-GATTI E MISFATTI-
Racconto a puntate di Pier Guido Quartero
CAP 9: IL VENERABILE JODA
Venerdì mattina si svegliò alle 9. La passeggiata doveva averlo aiutato a smaltire definitivamente i postumi della bisboccia: la sua bocca non aveva il sapore di fogna che in genere seguiva esperimenti di quel tipo, né gli erano cresciuti peli sulla lingua…
Preso da un insolito slancio di produttività decise di fare un salto all’Albo autotrasportatori per vedere cosa si poteva fare per il cognato di Scognamiglio.
Sapeva che l’Albo si trovava ora presso la Motorizzazione civile, dopo essere stato per qualche anno negli uffici della Provincia. Il pendolo delle riforme costituzionali, oscillando tra il decentramento e l’accentramento, spostava funzioni sempre uguali –e spesso anche i funzionari addetti- da un ente all’altro, senza che nulla in realtà cambiasse.
La Motorizzazione si trovava dalle parti di Via Archimede, dietro la stazione Brignole. Ci arrivò, in autobus, verso le dieci e mezza. Gli uffici, privi di segnaletica per indirizzare il pubblico, erano piuttosto disordinati e abbastanza sporchi. Impiegati dall’aria astratta circolavano per i corridoi: ebbe difficoltà a trovarne uno che gli desse retta. Alla fine riuscì a bloccare un giovanotto in blu jeans e maglietta che gli indicò un percorso rebigato attraverso porte e corridoi, alla fine del quale avrebbe trovato il signor Cefolo.
Dopo uno o due tentativi a vuoto, alla fine giunse a destino. In una stanza relativamente più ben tenuta delle altre, dietro a una vecchia scrivania inutilmente illuminata da una classica lampada ministeriale –in bronzo dorato con cappellone verde bottiglia, autentico modernariato- sedeva il Venerabile Joda.
Chi ha visto la saga di Guerre Stellari ricorderà il maestro jedi che introduce il protagonista Luke Skywalker alla filosofia e alla pratica della Forza: è un esserino panciuto, verde e rugoso, dalla testa spelacchiata, con grossi occhi a mandorla e orecchie alla Andreotti. Il Sig. Cefolo non era verde.
Stava parlando al telefono, probabilmente con un collega o un familiare
-Cuzz’u l’è cu ttu feu?… Coz ti mme rumpi u ppelin oue cu st muzz cchi?… Te l’eif tit c’u nu l’ea u casce te tach rett a quellu llà. Ou tev scmett pecché c’ho un ta a port… Ciau, t ciamm mi topp..
Traduzione dal calabro-genovese: Cos’è che vuoi?… Cosa mi rompi il belino ora con queste storie qua?… Te l’avevo detto che non era il caso di dargli retta a quello là. Ora devo smettere perché ho uno dalla porta… Ciao, ti chiamo io dopo.
L’uomo sembrava simpatico. Gli fece cenno di avvicinarsi, indicando con la mano la sedia posta davanti a sé. Peo si sedette e gli raccontò la storia.
-Qui c’è la modulistica per la domanda di iscrizione, qui i bollettini per i versamenti e qui l’elenco degli allegati- disse Mr. Cefolo con fare sbrigativo –così può fare l’iscrizione temporanea inefficace…- ed ebbe un ghigno.
-Come sarebbe?- chiese Peo, colto di sorpresa: è difficile trovare qualcuno disposto a fare del sarcasmo sul proprio lavoro, e sembrava proprio che il funzionario del Ministero dei Trasporti fosse una di quelle rare persone.
-Sì, come può vedere dal foglio delle istruzioni, la legge è congegnata in questo modo formidabile: prima si fa un’iscrizione che non permette di lavorare, poi ci si iscrive alla Camera di commercio, ma anche questo non permette di lavorare, poi si torna qua e si fa l’iscrizione vera e poi si ritorna alla Camera per chiudere il cerchio. Divertente, vero? Lo si potrebbe definire un caso di onanismo giuridico…
Peo dette una scorsa al foglio delle istruzioni: l’uomo non scherzava. Lo guardò con gli occhi sgranati.
