di Antonio Marani

Caro Antonello, è da un bel po’ di tempo che ti seguiamo nelle tue partecipazioni ai concorsi di poesie con risultati meritevoli e crescenti. A chi pensi ora di dedicare questo significativo premio?
-“Dedico questo premio alle mie terre: Carloforte dove sono nato e cresciuto, Pegli che mi ha adottato e dove è nata mia moglie, Calasetta paese natale di mia madre, terre della storia e della cultura tabarchina.”

La II edizione del Premio Letterario Nazionale “A vuxe di Câdesédda. In ricordo di Bruno Rombi” indetto dall’Associazione Culturale ContraMilonga e gli eredi Rombi, con il patrocinio del Comune di Calasetta, della Regione Autonoma della Sardegna e della Fondazione di Sardegna, martedi 2 agosto, ha dunque dichiarato i suoi vincitori, tra essi Antonello Rivano, redattore capo del PONENTINO e membro del Circolo Culturale Norberto Sopranzi di Genova Pegli che si è anche piazzato terzo, pari merito, nella sezione Poesia in italiano.


La premiazione è avvenuta durante una serata inserita nell’importante kermesse culturale di Liberevento.
Sotto la Torre Sabauda, monumento storico simbolo di Calasetta, alla presenza di un nutrito pubblico, Giuliano Marongiu ha condotto una cerimonia di premiazione fatta di cultura ed emozioni, immersa nel fresco del maestrale, nella voce della cantante Federica Urracci , le “launeddas” del maestro Roberto Tangianu e le letture delle opere vincitrici a cura dell’attrice Manuela Perria.
Antonello ha ricevuto il premio dalle mani di Natalia Rombi, figlia di Bruno e ha letto lui stesso la poesia in tabarchino.

Giuliano Marongiu con Natalia Rombi Foto Liberevento


Rivano non è nuovo a certi eventi. Nel 2018 ha ricevuto il Premio Speciale della giuria al Premio Internazionale Letterario “CARLO BO – GIOVANNI DESCALZO” CITTA’ DI SESTRI LEVANTE, con la seguente motivazione: Con la sua vena poetica contribuisce a tenere viva la lingua tabarchina.”
Sempre per il prestigioso premio del levante genovese ha conseguito un secondo posto nel 2019 e un primo posto pari merito nel 2021 per la sezione “Poesie nelle parlate liguri”.

Lo scorso anno alla prima edizione del  premio nazionale  di Calasetta sì è invece classificato primo nella “sezione poesie in italiano” e ha ottenuto una menzione speciale per la sezione “poesie in tabarchino

Recentemente una sua poesia in tabarchino è stata letta durante il Giorno dell’emigrante Italiano in Argentina, a Punta Alta (Buenos Aires)

la conservazione e la divulgazione della lingua tabarchina è una priorità se si vuole tenere viva quella forma unica e straordinaria di cultura che è la “tabarchinità – ha dichiarato Rivano – inoltre, se vogliamo che la lingua tabarchina venga riconosciuta lingua minoritaria a tutti gli effetti c’è più che mai bisogno di gente che, oltre a parlarla, la scriva anche”.

La poesia che ha vinto è quasi un inno alla semplicità di una volta, un affresco pennellato che ci mostra un’istantanea della vita dei carruggi, e non importa se sono quelli di Carloforte, di Calasetta o della Pegli di una volta. Rivano non ci dice dove ci troviamo ma lascia a ognuno di noi la possibilità di collocare quei ricordi che, inevitabilmente, faremo nostri
A Calasetta quest’anno ho partecipato con la poesia “inte l’àixia da sàia” (nella brezza della sera) che racconta una scena di vita dei carruggi legata ai miei ricordi e che ho potuto vivere sia a Carloforte che a Calasetta, dove a volte con mamma andavamo in visita a dei parenti,  negli anni sessanta, ma che probabilmente in quei tempi molti hanno vissuto anche a Pegli ci racconta AntonelloSo che è che un sogno, ma un poeta deve necessariamente credere ai sogni e farli suoi: sarebbe bello poter ritornare a quei tempi, riscoprire quegli odori e quella semplicità.
Ho voluto dedicare questo premio alle terre che amo, Pegli, Carloforte e Calasetta, perché entri a far parte delle cose che le legano e che legano me a loro” .
Antonello Rivano ha da poco pubblicato la raccolta di poesie “ITACA. Viaggio tra i paesaggi dell’anima. Poesie sull’amore e altre cose” (Polis SA Edioni, giugno 2022). Sono tutte in italiano ma tante parlano delle “sue” terre e delle sue “radici”.
(Foto di copertina di Giovanna Mastrobuoni)

INTE L’AIXÌA DA SÀIA

L’è sàia, ‘na sàia d’aùstu,
u codu u l’ha lasciàu u póstu à ‘n’aixiétta frésca.
U caruggiu u repigge vitta, dóppu che u sù
u l’ha brüxàu anche l’òia.

Odù de mò ch’u végne dâ màina,
prufümmi da seña apeña cunsümò.
Vuxi che ìmpan u silensiu de stradde,
gente in sciâ pórta de cà.

Anche niotri figiö ancö puémmu stò
à gôdise l’aixìa da sàia.

E mi staggu lì, au següu,
inte brasse da mamma,
fiña che quarchedün
u nu m’adésce
dai sögni di mé ricórdi.

NELLA BREZZA DELLA SERA

E’ sera, una sera d’agosto,
il caldo ha lasciato il posto ad una brezzolina leggera.
Il vicolo riprende vita, dopo che il sole
ha bruciato anche l’aria.

Odore di mare che viene dalla marina,
profumi di cena appena consumata.
Voci che riempiono il silenzio delle strade,
gente sulla porta di casa.

Anche noi altri bambini possiamo stare
a goderci l’aria della sera.

Ed io sto li, al sicuro,
nelle braccia della mamma,
finché qualcuno
non mi sveglia
dai sogni dei miei ricordi.

Antonio Marani

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