FOGLI SPARSI
Vagabondaggi di riflessioni e ricordi, appuntati senza un ordine preciso,
su fogli sparsi
Rubrica a cura di Grazia Tanzi
Il cavaliere dalla Ridente Figura. Angelo Fortunato Formíggini (1)
La storia che qui si narra, comincia all’ombra della svettante torre, che si staglia, con eleganza, nel cielo di Modena: la Ghirlandina, il cui nome si deve alle due balaustre di marmo che circondano la parte superiore, gotica a struttura ottagonale, come ghirlande. E termina, tragicamente, ai suoi piedi.
L’eroe, ma lui non amerebbe essere definito così, è Angelo Fortunato Formíggini, il quale, grazie alle sue utopistiche, meritorie battaglie, potrebbe fregiarsi del titolo donchisciottesco di Cavaliere errante. E, grazie alla sua peculiare weltanschauung, bene gli si adatterebbe l’epiteto di Cavalieredalla Ridente Figura. Allora che la storia cominci.
[…] Formiggini, appartiene a una delle grandi famiglie ebraiche di Modena, storicamente legate alla Corte estense dalla quale hanno ricevuto nei secoli privilegi e “discriminazioni”, ovvero deroghe alle disposizioni contro gli israeliti che i duchi concedevano alle famiglie più in vista, da cui si rifornivano sia per comprare sul mercato europeo i più begli oggetti, specialmente gioielli, sia per finanziare costosi capricci, anzitutto il gioco d’azzardo e… la guerra, che è un gioco d’azzardo in cui la posta è la vita.
A differenza dei rami di Formiggini diventati cristiani nel corso dei secoli, come è successo ad altre famiglie di ebrei che si sono convertite per non essere perseguitate, la linea diretta di Angelo Fortunato ha mantenuto la propria identità ebraica e può vantare rabbini e figure devote, per quanto i genitori e gli zii non siano più così osservanti. La sua stirpe ha continuato ad avere un ruolo all’interno della comunità modenese, da sempre gelosa del proprio retaggio e delle proprie costumanze, e ha avuto in città scuole, cimiteri e sinagoghe. (Marco Ventura, Il fuoruscito)
Formíggini andrebbe scritto, come farò, con la í accentata, con l’accento acuto, per evitare l’assonanza con formaggini, ma lui stesso, si firmerà più volte Formaggino da Modena, in dialetto Furmaijin da Modna. Il nome deriva da Formigine, città non distante da Modena, dalla quale la sua casata ha preso il nome.
Così lo stesso Formíggini parla della sua nascita:
[…] la mia vita comincia con un falso in atto pubblico, perché negli uffici di anagrafe della mia città figuro come nato in Modena, mentre la verità è questa: che io sono nato il 21 giugno 1878 nella mia villa di Collegara presso Modena. Il denunciarmi come nato in campagna sembrò forse ai miei genitori una diminuzione di dignità per chi avrebbe, un giorno, dovuto scrivere la propria autobiografia…» (A.F. Formiggini La ficozza filosofica del fascismo 1923)
Il giovane Angelo, iscritto al Liceo Classico Galvani di Bologna, compie nel 1896, una spettacolare impresa burlesca: compone, fa stampare e distribuisce, all’interno della scuola, un poemetto dal titolo impertinente e allusivo: La divina farsa Ovvero la descensione ad inferos di Formaggino da Modena, nel quale sbeffeggia senza pietà compagni di scuola e professori. È la prima manifestazione pubblica della vena ironica e satirica che informerà tutta la sua visione del mondo e il suo futuro mestiere di editore. Ma un professore, dotato di
scarso senso dell’umorismo, lo fa espellere.
Il verdetto non passa liscio e scoppia la rivolta degli studenti, che formano un corteo, di quasi duecento teste, vociante nelle vie del centro per dirigersi nella zona universitaria. (Antonio Castronuovo Libri da ridere)
Il caso finisce sui giornali, arriva sulla scrivania del Ministro dell’Istruzione. Le manifestazioni pubbliche a difesa del giovane vengono deplorate, tuttavia lo studente, molto intelligente e volenteroso, ma dotato di “ingegno bizzarro” (Ibidem), viene difeso.
La macchina punitiva segue però la sua strada e il 6 dicembre appare questa notizia: «Lo studente Formiggini, causa dei disordini, è stato invitato a partire stamane per Modena, sua patria.»
Costretto a tornare nella sua città, ottiene la maturità al liceo Ludovico Muratori. Si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza di Modena dove si laurea con lode, nel 1901, con la tesi La donna nella Torah in raffronto con il Manava-Dharma-Sastra. Contributo storico-giuridico a un riavvicinamento tra la razza ariana e la semita.
Il suo lavoro intende dimostrare la comune origine di ariani e semiti, ma si tratta di un’altra burla, sotto il titolo altisonante si nasconde un “pesce d’aprile” come egli stesso lo definirà, confessandolo molti anni dopo, in uno scritto autobiografico. Se non ne derivano spiacevoli conseguenze, è solo perché i professori non leggono le tesi di laurea, come Formiggíni ha dimostrato.
L’annuncio della sua laurea, quale fine della vita spensierata dello studente, è una divertente parodia dei necrologi.
Consegue poi una seconda laurea, in Filosofia morale, con una tesi intitolata, in perfetta sintonia col suo carattere e le sue idee, Filosofia del ridere. Il ridere, facoltà esclusivamente umana, viene definito come “la massima manifestazione del pensiero filosofico” e l’umorismo considerato fattore di pacificazione fra gli uomini.
