Sergio Rossi, profondo conoscitore di storie e culture del cibo e della cucina, racconta la tradizione ligure della Torta Pasqualina
Tra le tradizioni genovesi della Pasqua, la Torta Pasqualina è certamente una delle più antiche.
Tante sono le pagine dedicate e questa sorta di “torta rustica salata” e alla sua ricetta. Noi abbiamo scelto di farcela raccontare da Sergio Rossi, ligure, profondo conoscitore di storie e culture del cibo e della cucina, autore, tra le altre cose, di “Le ventiquattro bellezze della torta Pasqualina. Quattro ricette fondamentali per un capolavoro” (SAGEP, gennaio 2011).
La Torta Pasqualina
Diciamo che la Torta Pasqualina, malgrado il suo nome, in realtà si mangia tutto l’anno, e non solo di questi tempi ma da sempre. Nei ricettari ottocenteschi delle famiglie nobili genovesi si trova talvolta la voce “torta di Pasqua” che di solito era fatta con uno strato di bietole e uno strato di prescinsêua, un formaggio fresco leggermente acidulo.
Al di sopra del formaggio si ponevano un numero indefinito di uova depositato in una piccola fossetta praticata sulla prescin9seua con un cucchiaio. Comunemente si usava una sfoglia sotto e due o tre sopra, le superiori particolarmente sottili. Sopra l’ultima sfoglia spesso si aggiungevano le iniziali di chi la confezionava o del capo famiglia; qualcuno dice per vezzo, ma io credo soprattutto per riconoscere la propria torta, visto che per la cottura spesso ci si rivolgeva ai fornai.
Una sorta di leggenda dice che le Pasqualine si facevano con 33 sfoglie, come gli anni di Gesù Cristo. Forse qualcuno lo avrà fatto, ma non ce n’è alcun bisogno e non sono neppure così certo che il risultato sia poi apprezzabile. Un dettaglio: i ricettari storici genovesi (due cuciniere scritte l’una nel 1863 e l’altra nel 1865) dicono che si chiama “pasqualina” la torta fatta con bietole e formaggio su due strati sovrapposti, mentre si chiamano “cappuccine” tutte le altre, nelle quali le verdure – non solo bietole, ma anche carciofi, porri… – vengono mescolati con uova, formaggio, erbe aromatiche ecc.
Gli ingredienti
La Paqualina è di bietole e prescinsêua ( con le uova intere – io consiglierei solo il tuorlo – poggiate sul formaggio. Al posto delle bietole talvolta si usa il cosiddetto “preboggion” (pronuncia prebuggiun), un miscuglio variabile di erbe spontanee. La ricetta è quasi sempre quella che come sempre vive di elementi comuni condivisi ma con migliaia di piccole varianti.
Un dettaglio tecnico non da poco: la pasta per le cosiddette sfoglie deve essere morbidissima e altrettanto elastica poiché si tira a mano fino a farla diventare trasparente.
Tutte le sfoglie che si pongono a copertura della torta, solitamente si fanno a forma di cupola intrappolando l’aria all’interno. Questa operazione si fa piuttosto facilmente poggiando la sfoglia su un lato del tegame e scuotendola come si fa con la tovaglia per poi lasciarla ricadere a chiusura di tutto il perimetro del tegame.
Purtroppo c’è ancora gente che pensa di dover usare una cannuccia per poter gonfiare le sfoglie, cioè poggia le sfoglie sul tegame e poi soffia nella torta per gonfiarla. Lo può fare chi non sa fare altrimenti e cucina in casa per i propri familiari, ma un professionista non lo fa per ragioni igieniche e perché si può fare facilmente col metodo di cui sopra.
Le origini
Se ne trovano tracce documentali dal Medioevo anche se allora – e fino almeno a buona parte del Settecento – si chiamavano “gattafure“. Ne scrive la ricetta, per esempio, Bartolomeo Scappi (Dumenza 1500-Roma 1577), cuoco segreto di Pio V e autore del più importante trattato di cucina rinascimentale. Scappi parla di “gattafura alla genovese” nella versione con le bietole e nella variante con le cipolle.
Il libro
Diciamo subito che “Le ventiquattro bellezze della torta Pasqualina. Quattro ricette fondamentali per un capolavoro“ è solo un titolo studiato da chi ha impaginato il libro. In realtà in quel capitolo ci sono due ricette attuali, una della pasqualina classica, bietole e prescinseua a strati, l’altra della torta di carciofi.
Poi ci sono altre quattro ricette storiche, tratte dalle due cuciniere genovesi (G.B.Ratto, 1863; E. Rossi, 1865), due della pasqualina classica e due della cappuccia o cappuccina, nelle quali bietole, uova e prescinsêua sono mescolate assieme e non disposte a strati.
Viene rimarcata, perciò, la differenza che si faceva in passato fra Torta Pasqualina e Torta Cappuccina, distinzione che oggi si fa un po’ meno e che porta a chiamare “Torta Pasqualina” sia quella di bietole e prescinseua a strati, sia quella con gli ingredienti mescolati fra loro, che siano bietole o carciofi. Ma siamo nei dettagli quasi ininfluenti, poiché ciò che più conta, da che mondo è mondo, è la bontà del prodotto finito. Che poi si chiami in un modo o nell’altro ha davvero poca importanza perché il sapore per fortuna rimane il primo parametro di valutazione, grazie a Dio.
La “Pasqualina” e i genovesi
La “Pasqualina” è la classica torta di Pasqua anche se intervistando i genovesi ci si sentirebbero dare definizioni diverse dall’uno all’altro: c’è chi considera Pasqualina solo la torta di carciofi, chi quella di bietole, chi quella col preboggion ecc.
