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Conoscere  l’economia – A tutte le età

D Massimo Bramante

Riaprono a Genova e in Liguria le scuole di ogni ordine e grado e – non senza buone ragioni ed argomentazioni – i media locali forniscono allarmanti segnalazioni sui costi per le famiglie di libri e quaderni, sulla carenza di docenti e sulla chiusura spesso irrazionale di edifici scolastici.

Varrebbe forse la pena anche di spendere qualche parola sull’impostazione per così dire “istituzionale” delle singole materie nei programmi di studio ministeriali.

Interrogativi possibili: E’ logico che nei licei scientifici e classici l’economia e la finanza siano spesso un’araba fenice ? E’ logico che nelle classi elementari venga di fatto trascurata nei programmi l’importanza, il significato anche simbolico, di quel tanto o poco denaro che accorti genitori, la mattina, previdentemente, inseriscono nelle tasche dei loro figli e delle loro figlie ?

I dati ISTAT sulla scuola italiana parlano chiaro: il tasso di occupazione dei diplomati è del 70%  rispetto a quel poco più del 50% di chi non ha conseguito il diploma.  Quello dei laureati sale addirittura all’82%.  Studiare è dunque un “investimento”, per genitori e figli, ma cosa concretamente significa “investimento”? Lo sanno i nostri ragazzi/ragazze ?  Studiare significa fare pendere l’ago della bilancia costi/benefici di un’azione costosa odierna verso il lato benefici futuri, ma ne sono consapevoli i nostri ragazzi/e che ascoltano un insegnante che parla loro o aprono un testo a loro consigliato ?

        In un Rapporto di alcuni anni fa su “ Il valore della sostenibilità ambientale ed economica per i giovanissimi in Italia” era emerso che ragazzi/e tra i 13 e i 18 anni sono assai attenti al tema dei cambiamenti climatici, della sostenibilità ambientale e dell’impatto delle attività umane sul pianeta terra; sono altresì abbastanza attenti nel gestire il proprio denaro; affermano, almeno a parole (85% degli intervistati), di voler risparmiare oggi in vista della realizzazione di un  progetto futuro di vita… Ma – chiediamoci – conoscono realmente i fondamenti economici del concetto di “sostenibilità” ? Conoscono la differenza sostanziale tra investimenti finanziari “a rischio” (azioni quotate in borsa, con ampia volatilità) e investimenti “sicuri” (o “quasi sicuri”) come i titoli di Stato, ma pur sempre legati attraverso lo spread al grado di fiduciadi altro-Paese nei confronti del Paese-Italia ?

        Come nella seconda metà dell’Ottocento/primi del Novecento lo Stato introdusse l’istruzione obbligatoria (saper leggere e scrivere per essere anche in grado di firmare consapevolmente contratti di compravendita, affitto, etc.) così oggi, forse, è necessario – fin dalle classi elementari – che la scuola fornisca un bagaglio minimo di conoscenze economiche e finanziarie.  A ricordarcelo è una nota economista, in un argomentato e lucido articolo recentemente apparso sulla stampa locale, dall’emblematico titolo “Economia a scuola dalle elementari”.

        C’è chi ha chiamato tutto ciò “alfabetizzazione” ed “educazione” finanziaria e c’è chi ha acutamente aggiunto, rivolgendosi agli adulti, (Richard Thaler, Nobel per l’Economia 2017) che “l’educazione finanziaria ha un valore limitato.  Non è che le persone sono stupide, sono i problemi ad essere complessi…”.  Questo è un passaggio culturalmente fondamentale: l’educazione economico-finanziaria oggi è importante (un po’ come, da sempre, l’educazione civica), perché i problemi della nostra società super-tecnologica, domani forse dominata dall’Intelligenza Artificiale e da ricorrenti crisi finanziarie, sono sempre più complessi.  Le conoscenze in campo economico – in tutte le età della vita – sono indispensabili : “sono uno scudo per attutire i colpi della crisi…Chi sa di più investe meglio e sa gestire meglio la ricchezza” (sono parole della prof.ssa Anna Maria Lusardi).

        Ma l’economia non può mai essere “staccata” dalla realtà (numeri, formule, grafici fine a se stessi); deve essere dentro, “immersa” nel quotidiano.  In Anna Karenina di Lev Tolstoj, uno dei protagonisti si ritira in campagna e  per svolgere  meglio il suo lavoro inizia a studiare economia leggendo un testo del celebre economista John Stuart Mill; ma trova solo leggi astratte, non trova cosa devono realmente fare i contadini per migliorare la loro situazione economica e uscire dalla povertà…

        L’economia è dunque teoria ma (come la fisica, la biologia, le scienze umane) non è solo teoria. E’ anche possibilità di socializzazione. I bambini, i ragazzi, gli insegnanti, nelle nostre scuole, devono acquisire consapevolezza di questo.  “L’uso quotidiano del denaro ed i significati ad esso attribuiti – ha scritto la psicologa Barbara Ongari – veicolano messaggi sociali più ampi, che vengono percepiti, direttamente o indirettamente, dai bambini.  Le immagini, le opinioni e le emozioni che i bambini, nel corso del loro sviluppo, si formano e sperimentano sul mondo economico degli adulti, costituiscono un osservatorio privilegiato sugli attuali processi di socializzazione”.  L’economia può fornire un significativo contributo alla socializzazione, al miglioramento delle relazioni tra generazioni e/o all’interno di esse (è l’economia di relazione indagata da studiosi quali P.Donati, S.Zamagni, L.Bruni, A.Smerilli   e molti altri).

        Nata come Scienza del governo della casa, della vita quotidiana degli esseri umani (l’ Oikonomicos di Senofonte), l’economia si è nei secoli trasformata, non sempre meritevolmente, in Scienza per il governo degli individui e delle nazioni, si è per così dire individualizzata,  “slegandosi”, a tratti, dai bisogni reali tanto delle persone quanto delle nazioni.  E’ importante  perciò oggi “ritornare” alle persone; avvertire l’esigenza di un’economia declinata al plurale e non più al singolare, un’economia che più che occuparsi ossessivamente della ricchezza del singolo (la finanza mordi-e-fuggi) si rivolga verso la co-esistenza (Platone, nel Simposio), guardi al valore delle relazioni. Questa l’economia che, oggi, nelle scuole italiane, potrebbe (forse dovrebbe) essere oggetto di studio, di approfondimenti mirati e condivisi, indipendentemente dall’età di chi si trova posizionato davanti o  dietro un banco.

Massimo  Bramante 

Massimo Bramante– Laureato con pieni voti et laude in Economia e Commercio (indirizzo economico-sociale) presso Università Studi di Genova. Ha lavorato presso Istituto di credito e svolto Corsi di formazione nazionali su Economia e Sociologia del lavoro. E’ stato giornalista pubblicista nel settore economico-finanziario. Ha collaborato in qualità di “cultore della materia” e membro di commissione d’esame presso le cattedre di Economia Internazionale ed Economia dell’integrazione europea presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Studi di Genova. E’ stato relatore ed ha coordinato seminari ed incontri di studio su temi di “Etica finanziaria” e “Nuove economie”