Racconto a puntate di Pier Guido Quartero
Cogliendo le sollecitazioni degli amici inizio qui a proporre, a chi abbia del tempo da dedicare alla lettura, una vecchia storia, risalente ai primi tempi in cui mi dedicai a prove di scrittura. Il protagonista di questa avventura si chiama Peo Traverso. Chi ha già letto qualcosa di mio sa che questo cognome compare nella saga familiare attraverso la quale ho provato a narrare la storia di Genova, e tutto questo non avviene a caso.
L’AFFARE SPAMPANATO-TRIPOLI
Cap 2: LA SIG.RA SPAMPANATO TRIPOLI
La signora Spampanato, coniugata Tripoli, gli fu antipatica fin dall’inizio: si era arrampicata anfanando su per la rampa di scale trascinandosi dietro un sedere di dimensioni più che rispettabili ed una borsa di pari proporzioni riuscendo tuttavia, malgrado il fiatone, a scatenare una parlantina preoccupante fin da quando aveva raggiunto il pianerottolo.
Quasi senza badare alle parole della donna, Peo la invitò a togliersi il cappotto e ad accomodarsi nella stanza che aveva adibito a studio. Durante la faticosa manovra della svestizione ebbe modo di osservare la cliente: il peso del sederone era equilibrato, sul davanti, da un paio di tette formidabili, sormontate da un viso che esprimeva un carattere forte e aggressivo. I capelli, di un improbabile color mogano, erano foggiati in una specie di baschetto; gli occhi erano difficilmente interpretabili: mobili e duri, avevano qualcosa di sfuggente che accrebbe l’antipatia istintiva che aveva subito provato per la donna.
Quando la Spampanato si fu finalmente accomodata davanti alla scrivania, tentando di accavallare un paio di gambone fasciate da collant dall’evidente funzione antivaricosa, Peo decise che era giunto il momento di prendere in pugno la situazione.
-Mi perdoni, signora- le disse approfittando di un momento di pausa-fiato della donna cannone- ma credo che dovremmo ricominciare dall’inizio, seguendo un metodo di intervista, così io posso prendere un po’ di appunti e fare un quadro sistematico della situazione…
La donna lo guardò con aria tra perplessa e seccata, e, a Dio piacendo, tacque.
-Dunque, lei mi dice di essere sposata da una ventina d’anni, e che sei mesi fa suo marito ha avuto un ictus che lo ha privato di qualsiasi autonomia…
-Un vegetale! Quell’uomo è ridotto a un vegetale e io povera donna…
-Abbia pazienza, signora, lasci andare avanti me: vediamo se ho capito… Suo marito, a seguito della malattia, percepisce una pensione, ma lei ritiene che ci sia spazio per avere un trattamento economico più elevato…
-Esatto: mio marito prima di sposarsi ha lavorato in proprio, poi è stato assunto in un’azienda dell’IRI, poi, quando hanno licenziato, è stato assunto come “lavoratore socialmente inutile” da un Comune vicino ad Acqui e poi ha avuto l’ictus e io…
-Sì, ho capito. Guardi che si dice “lavoratori socialmente utili”…
-Saranno utili, ma lui a me mi sembrava proprio inutile…
La Spampanato Tripoli evidentemente non doveva avere una grande considerazione di suo marito. Peo si chiese quanto la gentile signora dovesse essere considerata responsabile delle condizioni di salute del coniuge. Intanto la donna, non più frenata, aveva ricominciato le sue geremiadi…
-… e poi i figli, e la facciata da rifare… e quel vegetale che se ne sta lì tutto il giorno…
-Capisco, signora. Ma ora ci daremo da fare, eh? Facciamo una bella ricostruzione di carriera e vediamo cosa ne può uscire. Per favore, mi dia le generalità di suo marito e il codice fiscale. Al resto ci penso io. Per le spese possiamo aspettare: fortunatamente queste sono pratiche che si fanno senza bolli e senza diritti…
La cicciona, felice di non dover versare acconti, declinò i dati del marito con compunzione e si disincastrò dalla sedia. Peo, sollevato dalla prospettiva di potersene alla fine liberare, la aiutò galantemente a rimettersi il cappotto marron, dal bavero ornato di una pelliccetta gialla e piumosa, e le porse il proprio biglietto da visita.