Faccio un esempio per comprendere quanto i liguri fossero legati alle gattafure. Nell’immagine che raffigura un gioco della prima metà del Seicento – gioco della cuccagna, tipo un gioco dell’oca –, in ciascuna casella è ritratta una persona, legata al nome della propria città, con un cibo rappresentativo di quel luogo. Genova ha una donna con in mano un vassoio di gattafura e la scritta “Genova gattafura”.
Per molti decenni – forse uno o due secoli – i genovesi erano considerati e rappresentati come mangiatori di gattafure, questo per dire il legame del popolo genovese con la propria torta. Ovviamente sappiamo che torte simili si ritrovano in molte altre regioni italiane, basti pensare, per esempio, a tutta la famiglia degli “erbazzoni“.
La “Pasqualina” e il territorio
La “Pasqualina” ci dice della semplicità della nostra cucina e della grande e profonda tradizione da cui deriva. Poi racconta di verdure e ortaggi freschi e di formaggi altrettanto freschi, poiché da un lato il microclima è ideale per tante primizie e dall’altro nelle campagne a cornice dei centri maggiori ogni famiglia contadina aveva mediamente una o due vacche al massimo, quindi il latte disponibile era poco e non si facevano certo formaggi di grossa pezzatura adatti alla stagionatura.
Sergio Rossi
Il video
( per entrare passo passo nella realizzazione di una Pasqualina perfetta, secondo la tradizione, guidati dalla voce di Sergio Rossi e le sapienti mani della Sig.ra Enrichetta Trucco. realizzato da Laboratorio Probabile Bellamy)
la ricetta
(tratta da “Le ventiquattro bellezze della torta pasqualina. Quattro ricette fondamentali per un capolavoro“)
Ingredienti per la pasta
- 250 grammi di farina 00 Forte o Manitoba
- 130 grammi di acqua
- 60 grammi di olio extravergine d’oliva
- Sale quanto basta
Ingredienti per il ripieno
- 500 grammi di bietole
- 500 grammi di Prescinseua
- 50 grammi di farina 00
- 100 grammi di Parmigiano grattugiato
- 4 uova fresche
- Un pizzico di spezie (sono vendute in bustina con il nome di droga Manzi)
- Sale quanto basta
Preparazione della pasta
Impastare gli ingredienti avendo cura di ricavarne una pasta molto morbida che si lascerà poi riposare sotto uno strato di pellicola. È bene tagliarla in due o tre parti arrotondandole a forma di cupola che si assottiglieranno poi una alla volta. Lasciare riposare un’ora ben coperta. Se si desidera ricoprire la torta con numerose sfoglie raddoppiare le quantità degli ingredienti.
Il ripieno e la cottura della torta
Lavare le bietole e tagliarle a striscioline larghe circa 1 centimetro; asciugarle con cura in un panno, disporle sulla spianatoia e cospargerle di farina, parmigiano, sale e spezie. Incorporare gli ingredienti con cura.
Prendere quindi un tegame di 36 centimetri di diametro, oliarlo e adagiare sul fondo una sfoglia già tirata non troppo sottilmente. Distribuire le bietole sulla sfoglia in modo uniforme cospargendole con poco olio. Sciogliere la prescinseua con due cucchiai di latte, un pizzico di sale e una leggerissima spolverata di farina; disporla sulle bietole ricoprendole completamente. Con l’aiuto di un cucchiaio formare quattro fossette nel ripieno e disporvi un tuorlo ciascuna.
Salare leggermente i tuorli. Se si desidera formare una cupola sopra la torta, dopo aver leggermente inumidito la pasta di fondo, sul bordo del tegame, si dovrà appoggiare la sfoglia di copertura sopra una metà del tegame e farla aderire all’altra metà dopo averla sollevata come si fa quando si distende una tovaglia sul tavolo. Le due sfoglie, favorite anche dall’umidità della inferiore, aderiranno trattenendo l’aria. Questo è il metodo usato dai “professionisti” e rende assolutamente inutile soffiare all’interno mediante una cannuccia per innalzarne la sfoglia e darle la forma di cupola. Prima di mettere la seconda sfoglia è utile cospargere leggermente d’olio quella sottostante.
Due o tre strati saranno già sufficienti ma a piacere se ne possono aggiungere altri. Se le sfoglie sono ben sottili, si possono fare una decina di strati e il risultato finale sarà ottimo. Terminata la copertura si tagliano le eccedenze di pasta poco oltre il bordo del tegame e si rivoltano i lembi sopra la torta a formare un piccolo orlo che correrà tutto intorno alla superficie superiore. Si cosparge ancora con un filo d’olio e si inforna a 180° C circa.
Per la cottura ci vorranno 40-50 minuti ma occorrerà controllare la coloritura della cupola, e appena la pasta comincerà a scurirsi sarà bene coprirla con un pezzo di carta da forno, limitandosi a proteggere solo la parte centrale o le eventuali altre zone troppo colorite.
Questa operazione agevolerà una cottura omogenea. Una volta sfornata, la torta può essere spennellata con poco olio in modo da evitare che la superficie si sbricioli durante il taglio delle fette.
Sergio Rossi.
Si occupa di storie e culture del cibo e della cucina. E’ stato direttore del Conservatorio delle Cucine Mediterranee di Genova, ha creato e curato l’Archivio per la Storia dell’Alimentazione Giovanni Rebora e ideato e curato i testi del blog ilcucinosofo.it. Vive e lavora fra Genova e l’entroterra genovese, indagando la cultura gastronomica delle comunità e le produzioni alimentari tradizionali italiane. Collabora con quotidiani, riviste e reti televisive (attualmente impegnato con la rubrica Viaggio in Liguria dell’emittente Primocanale)
Altre fonti: https://www.calendariodelciboitaliano.it/