La mostra “Dante Conte (1885-1919)-Tutto in natura è armonia…Un artista originale nella Sampierdarena tra Ottocento e Novecento”, allestita con raffinata eleganza nelle sale del Palazzo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova e corredata da un prezioso catalogo curato da Matteo Fochessati in collaborazione con Anna Vyazemtseva (Sagep Editori), “nasce dalla tenace volontà di un appassionato collezionista genovese – annota Giulio Sommariva, conservatore del Museo dell’Accademia Ligustica – animato dal desiderio di contribuire alla riscoperta e alla valorizzazione di un artista ancora poco noto al grande pubblico, e di richiamare l’attenzione su Sampierdarena ai tempi di Dante Conte”.
Come si presenta la Sampierdarena di fine Ottocento e inizi Novecento? E’ un comune autonomo dove l’industria meccanica, la siderurgia, i cantieri navali sono in tumultuoso sviluppo. Verrà definita la “piccola Manchester”; un marchio su tutti ivi presente: l’Ansaldo. Attività economiche che – è sempre Sommariva a ricordarlo – “avevano decretato la definitiva trasformazione del borgo costiero, residenza di villa privilegiata per gli aristocratici genovesi del “Siglo de oro”, in un centro manifatturiero e industriale”.
Dante Conte appartiene ad una famiglia non certo abbiente, essendo il padre un operaio dell’Ansaldo; mostra, giovanissimo, una spiccata attitudine per matita e pennello, tanto da venire ammesso, appena quindicenne, all’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Il giovane si formerà artisticamente accanto a pittori quali Geranzani, Baroni, Massa, Castrovillari e si allontanerà dalla sua Sampierdarena assai raramente. La biografia dell’artista segnala, di certo, solo un soggiorno di studio a Firenze (1905/1909). La critica – a su volta – sottolinea il suo “autonomo smarcamento dalle tradizionali impostazioni ottocentesche”, cifra costante della sua originalità artistica, e soprattutto “l’indelebile legame tra arte e vita che il pittore aveva maturato nel contesto della cultura del suo tempo, attraverso la lezione simbolista” (M.Fochessati).
E’ legittimo domandarsi: perché critica e storiografia dell’arte hanno per così lungo tempo pressoché ignorato l’opera dell’artista sampierdarenese, un artista che in tutti i suoi lavori, con grande maestria, ha sempre “cercato di esprimersi in modo nuovo e inedito, ispirandosi alla contemporaneità, all’atmosfera che lo circonda, alla propria personale sensibilità e non al passato, non copiando e citando” (A.Vyazemtseva)? Ancora: che atmosfera si respira nella Sampierdarena di fine Ottocento? E’ questo un comune che sta vivendo un forte travaglio sul versante dell’industrializzazione, del lavoro e di quelle tensioni sociali che da sempre accompagnano le speranze di riscatto della classe operaia e dei ceti meno abbienti. Un’industrializzazione tumultuosa che emargina – come in parte avviene oggi – vecchi mestieri e vede il sorgerne di nuovi. Nel 1851 nasce la Prima Società Operaia di Mutuo Soccorso; nel 1863 nasce la Banca Operaia; il 1864 vede il sorgere della Cooperativa comunale; 1895 è l’ anno di fondazione della Camera del Lavoro e così via. E’ la Sampierdarena di Nino Ronco, il Sindaco che governa la città in trasformazione. E’ la Sampierdarena di Pietro Chiesa, il “tribuno della plebe”, socialista, commediografo (“La Vispa Teresa”), che siederà nei banchi del Senato della Repubblica.
Il Ponente genovese tutto è nel pieno di quella Rivoluzione Industriale che vedrà sorgere nel 1889, sulla sponda destra del Polcevera, lo stabilimento della Società Italiana Delta, impegnato nella lavorazione di bronzo, ottone, leghe di rame e di quel metallo particolarissimo (chiamato appunto “delta”), in cui colore e lucentezza paiono adattarsi perfettamente alla costruzione di nuove navi. Nel 1891 la Società Delta conta 153 operai; nel 1894, passata sotto la proprietà dell’Ansaldo (che fabbrica e si è specializzata in eliche per imbarcazioni, condensatori, stantuffi, guarnizioni di bordo, etc.), gli operai sono già 400. Sono anni in cui nascono le Fonderie e Acciaierie di Cornigliano nella zona di Campi e si amplia a Sestri Ponente la cantieristica navale. Navi e acciaio, appunto (Per una puntuale ricostruzione si veda il documentato saggio di Emanuele Gazzo “L’ industria”, in “genova, il Novecento” (a cura di Giuseppe Marcenaro, 1986).
E’ questa la Genova che si presenta all’occhio indagatore del giovane Conte. Operai stremati dalla fatica ma orgogliosi del proprio lavoro ispirano la sua originale creatività. Li ritrae (intorno al 1910) con tratto sicuro mentre lavorano, mentre riposano al bar, mentre leggono, mentre dormono. L’uomo, l’operaio, mai “idealizzato” ma colto nella sua nuda semplicità, nella sua pienezza, in ogni attimo della sua faticosa esistenza è ciò che realmente interessa a Conte. Lo affascina, nel contempo, la sua città: Sampierdarena, affacciata sulle acque azzurre di un pescoso mare. Ecco allora l’artista prendere in mano i suoi strumenti di lavoro e fissare con tratti decisi sulla carta i pescatori con i loro caratteristici berettini di lana, anch’essi che bevono, che fumano la pipa, che si riposano a giornata lavorativa conclusa.
Alla matita in Conte si accompagna il pennello e con il pennello il colore. La Sampierdarena di Conte-pittore dilata nel paesaggio (“Rami al sole”, “Nel bosco”, “Scorcio di giardino”, “Tramonto”, ”Promontorio” e, ripetutamente, l’amata “Villa Scassi”) e in splendide immagini tanto delicatamente femminili (“Signora con ombrello”, “Ritratto della sorella”, “Donna alla finestra”, “Gemelle”, “Figura al piano”) quanto vigorosamente maschili (“Pietro Chiesa”- il tribuno della plebe o quell’ Angelo Vernazza, maestro e amico che – a sua volta – lo ritrarrà).
Che singolare destino quello del sampierdarenese Dante Conte: “invisibile alla critica nazionale prima del 1932”. L’artista era morto di spagnola da più di dieci anni. L’universo creativo, armonico, di Dante Conte è tutto racchiuso nella sua Sampierdarena. Scrive la Vyazemtseva: “Il repertorio visivo di Conte è rappresentato dai luoghi e dalle persone di Sampierdarena, che compongono tutto il suo universo creativo. E’ un artista controverso come lo è il suo tempo: ribelle ed ermetico, autoreferenziale e aperto al mondo, alla ricerca di un’armonia universale”.
Massimo Bramante
Massimo Bramante– Laureato con pieni voti et laude in Economia e Commercio (indirizzo economico-sociale) presso Università Studi di Genova. Ha lavorato presso Istituto di credito e svolto Corsi di formazione nazionali su Economia e Sociologia del lavoro. E’ stato giornalista pubblicista nel settore economico-finanziario. Ha collaborato in qualità di “cultore della materia” e membro di commissione d’esame presso le cattedre di Economia Internazionale ed Economia dell’integrazione europea presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Studi di Genova. E’ stato relatore ed ha coordinato seminari ed incontri di studio su temi di “Etica finanziaria” e “Nuove economie”