Racconto a puntate di Pier Guido Quartero
Cogliendo le sollecitazioni degli amici inizio qui a proporre, a chi abbia del tempo da dedicare alla lettura, una vecchia storia, risalente ai primi tempi in cui mi dedicai a prove di scrittura. Il protagonista di questa avventura si chiama Peo Traverso. Chi ha già letto qualcosa di mio sa che questo cognome compare nella saga familiare attraverso la quale ho provato a narrare la storia di Genova, e tutto questo non avviene a caso.
P.G.Q
L’AFFARE SPAMPANATO TRIPOLI
Cap 14: IL SOCCORSO ROSSO
Quel venerdì si annunciava impegnativo. Il cielo aveva cominciato a scaricare acqua a catinelle fino dalle prime ore del mattino, tentando di convincere Peo a girarsi nel letto e prolungare il sonno il più possibile. Ciononostante, il nostro aveva compiuto uno sforzo eroico per alzarsi, aveva fatto una doccia, si era sbarbato accuratamente ed aveva provveduto addirittura ad una serie di incombenze igieniche non obbligatorie, quali il taglio delle unghie delle mani e dei piedi.
Ora stava sorseggiando una tazza di the liscio, mentre rifletteva sui prossimi passi da compiere. Per il pomeriggio era prevista la visita alla Spampanato. In mattinata invece sarebbe entrato in funzione il Soccorso rosso: aveva appuntamento con Erminia, che aveva insistito per vederlo e parlare a voce dell’affare Tripoli; aveva una passione per le storie, e aveva capito che dietro alla telefonata del compagno Traverso ce n’era una abbastanza sugosa.
Bisognava stare al gioco e raccontargliela tutta. In cambio quasi sicuramente avrebbe avuto il nome di qualcuno che lo potesse aiutare a riannodare gli ultimi fili della storia senza sollevare un vespaio.
L’appuntamento era nel bar davanti al Comune, che funge da punto di ristoro e mensa per gli impiegati, ma anche da punto di appoggio e eventuale ufficio di rincalzo per politici e sindacalisti. Peo arrivò sotto l’acqua torrenziale con qualche minuto di anticipo e andò a sedersi ad un tavolo nella sala normalmente adibita a mensa, da cui si poteva vedere il bancone del bar.
La titolare, che lo conosceva da una vita, gli portò un caffè, chiedendogli se aspettasse qualcuno.
-La Erminia, sa, quella della CGIL. Dovrebbe arrivare a minuti. Glielo dice Lei che sono qui?
La padrona annuì, allontanandosi. Non aveva ancora finito di bere, quando Erminia arrivò.
Era una bruna alta e piuttosto in carne, poco più giovane di Peo, che conservava lineamenti graziosi e un sorriso simpatico e giovanile.
-Ciao Peo, aspetta un momento, prendo un caffè anch’io e arrivo.
Era stata sempre una ragazza molto vitale e si muoveva con un po’ più di energia di quanta ne fosse necessaria: in questo caso, volendo servirsi al banco invece che farsi portare la tazza al tavolino, ruotò vigorosamente su se stessa facendo schizzare la pioggia raccolta dall’impermeabile sugli astanti. Poi, avendone riconosciuto uno, si precipitò ad abbracciarlo, finendo impegolata in un batti e ribatti con alcuni altri sindacalisti.
Ci vollero dieci minuti, prima che tornasse al tavolo di Peo, che peraltro, conoscendola bene, non si era minimamente scomposto.
-Allora, racconta. Mi sembra che hai trovato una bella storia, o mi sbaglio?
E lui raccontò. Spiegò della vecchia megera, del marito paralitico, dei figli di lei e della prima moglie di lui e del ragazzo disgraziato. Poi le disse dei soldi dell’assicurazione e del suo bisogno di sapere con certezza se e come erano finiti al Tripoli. Ci volle una buona mezz’ora, perché Erminia partecipava alla narrazione con domande e commenti. Alla fine, naturalmente, era schierata con lui.
