FOGLI SPARSI
Vagabondaggi di riflessioni e ricordi, appuntati senza un ordine preciso,
su fogli sparsi
Rubrica a cura di Grazia Tanzi
Era una gioia appiccare il fuoco. Era una gioia speciale veder le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non sai che direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. […] Egli camminava entro una folata di lucciole. […] mentre i libri sbatacchiando le ali di piccione morivano sulla veranda e nel giardinetto della casa, salivano in vortici sfavillanti e svolazzavano via portati da un vento fatto nero dall’incendio.
Questo l’incipit di un famosissimo libro della cosiddetta letteratura distopica: Fahrenheit 451, di Ray Bradbury.
In una società alienata e alienante, in cui possedere libri è un reato, Montag fa il pompiere; ma anziché spegnere gli incendi, li accende. Con il lanciafiamme, irrompe nelle case dei sovversivi che conservano libri, e li brucia – insieme alle loro case – in obbedienza alla legge.
Si sente dalla parte del giusto, maneggia un’arma potente: il tubo, che sputa cherosene, sembra un grosso pitone. Cammina fra le fiamme, con esaltazione prometeica, compiaciuto dello spettacolo pirotecnico che ha suscitato. Combatte dalla parte della verità, deve far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia.
Scena dal film Fahrenheit 451 di F.Truffaut 1966
Tutti gli incendiari di biblioteche, i censori di libri, hanno creduto di stare dalla parte della Verità; hanno cercato in tutti i modi di cancellare ciò che è stato prima di loro, o che è sembrato essere contro di loro. Ricerca della purezza, concetto pericoloso e foriero di violenza: Bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce. (cit. Fahrenheit 451)
Sovrani, dittatori, capi religiosi, hanno sempre fatto bruciare i libri, o comunque hanno escogitato molti sistemi per tenerli lontani dalla gente, dai più violenti ai più subdoli, perché ne avevano paura.
Il potere non tollera il pensiero autonomo, che analizza, valuta, e può dissentire. Coloro che lo esprimono possono essere privati della parola, imprigionati, condannati a morte, ma quello che hanno detto sopravvive: resta nei libri, e questi sono quasi impossibili da controllare. Un libro si nasconde facilmente, passa di mano in mano, le idee che contiene possono essere contagiose, in poco tempo raggiungono molte persone, che possono passare all’azione e decidere che quel potere è intollerabile e deve essere rovesciato.
Solo i libri hanno questa forza, perché i libri sono lo strumento più rivoluzionario che gli esseri umani abbiano mai inventato. Più delle spade, più del fuoco, più delle bandiere e dei simboli. Niente ha la stessa capacità di produrre pensiero che possiede un libro. (cit. da Il libro dei libri proibiti)
Fuoco, o comunque distruzione, proibizione di libri, passano attraverso una lunga storia di fanatismo, di prevaricazione, di violenza, di dolore, di abiezione.
E purtroppo è cosa che ancora continua: con la violenza fisica, dirompente e manifesta, ma anche con la censura, dalla più scoperta alla più strisciante e subdola.
Perché non stiamo parlando soltanto dei libri bruciati, quelli cioè vittime
di una vera e propria distruzione «fisica» dell’oggetto […] Ci sono anche i libri che non si devono leggere, e ci sono i libri sconsigliati, quelli che è meglio non leggere, e tutti quelli che possono avere una «cattiva influenza» sulle menti più deboli […, quelli indicati dalle autorità come poco raccomandabili o scorretti.
Quali autorità? Le solite di sempre, quelle che si preoccupano del bene di noi tutti: la Chiesa, lo Stato, l’Esercito, la Scuola, e ancora i comitati di genitori, i comitati etici, le congregazioni religiose, i concili, i congressi, i concistori, i probiviri, i consigli degli anziani, i consigli di indirizzo. (cit. da Il libro dei libri proibiti)
Non si deve pensare però, che i distruttori di libri siano barbari ignoranti, sono quasi sempre uomini di cultura che di libri ne hanno letti tanti, libri che sono stati importanti per la formazione delle loro idee.
