Marisa Ombra Libere sempre ed. Einaudi
Segnaliamo oggi un bellissimo e significativo libro: una lunga lettera che la partigiana Marisa Ombra, ormai molto anziana, scrive ad una ragazza di quattordici anni, per raccontare la sua storia. Questa recensione vuol essere qualcosa di più che un doveroso omaggio alla ricorrenza di oggi che, ora come non mai, ha bisogno di essere ribadita a voce alta. Quella di oggi non è la commemorazione rituale di eventi eroici del passato, che si esaurisce con la posa di qualche corona d’alloro davanti ad una lapide, è la torre di controllo della nostra democrazia, della conservazione dei diritti e della libertà, che non sono mai acquisiti per sempre e sempre vanno difesi.
I libri sono straordinari conservatori e trasmettitori di memoria, capaci di travalicare spazi e tempi lontani, di farci partecipi di esistenze ed esperienze di persone che ci hanno preceduto, consentendoci di vivere più vite e di comprendere il presente attraverso la conoscenza del passato, e questo non fa eccezione. La donna che lo ha scritto è stata una giovanissima partigiana, ma la sua testimonianza non è solo la rievocazione di un passato che non dobbiamo ignorare, è soprattutto uno sguardo lucido e consapevole sul presente e sul futuro, e sulle degenerazioni che possono compromettere una sana convivenza democratica. Questo libro è un filo, sottile e resistente, alle cui estremità stanno due donne, una che si affaccia al mondo e l’altra che sta per accomiatarsi da esso. In questa lunga epistola, pacata e tenera, lucida e precisa, la “nonna” ultraottantenne racconta il passato, ma non in termini nostalgici o moralistici. Parla della sua adolescenza segnata dagli anni della guerra e dalla lotta per la libertà, in un intreccio di vicende intime e personali, e di tragedie immani che hanno coinvolto intere popolazioni. Rivela la sua difficoltà di crescere, di dare un senso alla vita, come per tutti gli adolescenti; un senso che per lei si è manifestato nella partecipazione alla lotta partigiana. Racconta dello sconvolgimento dei ruoli e dei rapporti con l’altro sesso imposti dalle azioni di guerriglia, che avevano cancellato arcaiche concezioni di costume, aprendo la strada alla consapevolezza dei nuovi diritti delle donne. Ma non meno importante è la riflessione sui rischi di mercificazione e perdita di dignità che una malintesa concezione dell’appropriazione del corpo femminile comporta.
“Quando, verso la metà degli anni Ottanta, cominciarono ad apparire sugli schermi le prime immagini di ragazze che si dimenavano seminude intorno a un presentatore che annunciava colpi grossi, qualcuno restò incredulo, qualcun altro pensò a scarti di riprese televisive usate da un conduttore troppo volgare per rendersene conto. […]
In poco tempo, il nudo e il seminudo diventarono la cornice e l’ornamento obbligatori di ogni intrattenimento. Le ragazze si chiamarono in vari modi: veline, letterine, meteorine, e altri nomi fantasiosi. Ben presto l’apparizione per cinque minuti in questi spettacolini diventò la professione oggetto di massimo desiderio per una folla di ragazze
Il libro, con l’espediente narrativo della lettera ad una ragazzina, si rivolge a tutte le donne, ma non solo, perché una società nella quale la parte femminile è asservita e mercificata, sotto l’apparenza di una illusoria libertà, è una società che rischia di ammalarsi gravemente, con danno di tutti. Il libro porta la data di pubblicazione del 2012, osservando quel che sta accadendo, dobbiamo purtroppo constatare che è stato profetico.