-Mi farò vivo tra una quindicina di giorni, signora. Ma se avesse bisogno di parlarmi non si faccia problemi: in orario di lavoro il cellulare è sempre in funzione…
Mentre la Spampanato metteva al sicuro il talloncino, l’occhio allenato di Peo indagò all’interno del borsone, scorgendo, in mezzo a cianfrusaglie, belletti e medicinali di ogni genere, un rosario ed una profusione di immaginette sacre. Una cattolica fervente… un’informazione come questa poteva essere utile come no: si sarebbe visto nel prosieguo…
La donna finalmente uscì dalla porta e cominciò a scendere con precauzione i gradini che l’avrebbero portata al piano di sotto, dove arrivava l’ascensore. Peo chiuse il battente con un sospiro –finalmente solo!- e si girò verso la cucina, dove prelevò dal frigorifero una bottiglia di birra scura, ristoro del corpo e dell’anima dopo quella seduta stressante.
Mentre, seduto al tavolo del soggiorno, che fungeva anche da sala da pranzo, versava il liquido denso e gorgogliante in un bicchiere dal lungo stelo, ripassava il colloquio appena avuto. La richiesta avanzata dalla Spampanato era assolutamente banale e routinaria, ma aveva la sensazione che la donna non gli avesse detto proprio tutto. In mezzo a quel fiume di parole c’erano state delle pause, degli spostamenti degli occhi, delle improvvise virate, che lo lasciavano perplesso. Mah, si sarebbe visto… probabilmente era solo una sensazione dettata dall’antipatia del personaggio. Intanto per due giorni non c’era niente da fare: oggi era venerdì e fino a lunedì gli uffici sarebbero rimasti chiusi… Improvvisamente si rese conto che aveva davanti due giorni vuoti e che non aveva pensato a come riempirli.
Da quando il suo matrimonio era finito, Peo aveva sempre avuto qualche difficoltà ad affrontare le giornate libere. Da una parte, stava benissimo per conto suo a leggere libri sdraiato sul divano anche per tutta la giornata, ma dall’altra temeva che l’eccesso di solitudine finisse per imbarbarirlo o quanto meno per esasperare ulteriormente la sua propensione a rinchiudersi in se stesso.
Prese il telefono e tentò di agganciare qualcuno per inserire nell’agenda uno o due appuntamenti che interrompessero l’ozio delle giornate da affrontare. Pietro, come al solito, fu il primo a dargli disponibilità: anche lui viveva da solo ed aveva, più o meno, lo stesso tipo di problema, appena temperato dalla quantità di signore e signorine che corteggiava, peraltro senza alcuna convinzione, e che periodicamente gli concedevano un po’ di compagnia in cambio di robusti pranzi nelle trattorie dell’entroterra genovese.
Si accordarono per il giorno dopo: nel pomeriggio avrebbero fatto una gita in macchina in valle Scrivia; il programma prevedeva acquisti in un supermercato locale dove Pietro poteva spendere i buoni pasto elargitigli dalla Camera di commercio, un salto da quel macellaio che vendeva anche carne di produzione locale, una visita alla Sig.ra Valente, che faceva vendita diretta di prodotti agricoli e infine un passaggio alla fabbrica di birra, per una degustazione delle specialità di quest’ultima -birra al miele e birra di castagne-.
Per la domenica, non avendo trovato compagnia, Peo si accordò con Monica, la moglie da cui viveva separato, per l’affido temporaneo del vecchio cane, che sarebbe stato suo compagno in una passeggiata sulle alture del Righi, alle spalle della città.
Il programma era fatto. Ora non restava che fare un salto da Feltrinelli, per dare un’occhiata agli ultimi libri e procurarsi qualcosa per passare piacevolmente il tempo libero che aveva davanti. Più tardi, alla trattoria sarda sotto casa, avrebbe acquistato una bella pizza con le acciughe e i capperi da consumare con un bicchierone di birra e un buon libro davanti. Poi, a nanna, sperando che il cibo salato non gli facesse sognare Miss Spampanato Tripoli…
[Continua…]
Pier Guido Quartero
Opere dell’autore pubblicate da Liberodiscrivere