Il primo caso storicamente accertato risale al 1358 a.C., il faraone Akhenaton ordina il rogo della Biblioteca di Tebe, non si salva nessun manoscritto. Da allora, ma forse anche prima, agli albori della scrittura, si sono sempre distrutti e proibiti libri, condannati e sottoposti a processo, dalla politica, dalla religione, dalla morale.
Nell’antica Roma furono bruciati libri su ordine del Senato, cioè l’élite politica e culturale di quel mondo. Gli inquisitori, che sceglievano i libri da mettere all’Indice, erano le menti più raffinate e sottili della Chiesa. A ordinare il rogo del patrimonio scritto dei Maya e degli Aztechi, nel Messico del 1562, fu il vescovo cattolico Diego de Landa, raffinato studioso di tale civiltà.(cit. Libri Non danno la felicità)
Nel 212 a.C. Il primo imperatore della Cina, Qin Shi Huang (260 a.C. – 210 a.C.), ordina il rogo di tutti i libri scritti prima della sua venuta al mondo, condannando anche tutti gli intellettuali e gli accademici a lui contemporanei. Molti di loro, rifiutandosi di consegnare alle autorità i propri manoscritti, vengono sepolti vivi insieme alle ceneri dei loro libri. (cit. Il libro dei libri proibiti).
E venendo a tempi più recenti:
I fascisti italiani hanno fatto del loro meglio per alimentare i roghi, bruciando con le squadracce le sedi dei partiti e delle Camere del lavoro e facendo falò dei giornali di sinistra. (cit. Libri al rogo).
In questa, come in altre pratiche repressive, il fascismo ha costituito un modello per tutte le dittature a venire.
Nel 1933, in seguito alla ben orchestrata e violenta propaganda del 6 aprile, diretta dal ministro Joseph Goebbels, si scatena, nella notte del 10 maggio, la furia bibliocasta; in diversi luoghi della Germania brillano i roghi di libri, i Bücherverbrennungen. Proseguono per vari giorni fino a culminare con studiata spettacolarità, sulla Opernplatz (oggi Bebelplatz) di Berlino, nella notte del 21 giugno, solstizio d’estate.
Fu un’autentica cerimonia politico-religiosa, un simbolico rituale organizzato con teutonica precisione in ogni particolare.
I camion che trasportavano i libri e le taniche di cherosene per alimentare le fiamme devastatrici. I giovani che esibivano gagliardi la loro purezza ariana, inquadrati come una falange militare. Gli inni, i canti, le musiche marziali per rendere ancora più solenne lo spettacolo del terrore. Goebbels che nel suo discorso aizzava i piromani perché non risparmiassero nemmeno una pagina del bottino sequestrato al nemico: “Dalle loro rovine sorgerà vittorioso il padrone di un nuovo spirito.” Una giovane berlinese, Dorothea Günter, ha raccontato la meticolosissima liturgia che ritmava la cerimonia del rogo: “Le SA e gli studenti gridavano il titolo del libro e il nome dell’autore e urlando che era pacifista, ebreo, comunista o semplicemente moderno, pronunciavano la sentenza ‘Noi ti consegniamo al fuoco’ prima di gettarlo tra le fiamme.” Era l’esibizione della forza, la strategia del terrore, la ritualità del dominio. Per questo, nonostante non sia l’unico, il rogo di libri nella Berlino del 1933 ha assunto il valore, questo sì insuperabile, di un simbolo universale dell’intolleranza. E si capisce perché proprio in Germania l’artista argentina Marta Minujín abbia avuto l’idea di costruire un tempio a forma di Partenone composto da quasi centomila volumi perseguitati nel corso della storia. (cit. Libri al rogo)
Adolf Hitler, […] leggeva un libro a notte, adorava i libri, li collezionava e portò una biblioteca di sedicimila volumi persino nel bunker della disfatta. I più fedeli censori che lavoravano per Iosif Stalin, accusando scrittori scomodi e purgando libri sgraditi, erano a loro volta scrittori, critici, direttori di teatri, editori, poeti… (cit. Libri Non danno la felicità)
Pol Pot, sanguinario dittatore cambogiano, in gioventù, aveva studiato a Parigi, alla Sorbona, e aveva frequentato gli intellettuali dell’epoca, ma una volta salito al potere, massacrò gran parte del suo popolo in nome dell’avvento di un mondo nuovo, e con ferocia distrusse biblioteche e perseguitò i lettori – “intellettuali borghesi”, propagatori del Male – fino all’annientamento.
