione, comincia a far tripilare anche me, fino a quando io dico VABENE e la chiamata alla fine la faccio io. E naturalmente io non so neanche di cosa parlo, ma alla fine quelli di là si impietosiscono e mi dicono che giorno verranno e allora il tripilamento si conclude e la Nina scrive sul calendario: Wirphol, che in ostrogoto-longobardo significa Whirlpool, che poi è la marca della lavastoviglie.

Ma naturalmente io di queste cose a Gianni e Paolo e Aldo non gliene posso parlare, perché loro sono uomini veri e Primo: capiscono cosa è successo all’elettrodomestico; Secondo: sanno benissimo dove si trovano i codici e i controcodici e Terzo: se ne strabattono perché questa è una cosa che sanno fare anche le loro mogli. Gli unici cretini patentati al mondo che tripilano se devono chiamare l’assistenza siamo io e la Nina, e d’altra parte ognuno ha il suo Karma, come direbbero quelli che sanno cos’è il Karma.

Per fortuna, a un certo punto Gianni si è accorto che io me ne stavo all’angolo del bancone a contare i bicchieri dell’acquaio ed è stato preso da un attacco di gentilezza e mi ha chiesto che cosa avevo da essere così taciturno e io gli ho detto che ero stressato e allora lui, che si vede che anche lui era un po’ stufo di parlare di calcio, ha avuto una buona idea e siamo andati di là, nella saletta del biliardo, che quel giorno il Riccardo non c’era, e abbiano acceso la televisione, perché doveva esserci un film di James Bond, uno di quelli veri, che poi era Missione Goldfinger.

Così è andata a finire che dopo un po’ è arrivato anche Paolo, perché Aldo aveva una bollata di clienti da servire, e ci siamo guardati Pussy Galore e il coreano cattivissimo con la bombetta e tutta la storia. E quando siamo arrivati alla fine io gli ho chiesto, agli altri due, se non gli era mai capitato qualcosa che avesse a che fare con lo spionaggio, e loro si sono un po’ guardati. Poi Gianni mi ha raccontato che una volta gli era capitato di portare un tale, un americano, fino a Monaco di Baviera, e che gli avevano pagato ottocento euro anticipati e gli avevano anche pagato una stanza all’albergo, per il caso che lui volesse fermarsi a riposare, prima di tornare indietro, e che lui però aveva sentito puzza di bruciato, così, subito dopo che aveva scaricato l’americano, si era preso un caffè doppio ed era subito venuto via. Poi si è girato da Paolo e gli ha detto:

– Raccontagli di quella di Milano.

E Paolo l’ha raccontata, ma in fretta, perché si vede che anche lui non ne aveva voglia, e mi ha detto di una che aveva dovuto portare a Milano e che erano arrivati ad una specie di villa nella zona di Monza che aveva un muraglione altissimo e c’erano un sacco di persone con dei vestiti che sembravano quasi delle divise e c’erano cani e però poi si è fermato e non ha detto altro e io ci sono rimasto un po’ male, perché ci speravo, che prima o poi qualche storia di spie uscisse fuori. E Paolo mi ha detto:

– Certe cose non le capiamo bene neanche noi, e ti capita di essere coinvolto e lo sai, ma cerchi soprattutto di andartene prima possibile, per evitare rischi inutili: la curiosità non è mai una buona consigliera. Se ti interessa, però, una che si è trovata presa in mezzo a un intrigo internazionale l’ho conosciuta. Era una collega che aveva caricato tre persone all’aeroporto, e le hanno chiesto di essere portati in taxi fino a Monaco di Baviera, e lei era rimasta stupita, perché a Monaco avrebbero potuto arrivarci direttamente in aereo e non si capiva perché fossero scesi qua per poi andare fin lassù, ma non ha fatto domande. Erano tre persone eleganti, mi ha detto la collega, due uomini e una donna, del tipo bruno, probabilmente mediorientale, tutti e tre giovani e piuttosto belli. Per la strada hanno parlato pochissimo, e quel poco sempre nella loro lingua, e comunque tutto andava avanti tranquillo. Il patatrac è successo dopo pochi chilometri che avevano passato la frontiera tedesca: sono arrivate tre auto della polizia e li hanno bloccati. I tre sono stati arrestati e lei stessa, sospettata di complicità, è stata trattenuta per una giornata. Poi l’hanno lasciata andare, e tutto quello che è riuscita a capire è che quei tre erano extracomunitari privi di permesso di soggiorno ma, da tutto l’insieme, lei si è convinta che si trattasse di extracomunitari particolari, probabilmente legati a qualche rete terrorista… e comunque questa è la storia di zero zero sette più bella che ho e dovrai accontentarti.

