Carlo Dossi “Amori” Ed. Adelphi
1887 ultimo libro pubblico di Carlo Dossi, che aveva 38 anni. 1977 anno di stampa della mia copia, un volume particolare della Piccola Biblioteca Adelphi che riproduce nella copertina e nei fregi la finta edizione giapponese dell’epoca.
Una lettura erotica. Oh, non si fraintenda: l’erotismo non sta nel contenuto (almeno non del tutto), ma nella forma: un piacere intenso e sottile avvolge il lettore nelle spire di uno stile merlettato, ricercato, ai limiti dell’artificio, ma subito temperato da pennellate di autoironia tracciate con mano leggera e tuttavia implacabile. Un linguaggio che non si compiace narcisisticamente del suo fascino, ma sprigiona tutta la magia evocatrice e malinconica di un mondo che non c’è più: donne diverse che si muovono con levità fra oggetti desueti, carrozze, caffè, musiche; e ancora amori intellettuali di libri e studi e arte. il vertice orgasmico della lettura si raggiunge se la si compie lentamente e ad alta voce. L’esempio seguente serve a rendere l’idea, qualcuno potrebbe non gradire questo stile, è giusto che il probabile lettore scelga con cognizione di causa.
Ben presto cominciài ad amare e ben alto posi sùbito le mie mire. La mia età non esprimèvasi ancora con due nùmeri, e già mi trovavo innamorato di una regina. Era questa — non sorrìder di mè, amica geniale, chè in amore vi ha cose assài più grottesche — la regina di cuori, una cioè delle quattro di un mazzo di tresette con cui mia nonna e i due reverendi pasciuti alla sua unta cucina, si disputàvano seralmente la lor cinquantina di centesimini. Quando, a mè — che solitamente assistevo al cartaceo tornèo seduto ad un àngolo del tavoliere, rosicchiando libri e cioccolata — quella Maestà gentile apparve la prima volta sul verde prato di felpa col suo visoccio dalla paffuta bontà e col suo cor rosseggiante presso l’orecchio sinistro quasi a dire “agli altri in petto, a mè fu posto in fronte” — casta Susanna in mezzo a’ bramosi vecchioni — sentìi nel sangue quella vampa di caldo, quella scottante puntura come tocco di acceso carbone, che segnò poi sempre in mè l’annunciazione di un amore.