L’affare Spampinato Tripoli – 4) A cena con Pietro
Cogliendo le sollecitazioni degli amici inizio qui a proporre, a chi abbia del tempo da dedicare alla lettura, una vecchia storia, risalente ai primi tempi in cui mi dedicai a prove di scrittura. Il protagonista di questa avventura si chiama Peo Traverso. Chi ha già letto qualcosa di mio sa che questo cognome compare nella saga familiare attraverso la quale ho provato a narrare la storia di Genova, e tutto questo non avviene a caso.
L’AFFARE SPAMPANATO TRIPOLI
Cap 4: A CENA CON PIETRO
La cena con Pietro era stata fissata per la sera di mercoledì. Peo aveva fatto la spesa dal pescivendolo dei Macelli: vongole e muscoli. Dal verduraio aveva comprato fagioli, aglio e prezzemolo; il resto era già in dispensa o nel frigo. Al vino avrebbe pensato Pietro.
Mentre predisponeva il materiale sul tavolo di cucina, faceva il punto sulle diverse pratiche che stava trattando: solita routine, pratiche previdenziali, abilitazioni… tutte operazioni banali che richiedevano solo pazienza e puntualità. L’unico incarico con qualche aspetto interessante era la ricostruzione della carriera del Sig. Tripoli, che gli aveva anche comportato qualche grana.
Il giorno prima, infatti, si era recato alla Previdenza sociale, in Piazza della Vittoria, per verificare i diversi versamenti effettuati a vario titolo a nome del marito della sua cliente. Tutto era proceduto regolarmente fino a quando non aveva avuto la brillante idea di chiedere, per completezza di informazione, la consultazione della pratica relativa all’attività commerciale del Tripoli.
Trattandosi di documenti vecchi e per di più avuti in consegna da un altro Ente, il personale di sportello aveva, inevitabilmente, poca dimestichezza con la materia, ragion per cui fu indirizzato ad un ufficio di retrovia. Nella stanza ordinata e luminosa, dietro ad una scrivania sormontata da un computer neanche troppo vecchio, sedeva un cherubino biondo, con un golfino senza maniche in lana verde marcio e bordure arancione –evidentemente confezionato in casa- che si rivelò da subito un osso duro.
-Sciono scpiaczente –aveva detto il cherubino, che aveva difetti di pronuncia anche peggiori di quelli di Pietro- ma la Sciua rrrichiescta non può esscierrre scioddiscfatta: la legge sciulla tutela della prrivascy prrrevede che l’acczesscio a quescto tipo di documenti poscia esscierrre fatto sciolo dall’interessciato o da un sciuo incarrricato.
-Infatti io sono l’incaricato –Peo aveva giocato la sua carta con assoluta tranquillità- ma l’incarico me l’ha dato la moglie dell’interessato, perché il Sig. Tripoli ha avuto un ictus e non è in grado di firmare.
-Sciono scpiaczente: l’incarrico deve essciere conferito dal titolarrre dell’interressscie. La firrrma della scignorra non è sciufficziente, a meno che -aveva soggiunto il cherubino assumendo un’aria collaborativa…
-A meno che?
-A meno che scia dichiarrrata ufficzialmente l’icapaczità del Trripoli di intenderre e di volerrre e che le funczioni tutelarri nei sciuoi confrrronti sciano affidate alla moglie.
-Ma ci vorranno dei mesi!!
-Sciono scpiaczente: io le ho trrrovato una scioluczione legittima e prraticabile. Ogni altrrro perrcorscio cosctituirrrebbe una violaczione della volontà del legisglatorre!!
E non c’era stato niente da fare.
Mentre rimuginava, Peo aveva pulito i muscoli e le vongole e li aveva fatti aprire a fuoco vivo all’interno di due diversi recipienti. Ora cominciò a preparare un trito di aglio, prezzemolo e peperoncino, che doveva servire per i muscoli gratinati. Poi avrebbe preparato una besciamella usando insieme al latte una parte dell’acqua dei muscoli, avrebbe saltato i molluschi –dopo averli sgusciati- in una padella con un po’ d’olio e col trito e avrebbe mescolato il tutto. L’ultima parte del lavoro consisteva nel rimettere l’impasto, col cucchiaio, dentro le valve dei muscoli, ridotte a metà, poi bisognava cospargere il tutto con un po’ dello stesso trito mescolato a formaggio parmigiano e infine mettere a gratinare in forno per un quarto d’ora circa.