In quel momento è arrivato Aldo, che era rimasto senza clienti e allora si era appoggiato allo stipite della porta di comunicazione tra la sala del bancone e quella del biliardo e cercava un po’ di compagnia e ha buttato lì:

– Poi c’è la storia di Bargagli…

A quelle parole, gli altri due hanno sogghignato e io, invece, ho domandato:

– Perché, voi ne sapete qualcosa?

E Gianni mi ha risposto: – Guarda che, della vera storia del mostro di Bargagli, si sa quasi tutto. Lo sa la Questura, lo sanno i giornalisti e lo sappiamo perfino noi tassisti, che abbiamo la nostra rete sul territorio, solo che di nomi non se ne possono fare, perché non ci sono le prove, e poi ormai sono tutti morti. Comunque è tutta una storia legata a un lancio di soldi per i partigiani che è finito nelle mani sbagliate.

Devo dire che a me, di questo fatto che tutta la storia di Bargagli è ben nota alle persone che devono indagare, ma che non ci sono le prove, me l’hanno già detto in diversi, ma fino ad ora avevo sempre sentito parlare di un tesoro dei nazifascisti finito nelle mani di una banda di borsaneristi della carne oppure di partigiani. Questa storia del lancio di soldi per la resistenza per me è una novità, ma non sono un esperto: ve la racconto a voi, sperando che vi interessi di saperla.

Mi chiamo Bond

Qui ci sarebbero Bargagli e James Bond (ce l’hai il manifesto famoso con lui che ha pistola in mano?). Ti viene in mente qualcosa d’altro? Se no pesco qualcosa su internet e mi arrangio… Ciao! PG

C’erano Gianni e Paolo, stamattina, da Aldo, giù al Blue Avana, che è questo bar sotto casa mia, e commentavano le partite del mundialito, ma a me quella roba lì dopo un po’ mi stufa e poi ero nervoso per via che la Nina aveva tripilato per tutta la mattina.

Cosa vuol dire tripilare credo di avervelo già detto, è una parola della lingua un po’ ostrogota e un po’ longobarda della Nina, che viene dalla Lombardia più profonda, e alla fine assomiglia al nostro tribullare, che poi vuol dire agitarsi troppo. E la Nina aveva tripilato perché erano due giorni che non gliene andava una diritta.

La prima cosa era stata la lavatrice di sua madre che non so cosa aveva che non andava, e la seconda era la lavastoviglie in casa nostra e bisognava telefonare all’assistenza e lei quando deve chiamare l’assistenza tripila, perché non sei mai sicuro di chi devi chiamare e poi ti chiedono i codici e i controcodici e tu ti senti deficiente e questo lo so bene anch’io perché la Nina, quando ha raggiunto il livello massimo di tripilazione, comincia a far tripilare anche me, fino a quando io dico VABENE e la chiamata alla fine la faccio io. E naturalmente io non so neanche di cosa parlo, ma alla fine quelli di là si impietosiscono e mi dicono che giorno verranno e allora il tripilamento si conclude e la Nina scrive sul calendario: Wirphol, che in ostrogoto-longobardo significa Whirlpool, che poi è la marca della lavastoviglie.

Ma naturalmente io di queste cose a Gianni e Paolo e Aldo non gliene posso parlare, perché loro sono uomini veri e Primo: capiscono cosa è successo all’elettrodomestico; Secondo: sanno benissimo dove si trovano i codici e i controcodici e Terzo: se ne strabattono perché questa è una cosa che sanno fare anche le loro mogli. Gli unici cretini patentati al mondo che tripilano se devono chiamare l’assistenza siamo io e la Nina, e d’altra parte ognuno ha il suo Karma, come direbbero quelli che sanno cos’è il Karma.

Per fortuna, a un certo punto Gianni si è accorto che io me ne stavo all’angolo del bancone a contare i bicchieri dell’acquaio ed è stato preso da un attacco di gentilezza e mi ha chiesto che cosa avevo da essere così taciturno e io gli ho detto che ero stressato e allora lui, che si vede che anche lui era un po’ stufo di parlare di calcio, ha avuto una buona idea e siamo andati di là, nella saletta del biliardo, che quel giorno il Riccardo non c’era, e abbiano acceso la televisione, perché doveva esserci un film di James Bond, uno di quelli veri, che poi era Missione Goldfinger.

