Gatti e Misfatti- 1)La Vicina
-GATTI E MISFATTI-
Racconto a puntate di Pier Guido Quartero
INTROITO
Condominio: basta la parola. Assemblee snervanti, conflitti di caratteri che si trasformano in querelles permanenti, dinamiche di gruppo che meriterebbero tomi di studi sociologici. E poi, immagini di fondi di palazzi alla luce fioca delle lampade al neon, di giardinetti e cortili spesso maltenuti…
Il condominio è luogo, fisico e psicologico, in cui si possono intrecciare le storie più diverse; storie per lo più banali, ma qualche volta ci scappa il morto…
LA VICINA
Il sole di mezzogiorno era micidiale. Peo si infilò veloce nel portone spalancato, con un senso di sollievo. L’ombra del vano di entrata del vecchio palazzo gli ridiede un po’ di fiato: quel giugno era più caldo della media, si disse; forse per Genova si stava preparando un’altra estate di siccità…
L’ascensore lo trasportò fino al penultimo piano, da dove partiva l’ultima rampa di scale, che lo avrebbe portato al suo appartamento. Sul pianerottolo c’era Ada, che stava salutando un nero gigantesco -probabilmente un senegalese, pensò Peo- vestito con stoffe sgargianti.
-Ciao- gli sorrise lei, mentre il gigante nero si infilava nell’ascensore dopo un ultimo cenno di saluto –hai voglia di prendere un aperitivo? Alberto mi ha portato l’absenthyne…
Un aperitivo a base di assenzio era quel che ci voleva per tagliare le gambe a chiunque, ma l’idea di un bicchiere ben ghiacciato era tentatrice. Accettò.
La donna si era installata nel palazzo da qualche mese, ed aveva subito attirato l’attenzione di Peo per via di certi atteggiamenti abbastanza inusuali, che avevano immediatamente destato in lui curiosità e simpatia.
Avevano fatto presto a fare amicizia, e lei gli aveva raccontato con molta semplicità di una vita originale, condotta nel mondo dell’arte e della cultura. Era specializzata, a quanto gli sembrava di aver capito, nella produzione di copie certificate di opere di pittura, ma si era dedicata anche a performances teatrali ed aveva pubblicato insieme al marito una rivista culturale di una certa notorietà.
Entrato nell’appartamentino dell’amica, Peo si tolse subito la giacca. La casa era, come sempre, in condizioni di pittoresco disordine. Lei aveva una vera mania per la conservazione dei documenti e degli oggetti che documentavano la sua storia professionale, tanto da aver invaso tutte le stanze, compresa la cucina, con libri, classificatori, cassette, quadri, raccolte fotografiche e altro materiale eterogeneo. Anche per questo motivo, Ada aveva finito per cercare spazio fuori dall’appartamento, sul pianerottolo, dove aveva sistemato due belle piante; ci teneva anche la borsa da viaggio, sempre pronta per spostamenti qua e là per l’Italia, lungo la rete di contatti che aveva conservato nel mondo dell’arte.
La donna, quel giorno, indossava una specie di gellaba, a strisce verticali bianche e blu, che ne accentuava la statura. Era all’incirca dell’età di Peo: una sessantenne alta e forte. Il viso, marcato da linee decise, tradiva l’origine napoletana. I capelli spessi e scuri erano raccolti dietro la nuca da un laccio colorato.
Ora andava trafficando avanti e indietro tra la cucina e il soggiorno, portando ghiaccio, bicchieri e bottiglie, mentre raccontava gli ultimi eventi.
