Qualche notizia sui personaggi, veramente esistiti, citati dalla scrittrice nel suo racconto pubblicato a puntate le scorse settimane e che potete scaricare in formato PDF cliccando qui

Fabiola

Doña Fabiola Fernanda Maria de las Victorias Antonia Ade- laida de Mora y Aragòn, nacque nel Palazzo di Zurbano, a Ma- drid l’11 giugno 1928.

La sua madrina, fu la regina di Spagna Vittoria Eugenia, nipote della Regina Vittoria e nonna di Re Juan Carlos. Si ricon

giunse al Padre il 5 dicembre 2014, nel Castello Stuyvenberg di Bruxelles.

Fu terza di sette figli, nati dall’unione tra Don Gonzalo de Mora Fernàndez y Riera del Olmo, conte di Mora, marchese di Casa Riera (1887 – 1952) e di Dona Blanca de Aragòn y Carillo de Albornoz, Barroeta-Aldamar y Elio (1892 – 1981). Durante la repubblica spagnola e la guerra civile, la famiglia di Fabiola decise di rifugiarsi per qualche anno in Francia e successivamente in Svizzera.

La famiglia scelse per lei un’educazione di tipo professionale e divenuta infermiera trovò occupazione in un ospedale di Madrid.

La giovane Fabiola, spendeva le ore della sua giornata, alternando il lavoro alla preghiera, partecipando attivamente alle opere di carità e coltivando la sua passione per la letteratura. Scrisse così una raccolta di novelle “Dodici racconti meravigliosi” che dedicò ai suoi nipoti.

Partecipò agli avvenimenti, disposti per lei in gran segreto, allorché una mistica irlandese, tale Veronica O’Brien, ricevuto l’incarico direttamente dal Re, con la complicità del Monsignor Suenens, venne inviata in Spagna e riconobbe in lei la sposa perfetta per l’allora giovane scapolo. La medium al Re, raccontando della sua scoperta, scriverà: “È un soffio di aria fresca”.

Alta, snella, ben proporzionata, volto bello e sorprendente, sprizzante vita, intelligenza, garbo, dirittura morale e luminosità. Viso ovale, capelli gonfi castano chiaro, fronte bella. Bocca ben disegnata, generosa, piuttosto grande.

Veronica O’Brien

Veronica, chiamata anche aratro, Grazia, angelo custode e guida spirituale dal Re.

Direttrice all’epoca in cui si svolgono i fatti narrati, della legione di Maria.

Introdotta a corte dal Monsignor Suanes, venne invitata uf- ficialmente dal Re Baldovino il 18 marzo 1960. Emozionata sbagliò strada, arrivando al castello di Laeken in ritardo ed entrò dal cancello interdetto al pubblico. Durante l’udienza durata 5 ore, Veronica chiese ed ottenne di poter mangiare un panino, servito su di un vassoio d’argento. I due si scambiarono confidenze in un clima cordiale. Baldovino annoterà successivamente sul suo diario, le parole di Veronica: “Maria è immensamente più interessata al vostro avvenire, di quanto possiate esserlo voi medesimo”. Il Re timidamente confessa il suo intimo desiderio, di sposare una donna, che condivida nel più profondo del suo cuore, l’amore che egli nutre per il Padre, sorgente della sua esistenza.

Il sogno premonitore di Veronica O’ Brien. La notte prima di conoscere Avrila, pseudonimo usato dal Re Baldovino e il Cardinale Suanes per identificare Fabiola, a Veronica appaio- no in sogno la visione di un quadro raffigurante una Madonna con in braccio il Bambino e alcuni vestiti rossi, dimenticati ai piedi di un letto. Questo curioso particolare, è conosciuto e rivelato anche dalla Principessa Maria Beatrice di Savoia, figlia prediletta dell’ultimo re d’Italia Umberto I e cugina di re Baldovino. La principessa, divenuta giornalista a 54 anni, scrisse nella quiete di Villa Lupo, a Cuemavaca in Messico, molti articoli sui segreti ed i veleni della sua famiglia, firmando anche reportages come inviato nel mondo dei misteri e del

paranormale. La giornalista reale conferma come la sposa di Baldovino sia stata individuata, scelta e riconosciuta in sogno, da una medium irlandese, tale Veronica O’Brien cui ricorse il Re medesimo, la quale affermava di ricevere messaggi dalla Madonna. Tutta la vicenda come altri particolare legati alla vita del Re, menzionati in questo capitolo sono stati rinvenuti dalla lettura del libro del Card. Leo Josef Suenens: “Re Baldo- vino – Una vita che ci parla”.

A proposito del matrimonio reale e di Pilar da me menzionata….

