“Il manoscritto Voynich” Ed. Bompiani
Questa è una recensione-paradosso, alla fine si scoprirà perché. È un libro, l’unico presente in questa rubrica, che non ho letto, e neppure voi lo leggerete, di questo sono certa, non riuscirete a farlo, per quanto possiate sforzarvi. Lo troverete incomprensibile, non sarete all’altezza, non offendetevi.
Si tratta della copia anastatica di un prezioso manoscritto, risalente (secondo la datazione al carbonio) fra il 1404 e il 1438 e conservato presso la Biblioteca Beinecke di manoscritti e libri rari dell’Università Yale, negli Stati Uniti, registrato col numero Ms 408.
Il nome si deve a Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari di origini polacche, che lo acquistò dal collegio gesuita di Villa Mondragone (Frascati) nel 1912.
Pare che Umberto Eco, quando vi si recò, chiese di vedere solo questo manoscritto.
È un’opera di grande bellezza, vergata su pergamena, impreziosita da splendide illustrazioni, sulla base delle quali gli studiosi hanno denominato le varie sezioni del testo: botanica, immagini di piante esotiche; astronomica o astrologica, stelle e segni zodiacali; biologica, immagini di donne nude immerse in strane vasche; ci sono poi bellissimi medaglioni con figure di stelle ed altri elementi decorativi; la sezione farmacologica riporta raffigurazioni di ampolle e fiale in uso presso le antiche farmacie.
Si suppone che sia un almanacco di medicina; perché si suppone? Non si capisce dal testo scritto? No, è impossibile, perché la lingua in cui è redatto è sconosciuta e, nonostante illustri studiosi si siano cimentati nella sua decifrazione, rimane misteriosa, illeggibile.
Il libro è in commercio, io lo acquistai lo scorso anno ad un prezzo non troppo elevato, poco più di quaranta euro, come due bestseller di nuova uscita; oggi si trova con uno sconto del 20%, trentasei euro.
È un oggetto d’arte di gran pregio, una gioia degli occhi e un dono offerto alla fantasia, per congetturare su un affascinante mistero.