Così è andata a finire che dopo un po’ è arrivato anche Paolo, perché Aldo aveva una bollata di clienti da servire, e ci siamo guardati Pussy Galore e il coreano cattivissimo con la bombetta e tutta la storia. E quando siamo arrivati alla fine io gli ho chiesto, agli altri due, se non gli era mai capitato qualcosa che avesse a che fare con lo spionaggio, e loro si sono un po’ guardati. Poi Gianni mi ha raccontato che una volta gli era capitato di portare un tale, un americano, fino a Monaco di Baviera, e che gli avevano pagato ottocento euro anticipati e gli avevano anche pagato una stanza all’albergo, per il caso che lui volesse fermarsi a riposare, prima di tornare indietro, e che lui però aveva sentito puzza di bruciato, così, subito dopo che aveva scaricato l’americano, si era preso un caffè doppio ed era subito venuto via. Poi si è girato da Paolo e gli ha detto:

– Raccontagli di quella di Milano.

E Paolo l’ha raccontata, ma in fretta, perché si vede che anche lui non ne aveva voglia, e mi ha detto di una che aveva dovuto portare a Milano e che erano arrivati ad una specie di villa nella zona di Monza che aveva un muraglione altissimo e c’erano un sacco di persone con dei vestiti che sembravano quasi delle divise e c’erano cani e però poi si è fermato e non ha detto altro e io ci sono rimasto un po’ male, perché ci speravo, che prima o poi qualche storia di spie uscisse fuori. E Paolo mi ha detto:

– Certe cose non le capiamo bene neanche noi, e ti capita di essere coinvolto e lo sai, ma cerchi soprattutto di andartene prima possibile, per evitare rischi inutili: la curiosità non è mai una buona consigliera. Se ti interessa, però, una che si è trovata presa in mezzo a un intrigo internazionale l’ho conosciuta. Era una collega che aveva caricato tre persone all’aeroporto, e le hanno chiesto di essere portati in taxi fino a Monaco di Baviera, e lei era rimasta stupita, perché a Monaco avrebbero potuto arrivarci direttamente in aereo e non si capiva perché fossero scesi qua per poi andare fin lassù, ma non ha fatto domande. Erano tre persone eleganti, mi ha detto la collega, due uomini e una donna, del tipo bruno, probabilmente mediorientale, tutti e tre giovani e piuttosto belli. Per la strada hanno parlato pochissimo, e quel poco sempre nella loro lingua, e comunque tutto andava avanti tranquillo. Il patatrac è successo dopo pochi chilometri che avevano passato la frontiera tedesca: sono arrivate tre auto della polizia e li hanno bloccati. I tre sono stati arrestati e lei stessa, sospettata di complicità, è stata trattenuta per una giornata. Poi l’hanno lasciata andare, e tutto quello che è riuscita a capire è che quei tre erano extracomunitari privi di permesso di soggiorno ma, da tutto l’insieme, lei si è convinta che si trattasse di extracomunitari particolari, probabilmente legati a qualche rete terrorista… e comunque questa è la storia di zero zero sette più bella che ho e dovrai accontentarti.

In quel momento è arrivato Aldo, che era rimasto senza clienti e allora si era appoggiato allo stipite della porta di comunicazione tra la sala del bancone e quella del biliardo e cercava un po’ di compagnia e ha buttato lì:

– Poi c’è la storia di Bargagli…

A quelle parole, gli altri due hanno sogghignato e io, invece, ho domandato:

– Perché, voi ne sapete qualcosa?

E Gianni mi ha risposto: – Guarda che, della vera storia del mostro di Bargagli, si sa quasi tutto. Lo sa la Questura, lo sanno i giornalisti e lo sappiamo perfino noi tassisti, che abbiamo la nostra rete sul territorio, solo che di nomi non se ne possono fare, perché non ci sono le prove, e poi ormai sono tutti morti. Comunque è tutta una storia legata a un lancio di soldi per i partigiani che è finito nelle mani sbagliate.

Devo dire che a me, di questo fatto che tutta la storia di Bargagli è ben nota alle persone che devono indagare, ma che non ci sono le prove, me l’hanno già detto in diversi, ma fino ad ora avevo sempre sentito parlare di un tesoro dei nazifascisti finito nelle mani di una banda di borsaneristi della carne oppure di partigiani. Questa storia del lancio di soldi per la resistenza per me è una novità, ma non sono un esperto: ve la racconto a voi, sperando che vi interessi di saperla.

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