Gli anni ‘50 stanno scivolando, nella malizia di un civettuo- lo ancheggiare e altrove dalla Spagna franchista-proibizioni- sta, il primo album di Elvis Aaron Presley, datato 1956 ha già raggiunto il milione di copie vendute e consacrato il ragazzo bianco che ‘ canta e si muove come un nero ‘ a livello cosmico. Così mentre le teenagers americane, si innamoravano quotidianamente, sulle note di “Love Me Tender”, don Juan conte di Barcellona, (padre dell’attuale re di Spagna), dal Portogallo dove viveva in esilio con la propria famiglia, inizia a pensa- re al partito giusto per sua figliola Pilar, in età da marito e all’eventualità agognata, di restaurare la monarchia in Spagna. Pilar all’epoca, non palesa alcuna intenzione di sposar- si, prediligendo una più avventurosa corsa a cavallo ai noiosi balli a corte, a cui partecipa solo perché costretta e la lettura ai doveri di agghindarsi e imbellettarsi, al fine di rendersi più attraente, agli occhi di un possibile pretendente, seppur di nobil lignaggio.

La principessa Pilar è una donna forte e indipendente, ha con- seguito un diploma di infermiera e lavora in un ospedale. Del resto la sua indole indomita unita alla fisionomia borbonica, tratteggiata in una figura davvero poco slanciata, fanno il resto.

Nonostante tutto conosce i doveri del proprio status e al momento opportuno, non oserà contrariare il padre, pronta a seguire il destino comune al suo rango di principessa, un matrimonio come affare tra due lignaggi, ove l’amore non viene neanche nominato, figurarsi il resto….

Ma Don Juan si scontra anche con un altro impedimento: quale possibili pretendenti possono aspirare a comporre per nascita e meriti, i petali della rosa dei papabili principi, eredi al trono?

Vi è Harald di Norvegia, troppo tardi, è già stato scelto da Federica di Hannover, regina di Grecia, per una delle sue due figlie. Forse Alberto del Belgio? Macché! Costui si è follemente innamorato dell’italiana Paola Ruffo di Calabria, très belle, très charmante, très jolie.

Resta Il triste, grigio monaco trappista per vocazione, di professione Re, da quando suo padre Leopoldo III, il 16 luglio 1951, ha preferito abdicare in suo favore, per salvaguardare l’unità del suo Paese.

E sia. L’occasione giusta per far rincontrare i ragazzi, che già si erano presentati durante un loro periodo di vacanze, nel candore della Svizzera, viene in soccorso dall’Expo organizzata nel 1958 a Bruxelles, dove la Principessa Pilar, invitata a corte, rappresenterà la Spagna.

Ovviamente la nonna, la Regina Vittoria Eugenia, indica alla nipote una dama di compagnia, poco appariscente che non confonda il Re o costituisca una minaccia per il buon esito del loro rendez vous.

Re Baldovino incontra quindi Fabiola, al seguito della principessa Pilar e qualcosa deve pur essere accaduto o al contrario non ebbe luogo affatto tra i due ragazzi, se dopo un brevissimo soggiorno, don Jaun si affrettò a preparare i bagagli, ad- ducendo come scusa, l’antipatia della matrigna del re, la principessa di Réthy, verso la sua dolce Pilar, divenuta agnellino mansueto, ineluttabilmente piegata al suo destino.

L’augusta figliola, come si affrettò a palesare il nobile padre, aveva accettato di buon grado, nonostante la ritrosia iniziale, mal celata invero, di adempiere al compito di futura sovrana, per il bene dei suoi sudditi e della Nazione tutta, anteponendo i propri desiderata alla vetusta regola aurea, della ragion di stato.

Comunque ci preme ricordare, come don Jaun mostrò di non nutrire alcun risentimento, quando due anni più tardi, presenziò il 15 dicembre 1960 alle nozze regali di Baldovino e Fabiola, ufficiate dal Card. Bahrain nella Cattedrale di San Michele e Santa Gudula a Bruxelles, insieme ad uno stuolo blasonato di quarantasei nobili: principi e principesse, quattro regine e cinque re, per un totale di settemila invitati, meno uno.

Don Jaime de Mora y Aragòn, fratello maggiore di Fabiola (ben presto ribattezzato Fabiolo dalla stampa d’epoca), venne allontanato dalla cerimonia e bandito dalla corte, a causa del- le sue scelte di vita, considerate dai nubendi e neo sposi ultra cattolici, troppo dissolute. Così gli intrallazzi di corte e un suc- cessivo, provvidenziale smarrimento del passaporto del no- bile, tolsero dall’imbarazzo Fabiola, ma non imbavagliarono Don Jaime.

L’aspirante attore, di vocazione playboy, musicista capace, pensò bene di rispondere all’affronto subito, con una canzne da lui composta e dedicata al cognato “Il cha cha cha di Re Baldovino”, preludio della sorte a cui il Re stava andando incontro, alludendo forse che dalle nozze in poi, sua sorella Fabiola avrebbe imposto il suo volere, dirigendo e istruendo a dovere il consorte.

Anna Maria Cecchini
Giornalista e scrittrice

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