I racconti del Blue Avana – (22) Affidabilità
Ultima Puntata
La “Concessionari di Automobili Pubbliche – Società Cooperativa a Responsabilità limitata“, cioè la società che raggruppa buona parte dei tassisti genovesi, ha compiuto nel 2013 i cento anni di attività. Questi, che pubblicheremo a puntate, seguendo la sequenza dei capitoli del libro Blue Avana. 100 anni di taxi a Genova di Pier Guido Quartero, pubblicato con l’editore Liberodiscrivere nel 2013, sono gli episodi più curiosi e quelli più significativi narratici dai tassisti genovesi, in attività o in pensione. Dalla calda vita della Via Pré degli anni ’50 alle corse in ospedale per salvare vite umane, dagli anni di piombo ai clienti strambi, taccagni o fin troppo generosi, dai personaggi del calcio e dello spettacolo alle lotte sindacali. Il tutto narrato attraverso le chiacchiere di una combriccola di amiconi, creati ad arte dall’autore, che perdono un po’ del loro tempo al Blue Avana: un locale come non ce ne sono più…
Affidabilità
(Antropologi brasiliani e altre vicende, per concludere le nostre belle serate)
Pier Guido Quartero
Dunque, è andata così. L’altra volta è venuto a trovarmi questo amico dal Brasile, che si chiama Paolo Jardell, ma questo è il nome scritto e invece a voce si dice Paulu Jordeu, o qualcosa di molto simile. Lui è un antropologo e siamo sempre in contatto via internet, che è un bel modo per coltivare amicizie con persone lontane. Siccome deve fare un giro di conferenze nelle Università europee per presentare il suo ultimo libro sulla permanenza di alcuni riti della Macumba tra i Cangaceiros del Sertao, ha approfittato per passare da Genova, che a suo dire è, tra l’altro, un buon terreno di studio per ricerche sulle sopravvivenze di riti ancestrali nelle relazioni interne alle famiglie storiche, al ceto politico ed a quello imprenditoriale.
Ora voi non dovete pensare che uno, solo perché è antropologo e fa conferenze su argomenti un po’ astrusi, debba essere un musone asociale. Paolo, infatti, malgrado il fisico apparentemente sofferente, è persona cordiale e chiacchiera volentieri con chiunque, tant’è vero che, essendosi fermato a casa mia per qualche giorno, l’ho anche portato giù, al Blue Avana, per fargli conoscere i miei amici, e abbiamo fatto insieme quattro chiacchiere, e quando ha saputo che alcuni di loro sono dei tassisti ci ha stupito con la sua conoscenza della realtà della cultura e dello spettacolo in Italia, citando una canzone di Enzo Jannacci che non molti conoscono, il cui titolo è: “Aveva un taxi nero”(con una riga verde allo chassis).
Nella canzone si parla di una gomma bianca, molto elastica, che era stata donata al tassista dalla madre vedova e che gli viene sottratta dal fratellastro scapestrato, con conseguenze disastrose, che portano all’estinzione dell’intera famiglia. Commentando questo lavoro di Jannacci, che, malgrado i contenuti apparentemente tragici, costituisce invece una meravigliosa fonte di spasso, si era innescata una specie di gara tra noi per ricordare opere di ogni genere che facessero riferimento ai taxi e ai tassisti, e io, quando è toccato a me, ho citato lo Zibaldino, che è un libro scritto da Giovannino Guareschi, quello di Peppone e Don Camillo.
Si tratta di una raccolta di quadretti di vita familiare, dove lo scrittore emiliano racconta le proprie esperienze nel primo dopoguerra, con la solita arguzia ed ironia. In uno di questi, racconta di un viaggio in taxi in mezzo alla nebbia di Milano. A quei tempi, la nebbia di Milano era una nebbia vera, di quella che si taglia col coltello, e in diverse occasioni c’era proprio da non vedere ad un palmo dal proprio naso, con il conseguente rischio di perdersi. Nel racconto, Guareschi sale sul taxi alla stazione, di ritorno da un’altra città, e dà l’indirizzo di casa, ringraziando il cielo per aver avuto la fortuna di trovare qualcuno che sia in grado di riportarlo dai suoi familiari. Durante il viaggio, chiacchiera con l’autista, commentando insieme a lui la particolare abilità, quasi un sesto senso, che deve possedere un tassista per essere in grado di orientarsi in una metropoli come Milano in condizioni proibitive come quelle in cui i due si trovano in quel momento.
