A Sampierdarena, in doveroso riconoscimento, è stata intitolata una strada, o meglio un ponte, ad una prestigiosa figura di studioso ed accademico genovese, il prof. Giovanni Rebora (1932 – 2007)
Di Massimo Bramante
Coloro che hanno avuto la fortuna – come chi scrive questa nota – di conoscere l’illustre docente di Storia economica nella nostra Università, prima ancora che restare affascinati dalla profondità della sua ampia cultura e competenza, rimanevano spesso imbarazzati dalla sua umiltà, ironia, costante disponibilità al dialogo e al confronto delle idee. Non era raro sentirlo usare il dialetto, mentre affrontava con estremo rigore scientifico temi e problematiche in allora molto, molto “distanti” dai tradizionali corsi di studio in Storia economica: quali l’importanza del cibo per comprendere le intricate vicende della popolazione ligure, le guerre, l’evoluzione delle economie locali.
Come ha scritto Claudio Paglieri in un commosso articolo apparso su un diffuso quotidiano locale, Giovanni Rebora era in grado di “demolire luoghi comuni e credenze fasulle, sorridere delle versioni scritte dai vincitori, raccontare di come davvero viveva la gente, e sempre appoggiarsi ai documenti, alla logica e all’esperienza”.
Nel corso di un’ intervista che io stesso ebbi occasione di fargli più di trentanni fa (“Coprogetto”, anno IV, n.1-5, 1988) il prof. Rebora (che in allora oltre che docente di Storia economica era Direttore dell’Istituto di Storia moderna della Facoltà di Lettere dell’Ateneo genovese), ad una mia domanda sulla vita del popolo nella Genova medievale, rispondeva testualmente : “A Genova, almeno fino al Trecento, vi era una discreta attenzione per l’igiene, la pulizia personale. Lo testimoniano i molti “bagni” presenti all’interno della cerchia delle mura cittadine (Vigne, San Donato, etc.). Il giovane che “va a bottega” ha l’obbligo di lavarsi i capelli, fare il bagno almeno una volta alla settimana. L’immagine di un Medioevo “sudicio” è, almeno per quanto riguarda Genova, del tutto irreale…”.
Sì, Giovanni Rebora era così. Con un rigore scientifico che poggiava su ricerca delle fonti accuratissima e studio minuzioso dei documenti, scevro da pericolosi e fuorvianti pregiudizi ideologici, Rebora sapeva affrontare la Storia da angoli di osservazione in allora inusuali: il cibo, l’igiene, la struttura delle abitazioni, il quotidiano della povera gente…
Gli studi di Giovanni Rebora sull’alimentazione , la cucina, le tradizioni gastronomiche liguri ed in particolare del ponente genovese sono stati numerosi e di grande spessore scientifico. Ricordiamone qui due su tutti: “La civiltà della forchetta” (Laterza, 2001),tradotta in più lingue; “La cucina medievale italiana tra Oriente e Occidente” (in Miscellanea Storica Ligure, n.12 /1987).
Vale oggi la pena ricordare un “gustoso” aneddoto raccolto da Giorgio Cretì (rintracciabile su web: “Un ciottolo per Giovanni Rebora”) riguardante il noto piatto della nostra terra chiamato “prebuggiùn”. Rebora raccontava che quando era un ragazzino “A Sestri Ponente, nel giorno di Sant’Alberto, i bambini andavano di casa in casa a chiedere un contributo per il prebuggiùn. Le famiglie visitate offrivano ai bambini una o due manciate di pasta secca, ciascuna famiglia offriva ciò che aveva e così alla fine della raccolta ci si trovava con un insieme eterogeneo di forme di pasta, dalle conchiglie agli spaghetti, dalle penne ai maccheroni di Natale, eccetera. Questo era il prebuggiùn di Sant’Alberto e veniva cotto tutto insieme in grandi pentoloni e poi servito alla sera della festa sotto forma di pastasciutta…”.
Questo era il prof. Rebora, cultore del passato, ironico, fustigatore dell’approssimazione negli studi storici, innovativo al massimo grado nel suo approccio alla Storia dell’alimentazione sia della sua Genova, che così bene conosceva, quanto dell’intero mondo occidentale. Era uno storico che – come si legge in una nota scritta da Massimo Angelini in occasione dei dieci anni dalla scomparsa del professore – “mandava a braccetto Storia e forchetta…e nel contempo faceva emergere sotto le ideologie l’economia quotidiana e i bisogni della gente comune”.
Per chi ha avuto la fortuna di incontrarlo ed ascoltarne la magistrale lezione, come per chi è “venuto” dopo e non ha potuto giovarsi di questo privilegio, è bello sapere che oggi, nella Sampierdarena da lui così tanto amata, tra via G.B. Monti e Corso Magellano, si attraversa un ponte che porta il suo nome: un doveroso omaggio di Sampierdarena e di tutta la città a “O Profesô”.
Massimo Bramante
Massimo Bramante– Laureato con pieni voti et laude in Economia e Commercio (indirizzo economico-sociale) presso Università Studi di Genova. Ha lavorato presso Istituto di credito e svolto Corsi di formazione nazionali su Economia e Sociologia del lavoro. E’ stato giornalista pubblicista nel settore economico-finanziario. Ha collaborato in qualità di “cultore della materia” e membro di commissione d’esame presso le cattedre di Economia Internazionale ed Economia dell’integrazione europea presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Studi di Genova. E’ stato relatore ed ha coordinato seminari ed incontri di studio su temi di “Etica finanziaria” e “Nuove economie”