Racconto a puntate di Pier Guido Quartero


Cogliendo le sollecitazioni degli amici inizio qui a proporre, a chi abbia del tempo da dedicare alla lettura, una vecchia storia, risalente ai primi tempi in cui mi dedicai a prove di scrittura. Il protagonista di questa avventura si chiama Peo Traverso. Chi ha già letto qualcosa di mio sa che questo cognome compare nella saga familiare attraverso la quale ho provato a narrare la storia di Genova, e tutto questo non avviene a caso.


P.G.Q

L’AFFARE SPAMPANATO TRIPOLI

Cap 6: SABATO ALL’UNA

Sabato all’una Peo e Pietro erano seduti ad un tavolo della trattoria del Righi: la collina, posta tra le valli del Polcevera e del Bisagno, che sovrasta il centro di Genova.. Si trattava di un appuntamento quasi fisso, che durava dal tempo in cui Peo non era ancora andato in pensione. Nella bella stagione il terrazzo della trattoria era veramente accogliente e garantiva, soprattutto la sera, una temperatura assai più gradevole di quella della città sottostante.

A Peo piaceva arrampicarsi su per le creuze che dal centro storico portavano prima a Castelletto, poi a San Nicola e poi via via, per la Madonnetta e la Porta delle Chiappe, fino al Parco delle Mura, dove una serie di percorsi piuttosto agevoli consentivano di raggiungere la cinta dei forti che controllava gli accessi alla città da una parte fino a Trensasco e dall’altra verso Begato e Sampierdarena.

Pietro era assai più sedentario, e preferiva leggere i giornali e intrattenersi con gli altri avventori del bar trattoria al cui tavolo i due ora erano seduti.

L’uomo alto coi baffi posò sul tavolo una fiammenghilla di lasagne al pesto, mentre il cameriere orientale si destreggiava con una bottiglia di barbera. “Aloa anemmo ben? O Scio Pietlo o l’è contento de comme a va a Sandoia quest’anno? Coze piggiaè pe segundu? Gh’emmo flito misto, flitua de pescio, gligliata de calne, çimma…”

Sentire il dayakko esprimersi in dialetto genovese, anche se non era più una novità, costituiva per i due amici, come per gli altri clienti, un motivo di spasso. Restituirono l’ordinazione in genovese, sebbene più stentato di quello dell’interlocutore, e ripresero la loro chiacchierata.

-Così sei stato a casa di quella Spompinato– disse Pietro, badando bene a non farsi sfuggire l’occasione per storpiare il nome della cliente di Peo.

-Sì, due volte. Ho conosciuto il marito, che è proprio mal messo, e la seconda volta ho visto anche i due figli. Sembrano fatti con lo stampino della madre: aria malsana e sfuggente, viso antipatico. Tra l’altro sono più vecchi di quanto mi aspettassi: facendo due conti rispetto al periodo in cui la Spompinatoe il Tripoli si dovrebbero essere sposati immaginavo che avessero cinque o sei anni di meno…

-Sei sicuvo che non abbia avuto anche lei un pvecedente matvimonio?

-E’ possibile, del resto la quantità di cose che non mi ha detto fin dall’inizio comincia ad essere notevole. Chissà cosa ha nella testa quella donna. Non so se sia imbarazzata a parlare di queste cose perché urtano contro la sua devozione cattolica o se ci sia dietro qualcos’altro…

-E’ uscito fuovi qualcos’altvo?

-Sì: nella seconda visita che le ho fatto, dopo che mi aveva telefonato mettendomi una grandissima urgenza, è saltato fuori che il marito avrebbe ricevuto, pochi mesi prima di avere l’ictus, una comunicazione circa un importo per assicurazione INAIL che gli sarebbe spettato a fronte di un incidente avuto in ufficio. Un bel pacchetto di milioni. Ma la donna dice che non ci sono altri documenti e che non riesce a capire cosa sia successo.

-Ti tocchevà fave un salto all’INAIL, allova. Ce l’hai una copia del documento?

-No, ce l’ho a casa. Comunque lunedì torno all’INPS per l’accesso ai dati della previdenza commercianti. Pittaluga mi ha fatto l’autentica della firma del Tripoli e immagino che a questo punto non mi romperanno più le palle con i loro distinguo… Poi martedì andrò all’INAIL. Questa storia della Spampanato sta diventando una bella menata…

-Non pev niente si chiama Spompinato, no?

