Racconto a puntate di Pier Guido Quartero
Cogliendo le sollecitazioni degli amici inizio qui a proporre, a chi abbia del tempo da dedicare alla lettura, una vecchia storia, risalente ai primi tempi in cui mi dedicai a prove di scrittura. Il protagonista di questa avventura si chiama Peo Traverso. Chi ha già letto qualcosa di mio sa che questo cognome compare nella saga familiare attraverso la quale ho provato a narrare la storia di Genova, e tutto questo non avviene a caso.
P.G.Q
L’AFFARE SPAMPANATO TRIPOLI
Cap 5: L’ANTRO DELLA MEGERA
L’antro della megera si rivelò, a prima vista, una normale abitazione piccolo borghese. La Sig.ra Spampanato fece accomodare Peo e il Notaio Pittaluga nel salotto, illuminato da due ampie finestre che si affacciavano su una delle strade alberate della circonvallazione a monte. I quadri alle pareti non avevano alcun valore, ma coloravano piacevolmente la stanza. Sul tavolo rotondo nell’angolo era posato un vaso di vetro con fiori secchi. Peo e il Notaio –un tipetto tondo con la faccia rosea da porcellino- sedettero sul divano, mentre la padrona di casa sprofondava in una poltrona davanti a loro.
Peo riassunse rapidamente la situazione, del resto già ampiamente illustrata per telefono ad entrambi gli ascoltatori. Si limitò, comunque, a parlare della necessità di acquisire documenti ad accesso riservato, senza rivelare la sua intenzione di ricostruire le vicende relative alla prima famiglia del Tripoli: se la sua cliente non aveva ritenuto opportuno parlargliene, non vedeva perché avrebbe dovuto esser lui a tirar fuori l’argomento; se ne sarebbe trattato quando avesse avuto tutte le carte in mano.
Il Notaio, come era nelle previsioni, fece notare che autenticare una procura in quelle condizioni era al limite della regolarità, trattandosi di persona che, nei fatti, risultava non in grado di intendere. Tuttavia, data l’inesistenza di rischi specifici e anzi, considerato che il tutto avveniva nel suo interesse, considerato inoltre che l’incapacità non era tuttora formalmente accertata, considerato poi…. Insomma, alla fine l’autentica si poteva fare.
Terminati i preliminari, i tre si recarono in cucina, dove si trovava l’ammalato. Questi era seduto su una poltrona di vimini vicino ad un tavolo di formica dal colore verde pallido. Il pavimento di linoleum era dello stesso colore del tavolo. La radio suonava canzonette in voga vent’anni prima. Nell’aria c’era odore di detersivo misto a caffè.
-Vi presento mio marito- disse la Spampanato con un tono tra il sussiegoso e il sarcastico.
-Tanto piacere- disse Peo cercando di fotografare l’uomo senza dare l’impressione di guardarlo troppo a lungo.
Si trattava di un omino con una gran testata di capelli grigiastri che tendevano a diradarsi. Le sopracciglia folte marcavano un viso per il resto quasi infantile. Gli occhi fermi e vuoti confermavano che il Sig. Tripoli non aveva alcun interesse per quanto accadeva intorno a lui.
L’uomo aveva le braccia abbandonate in grembo. Le mani, che spuntavano dalle maniche di una giacca da casa troppo grande, giacevano immobili sui pantaloni del pigiama di flanella, a righe quasi carcerarie. Il quadro era completato dalle pantofole di stoffa marrone che facevano contrasto con la pelle bianchissima delle caviglie sottili ed ossute.
-Procediamo subito o gradite un caffè?- chiese la Spampanato, con fare deciso.
-Grazie, lo abbiamo già preso venendo qui- L’idea di bere l’intruglio che la donna gli avrebbe propinato non gli sorrideva per niente- Veda se può aiutare suo marito a mettere una firma qui.
Così dicendo posò sul tavolo il foglio con la procura già predisposta. La donna prese la mano del marito, che la lasciò fare passivamente, gli infilò una penna tra le dita e, tenendogli la mano nella propria come se stringesse uno straccio, vergò una specie di geroglifico sul documento.
Il Notaio, cui toccava completare l’operazione, appose i timbri necessari e sottoscrisse l’autentica.
A questo punto si verificò un curioso balletto: i notai, come è noto, non lavorano gratis, e peraltro non amano entrare in dettagli volgari come le questioni di soldi. La Spampanato, dal canto suo, non sembrava intenzionata ad esporsi.
Toccò a Peo risolvere la questione: -Mi farai avere la tua nota, Pitta; mi raccomando, non andarci pesante…
Il Notaio sorrise. -Tranquillo Peo, lo so che perdi le scarpe…
Così dicendo i due si avviarono verso l’uscita, seguiti dalla donna, che sembrava sollevata all’idea di non aver dovuto scucire denaro. Mentre usciva dalla cucina, Peo ebbe l’impressione che il malato avesse mosso leggermente la testa per guardarlo, ma non riuscì ad esserne sicuro. Salutata rapidamente la padrona di casa, si infilò rapidamente con l’amico nell’ascensore che, calando per le scale poco illuminate, lo trasportò al pianterreno.