[…] La risata è “il tessuto connettivo più tenace”, non si tratta soltanto di individuare nell’uomo la creatura che si fa prendere dal riso: la comicità deve anche assurgere a specifico valore civile. Ridere è il più efficace fenomeno che rende benevoli gli uomini gli uni verso gli altri. Il riso deve allora assumere i connotati di “riso umanitario” lasciandosi alle spalle qualunque “riso di classe”; deve insomma condurre l’uomo lontano dalla conflittualità. ( Antonio Castronuovo, Libri da ridere)
Forse la vena comica e irridente di Formíggini si deve all’aria modenese, respirata anche, secoli prima, dal poeta Alessandro Tassoni, autore della Secchia rapita, poema eroicomico dato alle stampe fra il 1624 e il 1630.
Monumento a Alessandro Tassoni
Le vicende prendono spunto dalla autentica, e annosa, rivalità fra Modena e Bologna, e si ispirano, con libertà cronologica, alla battaglia realmente combattuta a Zappolino, nel tardo Medioevo, e al trafugamento di una secchia di legno, perpetrato dai modenesi a danno dei loro nemici. Dai tentativi di recuperare il prezioso recipiente, prende l’avvio un complesso intreccio comico-avventuroso che vede affrontarsi in campo, diversamente schierati, perfino gli dei dell’Olimpo; non mancano duelli, sfide, tornei e, naturalmente avventure amorose, il tutto per il gran diletto del lettore, che viene invitato col sorriso, a riflettere sull’assurdità della guerra. Alla fine delle ostilità i Bolognesi, chiamati Petroni per via del Santo protettore Petronio, trattengono un illustre prigioniero catturato, re Enzo, figlio di Federico II; i Modenesi o Gemignani, a loro volta così detti dal loro Santo Gimignano, non lo rivogliono indietro, preferiscono tenersi la secchia di legno. L’umile oggetto di tanto contendere, la “vil secchia”, di dubbia autenticità, è oggi custodito, all’interno della Ghirlandina.
Vorrei cantar quel memorando sdegno
ch’infiammò già ne’ fieri petti umani
un’infelice e vil Secchia di legno
che tolsero a i Petroni i Gemignani.
[…]
Ma la Secchia fu subito serrata
ne la torre maggior dove ancor stassi,
in alto per trofeo posta e legata
con una gran catena a’ curvi sassi;
s’entra per cinque porte ov’è guardata
e non è cavalier che di là passi
né pellegrin di conto, il qual non voglia
veder sì degna e glorïosa spoglia.»
(Alessandro Tassoni, La secchia rapita)
Tutto ciò non può lasciare indifferente Formíggini, per amore delle tradizioni della sua città, per le forti affinità con lo spirito umoristico di Tassoni. Ma, soprattutto, per il suo profondo e sincero anelito alla pace, per la sua “filosofia del ridere” che vede nella gioia e nel ridere il miglior veicolo di diffusione della fratellanza e della concordia.
Per il 31 maggio del 1908 organizza la rievocazione della storica battaglia di Zappolino, avvenuta nel 1325, che aveva ispirato il poema del Tassoni. Lo scopo dell’evento non è quello di celebrare lo scontro, bensì di sancire la pace fra le due città, e superare le antiche rivalità.
La festa mutino-bononiense, che sarà in realtà posticipata al 29 giugno, viene organizzata alla periferia di Modena, nella zona della Fossalta, dove nel 1249 si era scatenata una delle principali battaglie fra gli eserciti delle due città nemiche.
Il rito di pacificazione, con annesso banchetto, prevede la restituzione simbolica della secchia. Il successo dell’evento è attestato da una targa murata in loco.
Simbolico anche il manifesto che pubblicizza l’evento.
[…] riproduce le torri caratteristiche delle due città: da una parte la Ghirlandina modenese, dall’altra la torre degli Asinelli, la più alta e slan- ciata delle famose Due Torri di Bologna. Nel manifesto i due monumenti sono umanizzati: non solo si sorridono l’un l’altro con bonomia, sono addirittura dotati di braccia e sollevano l’ossuta destra in una pacifica stretta di mano che sovrasta i tetti. Al centro spicca Tassoni incorniciato da una ghirlanda di alloro, da cui pende, fissata a una catena, la secchia di legno.(Antonio Castronovo, Libri da ridere)
Per l’occasione Formíggini pubblica due volumi, il primo è La secchia che, come è scritto in copertina,
Contiene sonetti burleschi inediti del Tassoni e molte invenzioni piacevoli e curiose, vagamente illustrate, edite per la famosa festa mutino-bononiense del 31 Maggio 1908. Prefazione di Olindo Guerrini.
Il secondo è una raccolta di saggi, Miscellanea tassoniana di studi storici e letterari, dedicati al poeta seicentesco modenese con la prefazione di Giovanni Pascoli. I due volumi ottengono grande successo, e costituiscono l’occasione che induce Formíggini a diventare editore. Sarà la grande svolta della sua vita, l’inizio di una intensa attività al servizio della diffusione della cultura e della filosofia “umoristico-pacifista”, come vedremo nella seconda parte.
(Continua)
Bibliografia
Antonio Castronuovo Libri da ridere Ed. Stampa Alternativa
Alessandro Tassoni La secchia rapita Varie edizioni
Marco Ventura Il fuoruscito Ed. Piemme