-Mi hanno chiesto di scrivere un pezzo su quando stavamo a Ranzo, solo che non ne ho tanta voglia. Sai che non uso il computer per scrivere, e tutte le volte che rileggo quello che ho steso mi viene voglia di correggere, di aggiungere… e mi tocca ribattere tutto a macchina: una fatica di Sisifo…
-Era quel periodo in cui stampavate la rivista…
-Già. In quegli anni si erano raccolti a Ranzo diversi operatori culturali. Organizzavamo mostre e spettacoli. C’erano molti altri centri come quello, lungo tutto l’arco mediterraneo, fino a Barcellona. Scambiavamo esperienze… Un periodo molto fecondo…
-Me la racconti di nuovo quella teoria di tuo marito…
-Uh!! L’immanenza palindromica… La rivista si chiamava NUN, che è una parola greca che significa adesso, ora. E che è, appunto, un palindromo, nel senso che non cambia da quale parte tu la legga, esattamente come il mio nome, Ada, e come quello di mio figlio Anuna.
-Beh, immagino che la palindromicità del tuo nome sia dovuta al caso, mentre a tuo figlio il nome glielo avete proprio studiato apposta… immagino come sarà contento… già a me dà fastidio chiamarmi Pierandrea, perché mi sembra strano…
-Veramente lo ha sempre portato con sicurezza. Lo abbiamo costruito sul simbolo della concezione filosofica di Antonio, mio marito: NUN preceduto e seguito dalla radice dei genitori –A-. Non ne abbiamo mai parlato, ma suppongo che a Antonio desse un po’ fastidio l’idea di essere l’unico in famiglia ad avere un nome che si poteva leggere in un senso solo…
-Santo cielo!! Ma stavate a Ranzo o nella redazione della Settimana Enigmistica?
Ada lo guardò con sospetto. Aveva un discreto senso dell’umorismo, ma su certe cose non transigeva.
-Guarda che noi non facevamo giochini. Quella era ricerca pura nel campo dell’espressione, e ha dato i suoi frutti. Tutto il linguaggio che usa oggi deriva dal lavoro che allora abbiamo fatto noi e tanti altri come noi… Hai presente il taglio della comunicazione negli anni sessanta? Non mi dirai che ti piaceva più di quello che c’è oggi?
Peo annuì, con un sorriso.
-Hai ragione; ogni rivoluzione ha i suoi apostoli, che devono identificarsi con l’idea. Io però, davanti a certe manifestazioni estreme tendo sempre ad avere una reazione critica. Probabilmente dipende dal mio carattere: sono un tipo piuttosto piatto…
-Tanto piatto non direi- osservò conclusivamente Ada, con un’occhiata significativa al ventre dell’ospite.
-Due a zero per te!! Anzi, mi fai venire in mente che è ora di mettere un po’ di cibo sotto i denti. Tra l’altro il tuo assenzio mi ha dato una bella botta in testa: sarà proprio meglio che mangi qualcosa. Alberto ha portato anche dei generi commestibili?
Alberto era un frequentatore abituale di Ada. Oltre a rifornirla di assenzio, le portava strani sigari contorti e altre specialità inusuali. Soprattutto, era un esperto di film. Trascorrevano ore, sorseggiando il liquore verdognolo, a percorrere la storia della cinematografia, ricollegandola alle opere letterarie cui le diverse pellicole erano ispirate. Quando il liquore era finito, passavano al marsala, con effetti onirici non trascurabili…
-Al momento tutto ciò di cui dispongo è un avanzo di torta di mele col cumino… ma forse ne ho messo un po’ troppo…
Ada amava speziare i propri piatti, e infilava il cumino dappertutto. Qualche volta però le scappava la mano e i risultati, in questi casi, erano abbastanza discutibili.
-Lasciamo perdere- disse Peo alzandosi –Uno di questi giorni, però, dovresti farmi la tua famosa polenta con le cime di rapa. Io, in cambio, potrei proporti subito un fritto di pesce. Ho su un po’ di acciughe, due calamari e delle triglie. Vieni?
Ada non se lo fece dire due volte. Prese una bottiglia di verdicchio che aveva in frigo e si preparò ad uscire. Quando ebbe aperto la porta si girò verso il compagno:
-Ultimamente mi sono successe delle cose strane, qui sul pianerottolo. C’è qualcuno che ce l’ha con me…
Peo però era distratto e già con la testa all’organizzazione del menu. L’argomento cadde.