Edith Södergran “La luna” edizioni Via del vento
Edith Södergran una fra i massimi poeti svedesi del Novecento. (1892 – 1923)
Non so come sono arrivata a questo libro, non avevo mai sentito parlare prima di questa poetessa. Sono quasi certa però di averlo visto citato in un altro libro, e di averlo averlo comprato d’impulso, con urgenza spasmodica di possederlo; ne sono quasi certa perché questo mi capita spesso, la stragrande maggioranza dei miei libri sono stati “consigliati” da altri libri e acquistati con ansia, come se non avessi più nulla da leggere.
È un esile volumetto, non arriva alle cinquanta pagine totali, 12 x 17 centimetri, si nasconde agevolmente in una tasca. Ne esistono settecento copie, la mia porta il numero 283.
Difficilmente lo trovereste nella vetrina di una libreria, e se anche ci fosse, passerebbe del tutto inosservato, fra i fratelli di mole imponente, dalle vesti sgargianti e, ammettiamolo, un po’ volgari, indossate per adescare i compratori, merce che si mette sfacciatamente in mostra.
Questo no, indossa una sobria tunica di cartoncino grezzo, di uno smorto color carta zucchero (non siamo più in molti a sapere perché si chiama così). Al centro della copertina un semplice riquadro, in alto il nome dell’autore, il titolo; in basso il nome della collana – acquamarina – e quello della casa editrice, sovrastati da un piccolo logo nero; lo stesso, di color ocra, più piccolo, costituisce il punteggiato dello sfondo della copertina. Ci vuole un po’ di attenzione, specie per i lettori presbiti, per capire che si tratta della silhouette di una strega in volo, a cavallo della scopa, con tanto di regolamentare cappello a punta.
Un libro così si tiene delicatamente fra le mani, lo si accarezza con i polpastrelli prima di aprirlo, indugiando, in una sorta di preliminare amoroso. La carta, è di buona consistenza, di un elegante color avorio: sulla pagina le parole, si stagliano nitide, si offrono, con garbata condiscendenza, alla lettura.
E ancora una volta le parole, felici combinazioni di pochi segni, nate fra le infinite possibili, compiono il sortilegio, e davanti ai nostri occhi compaiono boschi, uccelli in volo, stelle, vento che si muove fra gli alberi, fiori, foglie morte, colori autunnali, sere fredde, che vanno a comporre paesaggi che una giovane donna ha guardato per sé mentre cantava desideri, nostalgie, amori, speranze, strazio, rassegnazione, ponendosi eterne domande, che non avranno mai risposta. Da cento anni esatti i suoi occhi sono chiusi, ma i paesaggi che ha visto, le domande che ha sussurrato alla luna o gridato al cielo, li ha imprigionati qui, in queste pagine, perché noi con la magia della lettura potessimo evocarli e riportarli in vita.