Dal 1790 ai giorni nostri, le storie parallele di due famiglie separate dal destino. Un naufragio e un delitto daranno vita a un cerchio che si chiuderà solo dopo tanti anni e molte vite.
Una linea sottile traccia il confine tra sogno e realtà, mentre un filo invisibile lega due terre: Carloforte e Pegli. Il Romanzo a puntate tratto dal libro “La forma della felicità” di Antonello Rivano
10.Una strana scritta
Antonello Rivano
Pegli 1900
<<Coraggio Caterina, ora è il momento di reagire.>> È il primo pensiero appena terminata la funzione funebre. Caterina Baldi sa che ora dovrà affrontare la vita da sola. L’unico parente rimastole, il fratello Gerolamo, ha rotto ogni legame con lei e il padre.
Caterina è figlia di secondo letto e al primogenito non è mai andato giù che il padre si sia risposato, secondo lui, troppo presto dopo la morte della madre. lino Baldi aveva da qualche tempo messo nelle mani del figlio l’azienda di famiglia: un grave errore. Gerolamo ha fatto in modo di estromettere la sorella dagli affari, usando ogni mezzo perché questa non potesse avere nessuna pretesa legale.
A Caterina è rimasta solo la casa in Val Varenna, i pochi soldi rimasti al padre sono finiti durante il lungo periodo della sua malattia.
-Se vuoi, ora puoi venire a lavorare all’osteria- le ha detto il nonno il giorno della morte del padre.
Il locale si trova sul lungomare di Pegli, Caterina aveva più volte chiesto al nonno di poterci lavorare ma la risposta era stata sempre negativa. L’ostacolo era proprio Lino Baldi: l’anziano oste incolpava il genero della morte della figlia, avvenuta a causa di una caduta mentre tornava a casa. La donna era scivolata sul lastricato bagnato dalla recente pioggia. Un incidente da nulla se non avesse battuto la testa sul selciato, la morte era stata istantanea, in braccio aveva Caterina. Quel giorno Lino Baldi si trovava negli uffici di Genova per chiarire alcune cose con il figlio. La sua colpa, secondo il nonno di Caterina, era di essere voluto andare a vivere in quella casa, una casa segnata dal sangue. Con la morte di Lino, ora cadeva anche il veto per Caterina di lavorare con suo nonno.
-Lascia quell’abitazione maledetta, vieni a vivere da me.
-No nonno, sono solo stupide superstizioni, papà ha fatto tanto per ristrutturala, mi sembrerebbe di tradirlo.- La risposta di Caterina non ammetteva repliche.
Immersa in mille pensieri è arrivata a casa, quella che il nonno accusa di generare dolore per chi l’abita. Si dice che anche le cose hanno memoria, forse quella dimora porta in sé il ricordo di un dolore infinito: le vite recise con inaudita e incomprensibile violenza. Caterina pensa alla scritta trovata al momento del restauro: era incisa sull’intonaco, sotto un quadro con una stampa che raffigurava due ragazzi che si baciavano, si leggeva solo una parte, il tempo e l’umidità avevano reso illeggibile il resto “ C e i e i a i e a C o o te”.
Chissà chi l’aveva scritta e cosa volesse dire. Lei aveva ricamato con la fantasia sul significato di quelle parole, forse un segreto che non poteva essere confessato, qualcosa che andava ricordato ed era stato scritto per non dimenticarlo. Non può sapere che quelle parole furono incise da una ragazza che si chiamava come lei, una notte di tanti anni fa. Fantasticando sull’immagine dei due innamorati che si baciavano, aveva scritto sul muro il suo sogno: ”Caterina e Nicola insieme a Carloforte”.
[Continua…]
La prossima settima: Capitolo 11.L’abbandono
I testi tratti dal romanzo di Antonello Rivano “La forma della felicità” (ilmiolibro.it, 2018) pubblicati sul Ponentino possono non corrispondere totalmente con quelli del libro e sono frutto di una rielaborazione dello stesso autore.
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La copertina originale dell’opera è del pittore carlofortino Salvatore Rombi
Antonello Rivano
Redattore Capo ilponentino.it
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