-E gli va bene se non è una società!- rincarò l’altro -Le circolari ministeriali pretendono che l’oggetto sociale sia formulato in un modo preciso: autotrasporto di merci per conto di terzi. Se c’è scritto solo trasporto, oppure se non c’è scritto che vogliono trasportare merci, gli tocca tornare dal notaio e spendere un sacco di soldi per modificare il contratto di società…
Si guardarono negli occhi in silenzio, con mutua comprensione. Peo gli propose un caffè. Scesero fino al portone scambiandosi commenti sulla difficoltà di lavorare decentemente nel servizio pubblico, schiacciati tra l’incudine della legge e il martello delle concrete esigenze dei cittadini.
A due passi dal palazzo della Motorizzazione c’era uno di quei bar che vivono servendo colazioni e pasti veloci agli impiegati. Mentre aspettavano il caffè approfondirono la conoscenza.
-Conosco un po’ la Calabria- raccontò Peo -ci sono stato un paio di volte, a trovare un amico di Siderno che ora ha preso casa a Badolato; ne avrà sentito parlare: quel paese distrutto dal terremoto e ripopolato da una comunità curda… Sono posti magnifici; peccato che l’edilizia sia così selvaggia: sulla costa una casa su tre, invece del tetto, ha i piloni pronti per costruire una sopraelevazione abusiva… Però c’è un patrimonio storico di prim’ordine: dai resti della Magna Grecia a Locri, all’architettura bizantina a Stilo e a Bivongi, e poi Normanni, Aragonesi… Mi sono reso conto, visitando quei posti, che la storia dell’arte che ci insegnano a scuola ha completamente dimenticato il meridione…
-Io sono di Serra San Bruno, che è sulle montagne alle spalle di Siderno…
-Ci sono stato. Posti da funghi…
E qui si imbarcarono in una disamina puntuale dei prodotti tipici della Calabria:
-…e il capocollo…
-…e gli amarelli di liquirizia…
-…e i fichi secchi con la cioccolata…
… e la nduja… E non l’avrebbero finita più, ma tutte le cose belle finiscono presto. Entrò nel bar un impiegato trafelato.
-Cefolo, ti vuole il Direttore, d’urgenza…
-Oppellin, cozuccafià ancun quellullì!? Fappen, fegnu zubbitu…
Traduzione: Oh, belin! Cosa ci avrà ancora quello lì!? Va bene, vengo subito…
Si strinsero la mano frettolosamente, con l’impegno di rivedersi quando Peo sarebbe venuto a presentare la pratica, quindi l’uomo riprese la strada dell’ufficio.
Peo, con la giacca buttata su una spalla, si avviò verso Brignole, per prendere l’autobus. Mentre passava dava un’occhiata ai negozi della zona, che presentavano un aspetto e caratteristiche merceologiche ancora un po’ da paese: il verduraio, il salumaio, il panettiere, il macellaio, il pescivendolo… addirittura una latteria!
Questi esercizi di piccolo commercio un po’ all’antica gli davano un senso di pace e di sicurezza. Il profumo di pane e di focaccia, la vista dei colori vivaci della frutta e della verdura sui banchi esposti in strada, tutto gli richiamava i tempi in cui, bambino, andava a fare la spesa con la nonna…
Finalmente arrivò all’ombra della pensilina, alla fermata dell’autobus. Gli venne in mente che quella sera avrebbe dovuto partecipare all’assemblea del condominio. La sua amica Ada lo aveva pregato di partecipare, in qualità di inquilino avente diritto, per darle manforte contro le pretese del condomino Peragallo, dottore in neuropsichiatria e rompiballe emerito.
Certo, pensò tra se e se, che se davvero quello andava avanti con l’atteggiamento che Ada gli attribuiva, e con il caldo di quei giorni, che certamente non aiutava a raffreddare i bollenti spiriti, c’era il rischio che scoppiasse qualche bèga…
-Speriamo che non si arrivi alle vie di fatto- concluse con un sorriso –sennò Peragallo con la Ada se la vede brutta…
[Continua…]
Pier Guido Quartero
Opere dell’autore pubblicate da Liberodiscrivere
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