Usciti per strada, il Notaio respirò a fondo. –Un bel soggettino la tua cliente, eh? Secondo me è lei che ha ridotto il marito in quello stato… Ho anche avuto la netta impressione che fosse ben decisa a lasciare che fossi tu a regolarmi la parcella. Stai all’occhio: mi sa che sarà dura farle scucire il tuo onorario, alla fine…
Per consolare Peo dalle future, prevedibili disgrazie che la Spampanato gli avrebbe regalato, l’amico gli offerse un ricco aperitivo, consumato in un locale con vista sul centro storico e sul mare di Genova. Passarono una mezz’oretta a chiacchierare commemorando i tempi della scuola e facendo l’elenco dei vivi e dei morti -sempre più lungo, quest’ultimo. Si lasciarono con l’impegno di vedersi una sera a cena, sapendo che invece non se ne sarebbe fatto nulla, ma è bello scambiarsi questo tipo di false promesse…
Il cielo era completamente buio ormai da un po’ e le luci dei lampioni rischiaravano la strada quando Peo si avviò finalmente verso casa. Prese una delle creuze che uniscono la Circonvallazione al centro e discese con calma verso la Piazza Portello. L’acciottolato rosso della creuza, in qualche punto, era reso pericolosamente viscido dall’umidità e dalle foglie morte cadute dagli alberi dei giardini che sporgevano i loro rami sulla strada.
Peo camminava con precauzione, ancora con la testa alle chiacchiere fatte con l’amico notaio. Mano a mano che scendeva però il pensiero gli tornò all’incontro del pomeriggio ed al suo –indiretto- cliente. Quell’uomo gli aveva fatto decisamente pena. Non sembrava che la moglie lo trattasse male: tutto sommato era pulito e in ordine, ma vedere una persona che aveva quasi la sua stessa età ridotta in quelle condizioni lo faceva patire.
Gli venne in mente che non aveva visto i figli della coppia. Probabilmente ormai erano in età di lavoro, o quanto meno studenti parcheggiati, come tanti, all’Università, in attesa di una possibilità occupazionale che cadesse dal cielo –o più banalmente dal parroco- pensò malignamente Peo, ricordando il contenuto della borsa della Spampanato.
Quando fu arrivato in Piazza Portello si buttò per Via Luccoli verso San Matteo. I carruggi, dopo che i negozi abbassavano le serrande, si svuotavano rapidamente. I locali pubblici, assai numerosi in quella zona, non trovavano ancora conveniente tenere aperto fin dopo cena. La strada recava tutti i segni della giornata che era trascorsa. Pezzi di carta volanti, lattine e bottiglie vuote, sacchi di immondizie vicino ai contenitori destinati al deposito. La mattina dopo tutto sarebbe stato di nuovo pulito e in ordine, pronto per ricominciare lo spettacolo quotidiano.
Salito nel suo appartamento, si affacciò un momento a guardare il campanile delle Vigne, illuminato da un apposito impianto. L’ombra bianca di un gabbiano passò nel cielo sopra i tetti della città. Ebbe un sospiro di contentezza.
Dopo aver consumato due uova al tegame ed un bicchiere di Muscat avanzato dal giorno prima, si accinse a riprendere la lettura dell’ultimo libro acquistato da Feltrinelli: “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”, lo trovava veramente spassoso e pregustava una splendida serata.
Fu disturbato dal suono del cellulare –dannazione! Aveva dimenticato di staccarlo…
-Pronto, dottor Traverso. Sono Spampanato. Mettendo in ordine le carte di mio marito ho trovato un documento che non riesco ad interpretare. Ho bisogno di parlargliene.
-Ora non posso signora –mentì spudoratamente Peo- ho delle persone a cena e non posso lasciarle sole. Se vuole possiamo vederci domani nel pomeriggio. In mattinata vorrei passare all’INPS per quella pratica che sa…
La Spampanato aveva problemi ad essere disponibile, ma aveva anche urgenza. Fu così insistente che finirono per accordarsi per una nuova visita di Peo a casa sua l’indomani alle sette del pomeriggio.
Cazzo!! La telefonata e l’impegno assunto a malincuore gli avevano rovinato l’umore. Corse ai ripari accendendosi una sigaretta e versandosi una birra. Quindi, armato di libro ed occhiali, si trasferì in camera da letto dove si coricò con la ferma intenzione di leggere almeno una trentina di pagine. Dopo dieci minuti dormiva.
- L’affare Spampinato Tripoli – 1) Un pensionato al lavoro
- L’affare Spampinato Tripoli – 2) La Sig.ra Spampinato Tripoli
- L’affare Spampinato Tripoli – 3) Un lunedì come un altro
- L’affare Spampinato Tripoli – 4) A cena con Pietro
- L’affare Spampinato Tripoli – 5) L’antro della megera
- L’affare Spampinato Tripoli – 6) Sabato all’una
- L’affare Spampinato Tripoli – 7) IL cherubino
- L’affare Spampinato Tripoli – 8) Pausa annoiata con incubo
- L’affare Spampinato Tripoli – 9) La gita andò benissimo
- L’affare Spampinato Tripoli – 10) Peo trova la Rosa
- L’affare Spampinato Tripoli – 11) E scopre qualcosa
- L’affare Spampinato Tripoli – 12) Pietro fa due previsoni
Pier Guido Quartero
Opere dell’autore pubblicate da Liberodiscrivere