-Secondo me ti stai prendendo o ma do Rosso o carta- gli disse, volendo significare che stava prendendosi un fardello che nessuno gli aveva chiesto di raccogliere, ma se puoi dare una mano a quella poveretta di Rossiglione e a suo figlio, fai bene. Poi, è una storia così interessante…
-Va bene, Erminia, ma ora mi devi dare una mano, se vuoi che arriviamo in fondo senza fare pasticci. C’è questo Comune che ti ho detto dove il Tripoli lavorava… l’assicurazione arriva da lì. Io ho bisogno di sapere come e perché i soldi sono andati a lui e se la cosa era secondo le regole. Non è che laggiù c’è qualche compagno fidato, che possa farmi sapere cosa è successo senza mettere su un casino?
-Ci ho già un po’ pensato. Ho anche fatto un giro di telefonate. Sembra che un nome ce lo abbiamo: un certo Amedeo Prefumo, che è stato anche nel direttivo provinciale di là. Un compagno vero, di quelli che stavano nel PCI. Ora si è rotto i coglioni e non dà più attività, ma è sempre iscritto, e mi ha detto Tintori che sicuramente è una persona di cui ci si può fidare.
-Peo non sapeva assolutamente chi fosse questo Tintori, probabilmente un quadro del sindacato, ma non gliene poteva fregare di meno: se si fidava l’Erminia si fidava anche lui.
-Abbiamo un numero di telefono?
Erminia glielo diede, poi assunse un tono confidenziale…
-E per il resto come va?
Eccola qua. Sebbene non si vedessero più molto spesso, tra Peo e Erminia c’era sempre stata molta confidenza, e tutte le volte che avevano modo di incontrarsi prima o poi la domanda arrivava. Era il momento di dare ragguagli sulla sua vita sentimentale, cosa che gli faceva piacere, sapendo che la partecipazione dell’amica alle sue vicende era assolutamente sincera ed affettuosa.
-Per il resto tiro a campare. Dopo la sberla della Terry non ho più messo insieme niente di serio. Con Monica continuo a vedermi e continuiamo a parlare di rimetterci insieme, ma sembra che su certi punti non riusciamo proprio a metterci d’accordo e io non me la sento di tornare con lei alle vecchie condizioni: rischieremmo di farci solo del male… L’altra settimana invece ho avuto un revival con la Nina, ma è stata lei stessa a capire che oltre un certo punto non è il caso di andare… Altro in vista non c’è. E tu?
L’Erminia ai suoi bei tempi era una gran bella ragazza e non era il tipo da risparmiarsi –Peo però non le aveva mai “fatto sangue”, come diceva lei, e i loro rapporti erano sempre stati nell’ambito del cameratismo. Ora l’età le aveva tolto un bel po’ di verve, almeno sotto certi punti di vista, ma qualcosa da raccontare lo aveva sempre…
Andarono avanti così per quasi mezz’ora, fino a quando furono interrotti dallo squillo del cellulare di lei. Dopo un breve colloquio rimise in tasca l’apparecchio e lo salutò.
-Mi hanno appena chiamata per una riunione. Devo lasciarti. Ricordati che quando questa storia sarà finita me la devi raccontare tutta…
Peo promise e la baciò sulla guancia. Brava compagna, pensò, guardandola mentre si allontanava di corsa, sventolando impermeabile, borsa e foulard.
Erano le undici passate. La pioggia era finalmente cessata. Bisognava far passare il tempo fino all’ora dell’appuntamento con la Spampanato. Peo decise di salire a piedi fino in Circonvallazione a monte e di fermarsi in qualche bar. Invece di un pasto convenzionale avrebbe preso un aperitivo rinforzato leggendo i giornali.
Per non prendere una creuza troppo ripida, se ne venne giù per Via Cairoli fino al Carmine e risalì prima per la Salita e poi per Via Carbonara fino alla Spianata di Castelletto, dove comprò i giornali, dopodiché si avviò lemme lemme per Corso Firenze verso San Nicola.
Il bar dove decise di entrare aveva un’ampia vetrata che illuminava un locale con cinque o sei tavolini. Ordinò un White Lady con spumante e allungò le gambe. Su Repubblica c’era un bell’articolo di Umberto Eco. Si immerse nella lettura.
[Continua…]
Capitoli Precedenti
Pier Guido Quartero
Opere dell’autore pubblicate da Liberodiscrivere