Giunto a destinazione, lo scrittore ricompensa generosamente l’uomo che lo ha condotto alla meta con tanta sicurezza, offrendogli una lauta mancia, poi, quando il taxi si è allontanato, si siede sui gradini esterni della casa, in attesa che il tempo cambi: l’autista infatti lo ha condotto dalla parte della città opposta a quella in cui aveva chiesto di essere portato.
Mentre terminavo il mio racconto, Aldo e Gianni, toccati nell’onore della categoria, mi guardavano con l’aria di chi ha patito il peggiore tradimento, così ho subito dovuto precisare che comunque, alla fine, è sempre più consigliabile fidarsi del senso della strada dei tassisti, come dimostra la storia dei matrimoni nella famiglia di mio fratello.
– Cosa c’entra tuo fratello adesso? – Mi ha chiesto Aldo, che mostrava apertamente di aver perso ogni fiducia in me.
– C’entra in questo senso – gli ho risposto io, cercando di rabbonirlo – che, quando si è sposato, tanti anni fa, ha celebrato il matrimonio nella chiesa di Framura, però ha fissato la sala per il festeggiamento a Levanto. Naturalmente, tutti gli invitati si sono sobbarcati volentieri il trasferimento da un paese all’altro, ma c’è stato un problema: chi guidava l’auto della sposa ha sbagliato strada, così abbiamo dovuto stare delle ore ad aspettare che mia cognata arrivasse per poter cominciare a mangiare. Questo per dire che c’è anche chi riesce a perdersi tra Framura e Levanto in una giornata di sole. Ma non è tutto…
– Ora non è il caso che ci fai l’elenco di tutte le belinate alla guida della tua famiglia, solo per scusarti di aver parlato male dei tassisti – ha insinuato Gianni, che aveva mangiato la foglia, ma io ho ripreso:
– Se dovessi raccontarti di tutte le volte che sono andato a Torino mentre ero diretto ad Aosta, finiremmo domani, ma questa dei matrimoni nella famiglia di mio fratello mi sembra carina da dire, anche senza bisogno di ottenere il vostro perdono. E’ la coincidenza che è notevole: mio nipote, cioè il figlio di mio fratello, si è sposato non molto tempo fa, ed anche a lui è successo che l’auto della promessa sposa, che doveva arrivare a Bogliasco da Pegli, all’altezza di Bolzaneto abbia sbagliato percorso, dirigendosi così verso Busalla! Sarete d’accordo con me che è proprio una combinazione interessante, che tanto la suocera quanto la nuora siano finite sul percorso sbagliato proprio nel giorno del matrimonio…
A questo punto è intervenuto Paolo Jardell, il quale parla un ottimo italiano con un accento brasileiro che lo fa sembrare un po’ genovese:
– Giù al mio paese, il sistema del trasporto pubblico è molto diverso dal vostro, e ci sono un sacco di taxi a prezzi molto bassi, che quindi io prendo normalmente, quando devo spostarmi, e posso dirvi che, in termini di affidabilità, si incontrano i personaggi più diversi e anche coloriti. Ad esempio, a Rio de Janeiro mi è capitato uno che voleva assolutamente vendermi una tomba. Mi aveva preso all’aeroporto, perché venivo da Bahia, e voleva convincermi che l’acquisto di un luogo per la sepoltura sarebbe stata una buona garanzia, per l’eventualità che mi fosse accaduto qualcosa durante il soggiorno. Mi magnificava il fatto che il posto era all’interno di un cimitero privato, fornito di tutti i servizi, compreso il ricambio dei fiori e dei lumini. Sono riuscito a liberarmene solo dicendogli che avevo un’assicurazione, per il caso di decesso nel corso del viaggio, che prevedeva il trasporto della salma fino alla città di residenza e la copertura delle spese di funerale e di inumazione.
– Vedo che non sei superstizioso, complimenti! – Ha osservato Aldo, toccandosi significativamente le parti basse.