Khomeini aveva grande dimestichezza con i libri, anch’egli doveva parte della sua formazione alle letture fatte durante il suo esilio parigino; tuttavia non esitò ad incitare all’assassinio, nel 1988, di Salman Rushdie, lo scrittore colpevole di aver pubblicato un libro blasfemo. Lo stesso che il 12 agosto del 2022, in occasione di una conferenza, viene accoltellato da un fanatico islamico: questo attentato gli causerà la perdita di un occhio e l’uso parziale di una mano.
Mao, di cui è tristemente nota la “Rivoluzione culturale”, violenta e sanguinosa repressione della cultura e degli scritti considerati “impuri”, era stato bibliotecario a Pechino; grande lettore, scriveva egli stesso.
Roghi e distruzione di libri anche durante la guerra civile spagnola; ne dà testimonianza Manuel Rivas nel suo I libri bruciano male: i soldati della Falange nell’agosto 1936, un mese dopo il golpe del generale Francisco Franco, organizzarono un rogo per distruggere le biblioteche di La Coruña.
Anche qui, come nella Berlino del 1933, la chiamata per nome, l’appello delle opere da bruciare, con relativa specificazione del luogo d’origine, mentre i soldati tiravano calci ai volumi e orinavano ostentatamente sul rogo, in segno di disprezzo […] Da notare che i falangisti erano guidati da José Antonio Primo de Rivera, appunto un raffinato intellettuale, un uomo del Novecento che conosceva i libri e la loro forza esplosiva e dunque era consapevole del valore rituale richiamato dal rogo che li avrebbe distrutti. (cit. Libri al rogo)
In Cile, durante il colpo di Stato di Pinochet, 1973, le distruzioni erano violente, ma senza manifestazioni simboliche e neppure quelle nell’Argentina di Videla nel 1976; si bruciavano i libri, ma senza capirli, come generici nemici della tradizione e della cristianità.
Anche in Unione Sovietica si perpetrarono grandi stragi di libri e persecuzioni violente contro gli scrittori. Il fenomeno fu di vastissima portata e non è possibile darne conto in questa sede. Rimandiamo ai volumi Il libro dei libri proibiti, e I libri sono pericolosi presenti nella bibliografia; il primo riporta esaurienti elenchi di opere distrutte e censurate e le istituzioni che se ne resero colpevoli nei secoli.
il secondo dà conto di alcuni autori perseguitati anche fino alle estreme conseguenze.
Chi ha frequentato il mondo dei libri ne conosce bene la grande influenza, per averla direttamente sperimentata, e quindi maggiormente, una volta al potere, ne sancirà la persecuzione. Un libro è un fucile carico nella casa del tuo vicino. Rendiamo inutile l’arma. (cit. Fahrenheit 451)
Forse il caso più paradossale è stato quello riguardante la Bibbia, i censori non erano islamici o appartenenti ad qualche altra religione, erano le alte gerarchie dei cattolici stessi di Roma: proprio così.
