Dal 1790 ai giorni nostri, le storie parallele di due famiglie separate dal destino. Un naufragio e un delitto daranno vita a un cerchio che si chiuderà solo dopo tanti anni e molte vite.
Una linea sottile traccia il confine tra sogno e realtà, mentre un filo invisibile lega due terre: Carloforte e Pegli. Il Romanzo a puntate tratto dal libro “La forma della felicità” di Antonello Rivano
17.Il sangue dei Baldi
Antonello Rivano
Pegli 1975
-Basta, basta bere- Elena cerca di sorreggere il padre, la ragazzina è notevolmente più piccola di lui fisicamente ma la sua grinta sopperisce al divario. Il barista ha telefonato a Nonno Beppe, per avvisarlo che Giovanni è nel suo locale, le troppe bevute l’hanno reso incapace anche di stare in piedi. Il vecchio non se l’è sentita di uscire da casa, gli anni e i dispiaceri hanno minato il suo fisico. La nipotina ha ascoltato la conversazione telefonica, senza neppure avvisare il nonno è corsa dal padre.
Elena ha sempre vissuto dai nonni da quando la madre è fuggita con l’amante. Giovanni non sembra neppure ricordarsi di avere una figlia, l’istinto paterno sopraffatto da una profonda crisi depressiva.
Dopo la fuga della moglie il cuoco, lo chef Barbieri, si è rifugiato nell’alcool, ogni giorno sempre di più. E’ bastato poco tempo perché L’antica Osteria iniziasse una parabola discendente senza fine. La pochezza del menù e la cattiva conduzione della sala hanno fatto drasticamente diminuire gli incassi. La mancanza di liquidità finanziaria ha fatto il resto. I debiti hanno iniziato a crescere, i fornitori non sono più stati disponibili a fare crediti, le banche hanno negato ogni richiesta di finanziamento, per il rinomato ristorante è stata la fine. E il circolo vizioso sembra non avere fine: l’uomo, oggi, si ritrova per strada, disoccupato. La casa lussuosa, in cui viveva con la famiglia, è pignorata dalla banca con la quale aveva acceso il mutuo, oramai non può più stare dietro al pagamento delle rate. Non gli resta che la vecchia casa dei Baldi, anche se pure quella sarà presto pignorata dalla banca.
-Dai su, ti accompagno a casa.- Elena è dovuta crescere in fretta, i nonni hanno potuto sopperire solo in parte a quello che le è venuto così presto a mancare, la madre non ha mai dato nessuna notizia di sé. Cerca con tutte le sue forze di far alzare il padre, che nel frattempo si è accasciato sullo scalino del bar.
-Lasciami stare, tu sei come tua madre.- La voce impastata dell’alcool, la mente ottenebrata dal rancore.
Il vecchio padre ha provato a farlo ragionare, cercato di convincerlo a farsi curare dal male oscuro che lo ha preso e portato in un abisso, ma il suo impegno non è valso a nulla. Giuseppe pensa spesso alle parole, quasi una profezia, pronunciate dalla nonna Caterina quando nacque Giovanni. Il nome dei Baldi sembra finito, ma con quel nome non è finita la loro maledizione, ancora chi ha una parte del loro sangue sta pagando per una colpa non sua.
I suoi timori non sono tanto verso il figlio, che lo ha deluso per la sua debolezza, quanto per Elena: quale sarà il suo destino? Che cosa intendeva Caterina quando diceva che la discendenza di Giovanni avrebbe chiuso il cerchio? L’unica discendente è la nipote, e se Caterina si fosse sbagliata, se anche la nipotina fosse stata segnata dal sangue dei Baldi?
– Ti ho detto di lasciarmi.- Lo spintone è violento, Elena rotola sul marciapiede, poi sull’asfalto. Solo per poco un’auto non la travolge. Tra il capannello di persone che si è formato attorno a loro qualcuno alza la ragazzina, solo le
sue ginocchia sbucciate restano come traccia del gesto spregevole di suo padre. Qualcun altro vorrebbe picchiare l’ubriaco, l’ha già afferrato per il collo quando intervengono i carabinieri chiamati dal proprietario del bar. Giovanni è portato via e accompagnato a casa, senza neppure passare per la caserma, si limitano a prendergli le generalità.
Giuseppe è una furia, tutto può sopportare tranne che gli si tocchi Elena,la piccolaè arrivata a casa in lacrime, le ginocchia sanguinanti, non ha voluto dire cosa le è successo, dove è stata. Il telefono squilla, è ancora il barista, questa volta chiede come sta la ragazzina.
E’ cosi che Nonno Beppe viene a sapere dell’accaduto, è così che si dimentica dell’età e delle malattie, è così che si avvia verso la casa del figlio. Ora che si trova di fronte alla porta di Giovanni non sa cosa fare, la rabbia è sbollita per strada, l’amore paterno, la compassione, si sono fatte strada nella sua coscienza. Gli parlerà ancora, questa volta è determinato e riuscirà a convincerlo a farsi curare, gli parlerà di Elena, gli racconterà del suo gesto del quale sicuramente non si è neppure reso conto.
Non sa Beppe che una volta a casa Giovanni ha capito quello che ha fatto alla figlia, ha rivisto quello che stava per succedere a Elena per causa sua. Forse lo capirà quando entrerà in quel monolocale, quando non sentirà la risposta del figlio al suo chiamare. Magari troverà cosi la risposta al suo Perchè? esclamato quando all’altezza del suo viso si ritrova un paio di scarpe. Giovanni ha messo fine all’orco che anche lui stava diventando. La casa dei Baldi non sarà mai messa all’asta, un incendio la distruggerà pochi giorni dopo il sequestro da parte della banca.
[Continua…]
La prossima settima: Capitolo 18.Ritorno a Villa Jolanda
I testi tratti dal romanzo di Antonello Rivano “La forma della felicità” (ilmiolibro.it, 2018) pubblicati sul Ponentino possono non corrispondere totalmente con quelli del libro e sono frutto di una rielaborazione dello stesso autore.
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La copertina originale dell’opera è del pittore carlofortino Salvatore Rombi
Antonello Rivano
Redattore Capo ilponentino.it
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