Il 2 Giugno 1946 rappresenta una data fondamentale nella storia delle donne: segna per la prima volta il loro passaggio alla “maggiore età”, al godimento dei “diritti di cittadinanza”, all’autonomia responsabile delle proprie azioni.
E che le donne quel giorno avessero la piena consapevolezza del passaggio epocale è mostrato dall’atteggiamento di tante di loro, lo stesso ravvisabile nei nostri ragazzi e ragazze quando con i 18 anni comprendono di entrare nella condizione di libertà delle loro scelte e nel carico delle loro responsabilità.
E quel giorno le donne, anche le più anziane, ricordano di aver indossato l’abito della festa, di essersi recate ai seggi cariche di timore per la paura di sbagliare qualcosa, ma anche di speranza che la loro atavica irrilevanza giuridica e politica fosse alla fine.
Le più avvedute capirono che quello era solo l’inizio, che i principi di uguaglianza e di libertà, cantati nella lotta Partigiana e poi travasati nella Costituzione, erano solo promesse.
Avrebbero serrato le fila unendosi insieme nelle Associazioni come l’UDI, che diede ben 11 delle 21 Madri Costituenti elette.
Avrebbero dovuto affrontare battaglie, rinunce, sacrifici…
Quel percorso di dolorose conquiste è tutt’altro che concluso e a rilevare la persistenza di un gap fra i generi lo rivela lo stato delle cose: il numero dei femminicidi, il divario nell’occupazione e nelle retribuzioni, il carico diseguale del peso delle cure familiari, i tanti ruoli ancora di fatto preclusi alle donne.
E il segnale più evidente di queste disuguaglianze sta proprio in quello stratagemma compensativo che fu il sistema delle “quote rosa”: finché ci sarà bisogno di recinti di tutela significa che le pari opportunità sono ancora lontane.
E, attenzione, PARI OPPORTUNITA’ non devono significare assimilazione agli uomini, ai loro atteggiamenti, ai loro tic e difetti, equivoco in cui molte donne sono cadute, ma rivendicare le peculiarità femminili (“Le donne non possono fare i giudici o i primari perché hanno le mestruazioni o sono troppo isteriche”….) svilite in passato in tante professioni, oggi invece valore aggiunto come già si comincia a riconoscere nei Consigli di Amministrazione, nei Collegi Giudicanti, nei Comitati scientifici, dove, tra l’altro il sesso maschile non ha sempre manifestato eccelse prestazioni.