RISO RÆO – ELOGIO DEL CAPPERO PEGLIESE
RISO RÆO
“Son zeneize, riso ræo, strenzo i denti e parlo ciæo“: abbiamo preso spunto da questo motto, che riassume molte delle caratteristiche dei genovesi, per dare un titolo alla nostra rubrica di satira. “Sono genovese, rido di rado, stringo i denti e parlo chiaro“, questa la traduzione letterale in italiano e questo vuole essere questa rubrica che attraverso il sorriso, spesso amaro, della satira vuole parlare chiaro, magari a denti stretti
–ELOGIO DEL CAPPERO PEGLIESE–
Gian Paolo Sacco
Non è facile il cappero. Nasce un pò dove vuole. E’ libero dentro. Non attecchisce facilmente ma quando si radica è una potenza. Più facile che a seminarlo siano le lucertole che la banale mano dell’uomo. E fa volentieri a meno delle nostre cure, figuriamoci di quelle dell’inesistente Aster. Indipendente ed orgoglioso. Sembra morire, soccombere poi esplode e la sua fioritura delicata ti sorprende ma è anche bella la sua foglia tonda e vivace. L’ho subito notata alcuni fa e l’ho sempre seguita… Parlo della pianta di cappero che si trova sulla tettoia lato nord ovest della Stazione di Pegli.
Quando noti una pianta e la osservi, e talvolta le parli, stabilisci una relazione. Magari illusoria ma in quanto tra esseri viventi possibile. Non si tratta qui di scomodare Stefano Mancuso e la sua neurobiologia vegetale, però io il cappero della stazione lo saluto ogni mattina. E mi sbaglierò ma è l’unico che contraccambia. Anni fa era stato meglio. Se non ricordo male tre anni era rigoglioso come mai. A volte rimane coperto dalla rumenta. A volte fa fatica. Ma la sua caratteristica è la resilienza. Come quella del nostro Ponente. E per darci l’ultimo schiaffo morale il cappero ci offre pure il suo bocciolo noto appunto come… cappero ed il cucuncio che è invece il vero frutto. Insaporisce la pizza troppo dolce e se ti scappa come esclamazione ti evita la parolaccia paronima.
Viva il cappero di Pegli, compagno anarchico.
Gian Paolo Sacco