LA FORMA DELLA FELICITA’ – 9.Villa Speranza
Dal 1790 ai giorni nostri, le storie parallele di due famiglie separate dal destino. Un naufragio e un delitto daranno vita a un cerchio che si chiuderà solo dopo tanti anni e molte vite.
Una linea sottile traccia il confine tra sogno e realtà, mentre un filo invisibile lega due terre: Carloforte e Pegli. Il Romanzo a puntate tratto dal libro “La forma della felicità” di Antonello Rivano
9.Villa Speranza
Antonello Rivano
Carloforte 1900
–Bene signor Antinori, ora che abbiamo finito di ristrutturare la casa e siamo finalmente produttivi, sia con il vigneto sia con l’uliveto, credo sia arrivato il tempo di assegnare un nome al tutto, del resto una tenuta come questa ha bisogno di una sua identità-Carlo ha da sempre seguito i consigli di Luigi, l’anziano bracciante che gli dà una mano a mandare avanti la proprietà. L’uomo è una persona esperta in tutto quanto riguarda la terra; da lui ha imparato i segreti della coltivazione insieme all’amore e al rispetto per la terra. Ha una grande considerazione per quel signore che, pur lavorando sodo, dimostra una cultura non certo comune tra la gente del suo livello sociale. Il suo modo di esprimersi, il suo portamento e le sue deduzioni fanno pensare che abbia alle spalle un passato ben diverso dal presente.
Il padre di Carlo, Antonio, ha dovuto lasciare da qualche tempo le redini della tenuta al figlio, dopo anni dedicati alla coltivazione del pezzo di terra appartenuto a Pietro.
Per lui, però, la terra non era un lavoro a tempo pieno: la sua attività principale era legata al mare: Comandante, o meglio padrone marittimo, sulle bilancelle che facevano la spola tra Carloforte e i porti minerari del sud ovest sardo. Le barche da carico trasportavano il minerale al porto di Carloforte, dove era immagazzinato in attesa delle navi che lo avrebbero trasportato verso le varie destinazioni. Una paresi, dovuta a un ictus, lo aveva costretto, non ancora cinquantenne, a una vita da infermo. La moglie di Antonio aveva dovuto dedicare tutta sé stessa all’assistenza del marito. Carlo aveva cosi dovuto badare a tutto quanto. La sua decisione di acquisire un pezzo di terreno attiguo al suo, e la volontà di fare di una passione un mestiere, aveva incontrato non pochi ostacoli da parte dei genitori. Loro avrebbero voluto un destino diverso per il loro figlio, un lavoro più nobile, non legato alle bizze del tempo. Il giovane era però ostinato, la sua volontà e determinazione ebbero presto il sopravento, moglie e marito dovettero cedere alla sua scelta. Spesso la sola volontà non basta per portare avanti un’idea: a Carlo mancava l’esperienza, il padre gli aveva insegnato quanto appreso sul campo ma non bastava. I tentativi di coltivare nuove varietà di vite avevano dato risultati negativi, gli ulivi non ne volevano sapere di dare un soddisfacente raccolto. Lo sconforto stava prendendo il sopravvento.
Luigi fece la sua comparsa un giorno di dicembre, quasi sotto Natale, Carlo diceva che era stato un magnifico regalo. Aveva saputo che gli Antinori cercavano qualcuno che facesse da tuttofare: lavori agricoli, muratura ecc… Lui si era da poco trasferito sull’isola, veniva da un paesino del basso Piemonte, in cambio di vitto e alloggio era pronto a fare qualsiasi fatica. Sin dall’inizio la sua presenza cambiò radicalmente le cose, si mise a innestare viti e ulivi che, sotto le sue mani esperte iniziarono a dare finalmente i sospirati risultati. Mise mano alla manutenzione muraria della casa, riparando e ricostruendo quanto gli anni, e l’incuria, avevano rovinato. Nel frattempo Carlo aveva conosciuto e sposato una giovane della vicina isola, una ragazza di Calasetta, il paese che con Carloforte ha in comune storia e dialetto: il Genovese. Rosa aveva condiviso con Carlo la passione per la terra, figlia di un piccolo agricoltore, non aveva avuto difficoltà a rimboccarsi le maniche per dare una mano al marito, dimostrando di avere un carattere forte, testarda e decisionista. Tutto questo diede un’ulteriore spinta a Carlo che, grazie all’aiuto di Luigi, mise mano alla ristrutturazione e all’ampliamento della casa.
-Speranza, la chiameremo Villa Speranza. Era il nome della barca che naufragò non lontano dell’isola. Su quella barca vi erano mia nonna Iolanda, suo fratello, suo padre e Pietro, quello che le ha lasciato questa terra in eredità. Solo la nonna si salvò. Ero piccolo quando mi raccontava queste storie ma ricordo ogni cosa, anche se spesso usava parole difficili da capire per un bambino. Dando questo nome alla proprietà significa riconoscere che quel viaggio non è stato vano: tutto quello che abbiamo lo dobbiamo a loro.
Luigi è rimasto ad ascoltare silenzioso, sembra assorto in pensieri lontani.
-È un bel nome: Villa Speranza. Anch’io sono venuto a Carloforte per un nuovo inizio. Quest’isola ha qualcosa di magico, nei suoi silenzi si può dimenticare, togliersi di dosso pesanti fardelli.- Sembra quasi parlare a sé stesso l’anziano aiutante.
– Un’isola, ogni uomo dovrebbe avere un’isola cui tornare, un posto in cui sentirsi in pace con se stesso, dove riporre i suoi segreti e i suoi dolori, ricordare le gioie e dare un senso all’ultimo suo viaggio. Nonna diceva che erano parole di Pietro.
– Signor Antinori, non sa quanto possano essere vere queste parole.
Carlo vorrebbe replicare, dare modo a Luigi di dire altro, forse è il momento di sapere qualcosa del suo passato.
– Carlo, Luigi venite il pranzo è pronto- la voce di Rosa, un richiamo al quale non si può disobbedire, sia per la fame, che sta iniziando a farsi sentire, sia per il tono. La conversazione viene interrotta, è il momento di rientrare a casa. Carlo pensa che forse sia meglio così, del resto cosa diceva Pietro? <<Riporre i suoi segreti e i suoi dolori.>>
Qualunque cosa Luigi abbia deciso di riporre, è giusto che resti lì, nella memoria dell’isola.
– Devo fare una targa con la frase di Pietro, la metteremo su una pietra, qua sotto l’albero di fico.
– Ci penso io domani– Luigi sorride sollevato, è grato a Rosa e al suo pranzo. Ci sono dolori e segreti che è meglio non condividere.
[Continua…]
La prossima settima: Capitolo 10.Una strana scritta
I testi tratti dal romanzo di Antonello Rivano “La forma della felicità” (ilmiolibro.it, 2018) pubblicati sul Ponentino possono non corrispondere totalmente con quelli del libro e sono frutto di una rielaborazione dello stesso autore.
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La copertina originale dell’opera è del pittore carlofortino Salvatore Rombi
Antonello Rivano
Redattore Capo ilponentino.it
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