Dopo il caffè, e liquidato il conto, si avviarono in discesa verso la città. In via del tutto eccezionale, quel giorno, Pietro aveva rinunciato a muoversi con l’auto: per salire avevano fatto ricorso alla antica funicolare che unisce il Righi e Piazza della Zecca, arrampicandosi per un bel tratto sulla collina alle spalle della città. Decisero di scendere a piedi, lungo le creuze che fiancheggiano il percorso della funicolare, fermandosi ogni tanto ad ammirare gli scorci e i panorami splendidi e talvolta inattesi che si aprivano sugli orti e sul mare.

Una volta giunti alla Zecca, Pietro si allontanò verso casa, mentre Peo decise di passare il pomeriggio al cinema. C’era un bel film di gangster, all’Ariston, proprio sotto casa sua. Dopo avrebbe fatto un giro per i negozi, per rifornirsi di cibo per la domenica e vedere se trovava qualcosa da regalare alla Nina, per il suo compleanno.

Con Nina aveva avuto una breve relazione, anni prima, che si era trasformata in una tranquilla amicizia. Viveva sola anche lei, e spesso gli teneva compagnia durante le escursioni domenicali e nelle uscite serali.

Nei periodi, come era questo, in cui Peo non aveva impegni sentimentali, costituiva la sua unica frequentazione femminile, a parte la moglie, alla quale era tuttora legato da un affetto solidale. Contava di invitarla a cena, la sera del suo compleanno, e di farle un po’ di festa, sapendo che, dopo il recente matrimonio della figlia, sentiva un po’ il peso della solitudine.

Il film corrispose pienamente alle sue aspettative. Fotografia e luci fantastiche, personaggi ben caratterizzati e la giusta dose di azione. Le due ore dello spettacolo passarono in un soffio. Quando uscì il cielo cominciava ad oscurarsi, complici le nuvole basse e scure che annunciavano la prossima pioggia.

La voglia di fare acquisti gli era passata: le due ore passate nel cinematografo, la sera incipiente e il brutto tempo lo avevano messo in uno stato d’animo tra l’abulico e il contemplativo. Si limitò ad infilarsi dentro un supermercato dove acquistò una confezione di ravioli, formaggio e un po’ di salsiccia. Al regalo per Nina avrebbe pensato lunedì: c’era ancora tempo. Ora, il suo massimo desiderio era quello di tornare a casa, mettersi comodo e dedicarsi al suo libro, in compagnia di un po’ di musica e del solito bicchiere di birra.

Si affrettò su per la salita del Fondaco, diretto a casa.

La serata si preannunciava tranquilla. Il calore dell’appartamento e l’illuminazione gradevole del soggiorno gli fecero recuperare un po’ di vitalità. Era ancora presto per preparare la cena. Si versò la birra che aveva tanto agognata e si sedette al tavolo. Preferiva questa posizione, con le braccia appoggiate, che non sedersi sul divano, sul quale amava invece stare sdraiato. Aperse il libro e si immerse nella lettura.

Un’oretta dopo, mentre stava preparandosi la cena, tornò ancora con la mente all’affare Spampanato; il quadro che si stava delineando era abbastanza articolato: due coniugi, dei quali uno completamente fulminato, entrambi probabilmente con precedenti esperienze matrimoniali alle spalle e, almeno lei, con figli presumibilmente di primo letto. Un bel pacchetto di milioni di cui si avevano solo vaghe notizie. Il tutto condito dall’atteggiamento della sua cliente, a metà tra l’arrogante e l’evasivo. Chissà se era solo la sua fantasia a montare un caso intorno a questa pratica o se veramente c’era da aspettarsi qualcosa al di fuori dalla normale routine? Tutto sommato a Peo non sarebbe dispiaciuto trovarsi per le mani un lavoro un po’ interessante: avrebbe dato una scossa alla noia di quella sua vita sonnolenta.

I ravioli al burro e salvia erano pronti. Li cosparse di abbondante parmigiano grattugiato e si sedette a mangiare. Gli venne in mente il cherubino dell’INPS. Chissà se lunedì avrebbe collaborato?
[Continua…]
Capitoli di “L’affare Spampinato-Tripoli” già pubblicati

Pier Guido Quartero Pier Guido Quartero
Opere dell’autore pubblicate da Liberodiscrivere


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