Nel 1455 uscì, a Magonza, dai torchi di Johannes Gutenberg, il primo libro a stampa, un esemplare in due volumi della Bibbia. La Chiesa Romana fu subito in allarme: date le maggiori possibilità di diffusione rispetto ai testi copiati a mano, il timore fu quello della libera interpretazione dei fedeli. Sempre lo stesso motivo, impedire l’autonomia del pensiero, il pericolo più grande per qualsiasi tipo di potere. Ci fu qualcuno che addirittura propose il rogo del libro sacro la cui libera interpretazione avrebbe portato eresie e discordie. Ancora una volta non sono folle di analfabeti rozzi e ignoranti che vogliono distruggere qualcosa che sentono alieno; se fosse così ci sarebbe speranza, basterebbe organizzare la diffusione del sapere, della cultura ,della bellezza; occorrerebbe tempo, ma si giungerebbe alfine ad avere un mondo migliore. Invece no, bruciano i libri quelli che sono bruciati a loro volta da un’Idea, quella che estirperà il Male per sempre e darà luogo ad un mondo rinnovato, ad un nuovo paradiso, in terra o in cielo; per questo bisogna spazzar via tutto quel che c’era prima: col fuoco purificatore.
Nell’anno 60 ca. Paolo di Tarso, meglio noto come San Paolo, organizza a Efeso i primi «autodafé», convincendo i seguaci cristiani a dare alle fiamme tutti i libri di carattere religioso o filosofico non cristiani. (Cit. Il libro dei libri proibiti)
“Lá dove si bruciano libri, alla fine si bruciano anche gli esseri umani”
(Heinrich Heine 1797-1856).
A proposito del rogo dei libri del 1933, Bertolt Brecht scrisse questa, apparentemente paradossale, poesia.
Il rogo dei libri
Quando il regime ordinò che in pubblico fossero arsi
i libri di contenuto malefico e per ogni dove
furono i buoi costretti a trascinare
ai roghi carri di libri, un poeta scoprì
– uno di quelli al bando, uno dei meglio – l’elenco
studiando degli inceneriti, sgomento, che i suoi
libri erano stati dimenticati. Corse
al suo scrittoio, alato d’ira, e scrisse ai potenti una lettera.
Bruciatemi!, scrisse di volo, bruciatemi!
Questo torto non fermatelo! Non lasciatemi fuori! Che forse
la verità non l’ho sempre, nei libri miei, dichiarata? E ora voi
mi trattate come fossi un mentitore! Vi comando:
bruciatemi!
Bertolt Brecht, Poesie, Einaudi 1992 (traduzione dal tedesco di Franco Fortini)
Secondo una definizione ideale, il libro è strumento e simbolo dell’intelletto, nutrimento della vita interiore ed emotiva, interlocutore volta a volta consolatorio e sconfortante, stimolante e pungente, benevolo e impietoso. Il libro è capace di sfidare il tempo conservando fra le sue pagine i pensieri immortali di uomini mortali, di superare le grandi distanze portando le parole di maestri che vengono da lontano, di regalare storie vecchie e nuove che raccontano dell’eterna, conflittuale, condizione umana. Ma, come abbiamo visto, anche se portatore di queste caratteristiche, non ha la capacità di rendere migliore chi lo legge; ed anche in quel caso non è il depositario di verità assolute, non è oggetto sacrale, intoccabile, né idolo né feticcio, ma un prodotto squisitamente umano e, come tale, sottoposto all’uso e alla critica. Fare di un libro il depositario della verità porta inevitabilmente a considerare tutti gli altri ingannevoli e quindi suscettibili di censura o di distruzione.
La definizione ideale della funzione del libro che si è data è sicuramente vera, tutta la cultura e il sapere si fondano su di essa, ma occorre distinguere fra il Libro e i libri.
I libri, nella realtà, non sono tutti uguali, ci sono brutti libri, vacui, inutili; ci sono libri che distorcono la realtà, che incitano all’odio, ma in ogni caso non può essere mai la fiamma e decidere, se non quella dell’intelletto, della ragione, del confronto delle idee, della libertà.
BIBLIOGRAFIA
Pierluigi Battista, I libri sono pericolosi, Rizzoli
Pierluigi Battista, Libri al rogo, La nave di Teseo
Ray Bradbury, Fahrenheit 451, Mondadori
Bertolt Brecht, Poesie, Einaudi
Mario Infelise, I libri proibiti, Laterza
Leo Lowenthal, I roghi dei libri, Treccani
Luigi Mascheroni, Libri Non danno la felicità OLIGO
The book Fools Bunch, Il libro dei libri proibiti, Clichy