Jardell ha stirato le labbra nel suo sorriso un po’ sofferto e ha ripreso:
– Comunque, se devo dare a qualcuno la palma dell’affidabilità e della cortesia, devo darla a quell’altro tassista che mi aveva caricato a Brasilia e mi aveva portato fino all’albergo, che era un bel po’ fuori città. Bene. Quando fui nella mia stanza, mi resi conto che avevo perso gli occhiali, che probabilmente mi erano scivolati fuori dal taschino mentre facevo la mie manovre sul taxi. Potete capire che quella perdita era per me un bel problema, visto che ero lì per una delle mie solite conferenze, per le quali devo tenere sotto controllo gli appunti e tutta la documentazione allegata. Ebbene. La mattina dopo, quando scesi nella hall dell’albergo, l’assistente della reception mi fece segno e, con mia grande sorpresa e sollievo, mi riconsegnò i miei occhiali. Il tassista, accortosi di averli in macchina, aveva rifatto tutto il percorso fino all’hotel per restituirmeli, e non si era neanche fermato per la mancia o i ringraziamenti.
A quel punto, Aldo si è alzato in piedi: – Grazie per il tuo racconto, Jardell. Ora, per festeggiare degnamente il tutto, propongo di farci una bella Caipirina.
Naturalmente, poi è toccato a me di pagare il conto.
FINE DELLA STORIA?
Cari amici, con queste poche righe arriviamo in fondo alla nostra raccolta di storie dei tassisti genovesi. Ora chi vi parla non è più Peo Traverso, ma Pier Guido Quartero, che ha messo insieme i ricordi di alcuni dei soci della Cooperativa per poi cercare di raccontarveli con l’aggiunta di un po’ di indispensabile condimento.
Proprio su questo vorrei essere chiaro. Avrete notato che la struttura dei racconti è sempre uguale: si comincia con qualche avvenimento nella vita di Peo Traverso e dei suoi compari, quasi sempre nel bar sotto casa, ma talvolta anche da altre parti, e poi si finisce con qualche reminiscenza degli amici del narratore, che sono o sono stati autisti di piazza.
Quello che ci tengo a precisare è che i personaggi sono tutti inventati e anche le esperienze di Peo e dei suoi compagni mentre sono al Blue Avana sono in buona parte frutto di invenzione ed hanno scarsissima attinenza con la realtà. Invece, i racconti che, nella seconda parte dei singoli capitoli, vengono narrati da Paolo, Gianni e Aldo, e da tutti gli altri corrispondono a storie che mi sono state raccontate dai tassisti che ho avuto modo di incontrare.
Le aggiunte che sono state fatte nella narrazione di questi episodi di vita reale hanno il solo scopo di dare un tocco di colore in più alla scena, senza modificare la struttura dell’evento narrato. In alcuni casi, invece, taluni aspetti della storia e soprattutto qualche informazione possono essere stati velati allo scopo di garantire la privacy delle persone coinvolte, sedunque, direbbe Peo, si correrebbe il rischio di dare inutilmente fastidio a qualcuno e, a questo proposito, prima di lasciarvi, ci tengo a riproporvi una considerazione che mi fa spesso l’amico Pietro Morello, professore abilitato in lettere, anche se esercita un altro mestiere.
Pietro mi fa osservare che, in genovese, si risolve il problema del periodo ipotetico, che è uno dei tormenti degli studenti di latino, con due semplici parole. Infatti, il periodo ipotetico del primo tipo, che è quello della certezza, si risolve col sedunque: non perdere tempo e studia, sedunque ti bocciano. Il periodo ipotetico del secondo tipo, che è quello del dubbio, si risolve con il maniman: studia di più, che maniman ti bocciano. Poi c’è il terzo tipo, che è quello dell’irrealtà: se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata un carretto: per questo il genovese non ha soluzioni, perché le ipotesi nel campo dell’irrealtà per i veri genovesi sono irrilevanti.
Non chiedetemi perché vi ho raccontato questa cosina, perché non lo so nemmeno io, anzi: forse lo so. La questione è che ci ho preso gusto a raccontarvi delle storie e mi dispiace fermarmi qui ma, cari amici, prima o poi bisogna decidersi a scrivere la parola