La zuppa di vongole e fagioli l’avrebbe preparata dopo: chissà se Pietro avrebbe apprezzato quell’improbabile miscuglio di mare, terra e oriente dato dall’accoppiamento di frutti di mare, legumi, bietole e curry…
Il campanello squillò in quel momento. Pietro era in anticipo. Dopo aver schiacciato il tasto per l’apertura del portone Peo tirò fuori in fretta dal frigo lo spumante e il lardo e mise a tostare poche fette di pane: l’ospite va subito messo a suo agio…
Pietro era di umore spumeggiante. Non aveva ancora messo piede nell’appartamento che già si era lanciato in una delle sue filippiche.
-Ciao Peo! Ti ho povtato i pezzi migliovi della vaccolta! Cevto che quell’ispettove Mevello eva pvopvio un genio!! –Merello era il nome di uno storico impiegato camerale, addetto, negli anni cinquanta e sessanta, ad effettuare accertamenti presso le imprese per conto della Commissione addetta alla tenuta dell’Albo degli Artigiani. Lo stile ruspante con cui redigeva i propri verbali era testimone di un’epoca in cui i formalismi del linguaggio burocratico erano appannaggio di pochi impiegati direttivi, mentre gli impiegati appartenenti alle categorie meno elevate parlavano e pensavano ancora in dialetto.
-Ecco! Guavda questo: “La Sig.va xxx ha iniziato effettivamente a Masone un’attività di callista, contvibuendo a visolveve un pvoblema che pvima non esisteva…!!”. Hai capito? Invece che dive che ha visolto un pvoblema pev il quale pvima non si sapeva a chi vivolgevsi… E quest’altvo: “Ho trovato l’avtigiano a colloquio con l’amante…” Cosa vovvà dive? Che li ha sovpvesi mentve scopavano?…
-Sissississisì –lo interruppe Peo, cercando di riassumere il controllo della situazione- Cosa hai portato da bere? Qui ci sono due toast e un po’ di lardo…
-Ah! Splendido lavdo di Avnad, dolce e movbido, che si intenevisce pev il tiepido abbvaccio del toast fino a scioglieve due lacvime… -Recitò poeticamente Pietro, portandosi alla bocca una delle tartine, ma continuando nel contempo a parlare con la bocca piena, con contorno di sputazzamenti vari- Io ho poffftato del Muffcat de Chambave. L’ho pffeso l’altva volta a Couffmayeuv, insieme a un po’ di Donnaz e di Enfev d’Avvié…
-Bravo. Ora siediti lì oppure apparecchia la tavola, che io ti racconto quello che mi è successo oggi all’INPS.
Ottenuta l’attenzione dell’amico, Peo, mentre cucinava la zuppa di vongole, lo aggiornò sull’esperienza avuta con il cherubino dell’Istituto previdenziale, cercando di averne la solidarietà. Pietro lo interruppe a metà:
-Va bé, cosa ci vuole? Basta che un notaio venga a autenticave la fivma di Tvipoli, no?
-Ci avevo pensato anch’io. Bisognerà spiegargli bene la cosa, però: quell’uomo, a quanto dice la moglie, è una specie di vegetale, e autenticargli una firma in quelle condizioni è una cosa abbastanza delicata. Comunque chiamerò Pittaluga, eravamo compagni di scuola e mi conosce bene: capirà che quello che facciamo è nell’interesse del cliente… Ti confesso che l’idea di andare a casa della Spampanato un po’ mi fa paura e un po’ mi incuriosisce: chissà come sarà l’antro della megera?
[Continua…]
Capitoli di “L’affare Spampinato-Tripoli” già pubblicati